Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29205 del 21/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2020, (ud. 24/11/2020, dep. 21/12/2020), n.29205

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19032-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

M.M., P.N., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA PALUMBO 26, presso lo studio dell’avvocato ARMANDO PROFILI,

rappresentati e difesi dall’avvocato CLAUDIO GAETA;

– controricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 364/23/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 22/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

CAPRIOLI MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

Con sentenza del 22.1.2019 la CTR della Campania annullava l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate in relazione ad un trasferimento immobiliare disposto con la pronuncia della Corte di Appello di Napoli del 15.1.2016 in favore di I.E. e mandava all’Ufficio per la rideterminazione del valore del bene trasferito alla data della sentenza costitutiva.

Il giudice del gravame rilevava che il momento traslativo ai fini del computo dell’imposta di registro doveva essere individuato nella sentenza della Corte di appello trattandosi di pronuncia costitutiva.

Osservava per quel che riguarda la determinazione del valore venale non si poteva tener conto di quello fissato nella transazione alla cui determinazione concorrono elementi diversi scollegati dal valore di mercato del terreno(interesse a porre fine al contenzioso, ristoro per l’indebita occupazione del fondo, risarcimento dei danni).

Sottolineava che detto valore avrebbe dovuto essere determinato dall’Ufficio utilizzando gli usuali criteri facenti riferimento ai valori Orni o in mancanza a quelli catastali, tenendo conto altresì del prezzo stabilito per la vendita.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste parte intimata con controricorso e ricorso incidentale illustrato da motivi.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, comma 1, lett a) e comma 4, del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 53 e 37, della Tariffa parte prima, art. 8, lett a) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene che l’Ufficio avrebbe operato in conformità alle previsioni contenute nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 53 che attribuisce all’amministrazione finanziaria la facoltà di determinare la base imponibile nei casi in cui gli atti da tassare siano sprovvisti sia della dichiarazione di valore che dell’indicazione del corrispettivo. Afferma di avere determinato detta base,in assenza di indicazioni non riportate nella sentenza emessa dalla Corte di Appello, sulla scorta dei valori contenuti nella transazione raggiunta fra le parti.

Con un secondo motivo l’amministrazione deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, art. 35, comma 3 e dell’art. 277 c.p.c. (in combinato disposto con D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, comma 1, lett a) e comma 4, del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 53 e 37, della Tariffa parte prima, art. 8,lett a)) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Lamenta in particolare che la CTR avrebbe omesso di prendere una decisione circa il criterio di determinazione della base imponibile una volta ritenuto inadeguato quello stabilito dall’Ufficio.

Osserva che l’impugnata decisione avrebbe erroneamente ritenuto di essere sprovvista di poteri sostitutivi rispetto all’Amministrazione alla quale ha poi demandato la relativa scelta senza neppure individuare i parametri su cui calcolare la base imponibile.

I controricorrenti, a loro volta, si dolgono della violazione del principio del giudicato esterno e dell’omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Sostengono che sia la CTP che la CTR avrebbero omesso di considerare l’esistente vincolo di giudicato esterno che si sarebbe formato con riferimento alla posizione dell’altro coobbligato I.G. definita con al sentenza nr 19373 del 2016 mai appellata dall’Ufficio.

Per priorità logico giuridica è necessario prendere le mosse dal ricorso incidentale.

La censura è inammissibile per difetto di specificità.

Al ricorso, infatti, è applicabile (per essere stata la sentenza impugnata depositata il 24 settembre 2012) il nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il quale, per come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con sentenza n. 8053/2014) “introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, estensibile anche al controricorso in virtù del richiamo alle forme del ricorso principale effettuato dall’art. 370 c.p.c., comma 2, il controricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività.

caso in esame, il mezzo non individua un “fatto” il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di merito ma, e peraltro con difetto di autosufficienza (non riportando quando e come le circostanze fossero state rappresentante al Giudice di primo e di secondo grado), si limita a dedurre genericamente un’omessa pronuncia sull’eccezione di giudicato esterno formulata dai contribuenti.

Va altresì considerato che “nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno va coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso; pertanto, la parte ricorrente che deduca l’esistenza del giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione” (v. Cass., n. 20730/19; e n. 15737/17).

Nella specie i controricorrenti si sono limitati solo ad enunciare la sussistenza della preclusione e della identità soggettiva e oggettiva tra la controversia passata in giudicato e la presente, senza offrire nessun ulteriore ragguaglio riguardo al decisum.

Con riguardo al ricorso principale il primo motivo è infondato.

La CTR ha messo in luce le ragioni per le quali la base imponibile ai fini del computo dell’imposta di registro non poteva utilizzare il valore del bene stabilito in sede di transazione spiegando che una tale determinazione era stata basata su parametri scollegati dal valore di mercato del bene puntualmente indicati.

Si tratta di argomentazioni che non sono state in alcun modo scalfite dall’Amministrazione la quale si è limitata ad invocare la facoltà ad essa riconosciuta dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 53 nel caso come nella specie la decisione resa ai sensi dell’art. 2932 c.c. non contenga alcuna indicazione del corrispettivo per determinare la base imponibile.

Il secondo motivo è fondato.

Va ricordato che “il giudizio che si svolge davanti alle Commissioni è un giudizio di merito a cognizione piena e le commissioni tributarie, alle quali il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7 attribuisce larghi poteri istruttori, possono acquisire “aliunde” gli elementi di decisione, prescindendo dagli accertamenti dell’ufficio e, ai fini della decisione medesima, sono dotate di ampio potere estimativo, anche sostitutivo, nel senso che possono sostituire la propria valutazione a quella operata dall’ufficio (cfr tra le tante Cass. n. 5776 del 2000). Ed invero, il principio secondo cui le ragioni poste a base dell’atto impositivo segnano i confini del processo tributario, non esclude il potere del giudice di qualificare autonomamente la fattispecie posta a fondamento della pretesa fiscale, nè l’esercizio di poteri cognitori d’ufficio, non potendo ritenersi che i poteri del giudice tributario siano più limitati di quelli esercitabili in qualunque processo d’impugnazione di atti autoritativi, quale quello amministrativo di legittimità. (Vedi Cass. n. 21446 del 2009; Cass. n. 22932 del 2005, Cass. n. 11935 del 2012; Cass. n. 15472 del 2018).

Ne consegue pertanto che la CTR, una volta spiegate le ragioni per le quali riteneva non adeguato il criterio impiegato dall’Ufficio per stabilire il valore del bene negoziato era tenuta a stabilire il parametro per determinare tale valore sostituendosi alla determinazione dell’Ufficio facendo ricorso se del caso ad una c.t.0 che in situazioni che implicano valutazione controverse, può risultare corretta ed opportuna.

La sentenza va pertanto cassata e rinviata alla CTR, che in diversa composizione dovrà procedere alla determinazione del valore di mercato del bene con riferimento al momento di trasferimento dello stesso alla data della sentenza della Corte di Appello.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte va accolto il secondo motivo del ricorso principale e rigettato il primo la sentenza va cassata e rinviata alla CTR che in diversa composizione provvederà nei termini sopra illustrati nonchè alla liquidazione delle spese di questa fase.

Il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo, dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR della Campania, che in diversa composizione, provvederà nel senso di cui in motivazione liquidando le spese della presente fase; Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei controricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020

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