Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29203 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. I, 13/11/2018, (ud. 28/09/2018, dep. 13/11/2018), n.29203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8968/2014 proposto da:

Ditta D.G., in persona del titolare, elettivamente

domiciliata in Roma, Via G. Gentile n. 8, presso lo studio

dell’Avvocato Salvatore Bernardi, rappresentata e difesa

dall’Avvocato Francesco Saverio Cataldi giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela della Procedura Fallimentare (OMISSIS) S.p.a.;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO del 10/3/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/09/2018 dal Cons. Dott. PAZZI ALBERTO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Giudice delegato al fallimento di (OMISSIS) s.p.a. ammetteva al passivo della procedura in sede chirografaria il credito vantato da D.G., titolare dell’omonima ditta, per la vendita di prodotti agricoli, negando il riconoscimento del privilegio di cui all’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 4, in quanto il credito derivava non già dalla cessione di prodotti agricoli alla fallita ma da corrispettivi per prodotti conferiti alla Cooperativa Terre dell’Adriatico, la quale in seguito aveva rivenduto la merce a (OMISSIS) s.p.a. cedendo il relativo credito all’istante.

2. Il Tribunale di Ascoli Piceno rigettava l’opposizione proposta da D.G. dopo aver rilevato, da un lato, che l’opponente non aveva avuto rapporti con la società fallita ma con la Cooperativa Terre dell’Adriatico, dovendosi di conseguenza escludere la possibilità di riconoscere il privilegio di cui all’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 4, norma di stretta interpretazione insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica, dall’altro che il D. non aveva fornito la prova del possesso dei requisiti cooperativistici, con la conseguente impossibilità di riconoscere il privilegio previsto dall’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 5.

3. Ricorre per cassazione avverso questo decreto D.G., affidandosi a tre motivi di impugnazione.

L’intimato fallimento di (OMISSIS) s.p.a. non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 4, in considerazione del principio di diritto enunciato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 8352/2007: in tesi di parte ricorrente il collegio dell’opposizione non avrebbe colto che il creditore istante aveva chiesto l’insinuazione al passivo in via privilegiata non di una cooperativa di cui era socio ma di un soggetto terzo che aveva assunto direttamente l’obbligo di pagare il credito assistito dal privilegio di cui all’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 4.

Il privilegio era stato perciò indebitamente escluso, sia perchè la norma in questione riconosceva la prelazione al credito del coltivatore per la vendita dei suoi prodotti a prescindere da qualifiche o condizioni del soggetto acquirente, sia perchè il precedente di legittimità citato riguardava la richiesta di insinuazione al passivo di una cooperativa da parte di un socio della medesima, in virtù di una compravendita innestatasi su un autonomo contratto associativo, e dunque una fattispecie del tutto diversa rispetto a quella sottoposta al vaglio del collegio dell’opposizione.

4.2 Il motivo è inammissibile.

Il collegio dell’opposizione infatti ha ritenuto che le prove documentali offerte dalle parti dimostrassero che l’opponente aveva “avuto rapporti non con la società fallita ma con la cooperativa “Terre dell’Adriatico” s.c. a r.l.”, nei cui confronti il D. si era obbligato a effettuare il conferimento e aveva emesso le fatture, e da questa constatazione ha tratto la convinzione dell’impossibilità di riconoscere il privilegio di cui all’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 4.

Una simile osservazione, pur nella sua sinteticità, fa propria l’interpretazione dei fatti di causa data dal Giudice delegato, che aveva negato il privilegio richiesto in assenza di una vendita diretta dal coltivatore al soggetto poi fallito dei propri prodotti (e in presenza invece di una cessione del credito vantato dalla cooperativa conferitaria al coltivatore conferente).

La doglianza in esame non coglie nè critica la ratio decidendi della decisione impugnata, limitandosi a sostenere che la compagine fallita aveva assunto direttamente l’obbligo di pagare il credito del D., ma trascurando di considerare che tale credito – secondo il giudizio del collegio dell’opposizione, non sindacabile nel merito in questa sede – non derivava da una vendita diretta di prodotti agricoli dall’istante alla fallita ma da una cessione di credito operata da Terre dell’Adriatico s.c. a r.l. al D. e quindi, come tale, non poteva rientrare nel novero di stretta interpretazione del privilegio in questione.

La mancata specifica contestazione della ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata e la presentazione di un motivo di ricorso che si muove in una prospettiva interpretativa della congerie istruttoria del tutto diversa da quella avvalorata dal Tribunale fanno sì che la censura in esame, priva di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata, risulti assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), (Cass. n. 20910/2017) e sia di conseguenza inammissibile.

5.1 Il secondo mezzo lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che erano stati oggetto di discussione fra le parti, in quanto il Tribunale avrebbe trascurato di considerare che il D. non aveva mai sottoscritto una domanda di adesione per diventare socio della cooperativa Terre dell’Adriatico s.c. a r.l. e aveva portato la merce direttamente presso lo stabilimento (OMISSIS), la quale aveva provveduto a ricevere e controllare la merce e a pagarne il prezzo.

5.2 Secondo la giurisprudenza di questa Corte il ricorrente, ove deduca il motivo di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass., Sez. U., n. 8053/2014).

Il profilo di doglianza in esame, in maniera non coerente con questo obbligo, si limita a individuare il fatto storico che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare pur ritenendolo decisivo, ma non indica il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risultava esistente nonchè il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti.

Il motivo, così formulato, risulta perciò inammissibile per difetto di autosufficienza, non soddisfacendo l’obbligo previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti su cui lo stesso è fondato.

Peraltro le circostanze di cui si lamenta il mancato esame non rivestono alcuna decisività, essendo inidonee a minare l’accertamento in fatto compiuto dal Tribunale circa l’esistenza di un rapporto contrattuale fra Terre dell’Adriatico s.c. a r.l. e il D..

6.1 Con il terzo motivo la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in quanto il Tribunale avrebbe ritenuto che l’opponente avesse avuto rapporti con Terre dell’Adriatico s.c. a r.l. e non con la società fallita, mal interpretando il contratto denominato impegno di conferimento, che in realtà costituiva un contratto di compravendita di prodotti agricoli concluso dal coltivatore diretto con (OMISSIS).

6.2 Il motivo è inammissibile.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte il vizio di violazione di legge dedotto con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, consiste nella denuncia di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. n. 24155/2017) se non sotto l’aspetto del vizio di motivazione (n. 22707/2017, Cass. n. 195/2016).

Nel caso di specie il ricorrente, nel sostenere che il collegio dell’opposizione abbia mal interpretato il contenuto dell’impegno di conferimento, in violazione delle regole di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c., ha chiaramente allegato un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, ponendosi al di fuori dei limiti propri del mezzo di impugnazione utilizzato.

7. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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