Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29202 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. I, 13/11/2018, (ud. 28/09/2018, dep. 13/11/2018), n.29202

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20480/2013 proposto da:

Unicredit Factoring S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini n. 146,

presso lo studio dell’Avvocato Ezio Spaziani Testa, che la

rappresenta e difende unitamente all’Avvocato Vittorio Cantele

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.p.a., in persona del curatore Dott.ssa

I.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Aquileia n. 12,

presso lo studio dell’Avvocato Andrea Morsillo, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Massimo Rubino De Ritis giusta procura a

margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Unicredit Factoring S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini n. 146,

presso lo studio dell’Avvocato Ezio Spaziani Testa, rappresentata e

difesa dall’Avvocato Vittorio Cantele giusta procura in calce al

controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE,

depositato il 11/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/09/2018 dal Cons. Dott. PAZZI ALBERTO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, e ha chiesto il rigetto

del ricorso principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Giudice delegato al fallimento della società (OMISSIS) s.p.a. non ammetteva al passivo della procedura il credito vantato da UniCredit Factoring s.p.a. in relazione a un contratto di factoring con cessione di crediti pro solendo concluso da Emini Costruzioni s.p.a. prima del conferimento del ramo d’azienda alla società poi fallita, constatando come l’istante avesse omesso di indicare i crediti che erano stati oggetto di cessione e di fornire la prova dei singoli contratti attuativi aventi ad oggetto la cessione di specifici crediti e del pagamento dei relativi corrispettivi.

2. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rigettava l’opposizione proposta da UniCredit Factoring s.p.a. dopo aver rilevato che l’opponente non aveva provato la preventiva vana escussione del debitore ceduto, circostanza che assumeva particolare rilievo alla luce della comunicazione con cui il medesimo soggetto aveva rappresentato al curatore di aver effettuato bonifici a beneficio del cessionario per un importo (Euro 7.240.596,82) ben superiore all’ammontare delle somme anticipate (pari a Euro 3.000.000); il collegio del merito sottolineava inoltre come occorresse tener presente che l’opponente non aveva confutato l’asserzione della curatela in merito all’avvenuto pagamento delle fatture da parte del debitore ceduto, che quindi, in assenza di qualsivoglia contestazione, doveva reputarsi dimostrato.

3. Avverso tale decisione UniCredit Factoring s.p.a. ha proposto tempestivo ricorso, affidato a cinque motivi, resistito dal fallimento (OMISSIS) s.p.a. che, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale subordinato all’accoglimento dell’impugnazione avversaria recante due motivi, cui ha resistito il ricorrente principale.

Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., sollecitando il rigetto del ricorso.

Il controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1 Il secondo mezzo di impugnazione – da cui è opportuno prendere le mosse in applicazione del principio della ragione più liquida, in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio – lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115,163,167,19,38 e 42 c.p.c.: il giudice dell’impugnazione, non adeguandosi ai principi fissati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, avrebbe erroneamente tratto argomenti di prova dal fatto che l’opponente nulla aveva osservato circa il pagamento delle fatture da parte del debitore ceduto allegato dalla controparte quando questi non era affatto tenuto a una specifica contestazione al riguardo, dato che aveva prodotto documenti dai quali si evincevano circostanze incompatibili con l’esistenza del fatto rappresentato.

4.2 Il motivo è infondato.

Il ricorrente, richiamando un orientamento giurisprudenziale formatosi rispetto a giudizi instaurati con rito ordinario anteriormente all’entrata in vigore della L. 26 novembre 1990, n. 353 (Cass. 20211/2012), ha sostenuto che per rendere controverso il fatto allegato da una parte sarebbe sufficiente che la controparte produca documenti dai quali si evincano circostanze incompatibili con l’esistenza del fatto medesimo. Un simile assunto trovava giustificazione in un sistema in cui, prima delle modifiche introdotte all’art. 167 c.p.c., comma 1, con l’imposizione al convenuto di prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, non era sufficiente, affinchè il fatto allegato da una parte potesse considerarsi pacifico, la mancata contestazione, ma occorreva anche che la controparte ammettesse il fatto esplicitamente o impostasse il proprio apparato difensivo su circostanze e argomentazioni logicamente incompatibili con la sua negazione.

Ben diverso è il contesto normativo regolante la presente controversia, poichè l’attuale disposto dell’art. 115 c.p.c., comma 1, prescrive la specificità della contestazione dei fatti allegati dalla controparte quale condizione perchè gli stessi possano ritenersi controversi e prevede che un simile contegno, univocamente rilevante, abbia effetti vincolanti per il giudice (Cass. n. 12517/2016).

E tale specificità non può ora essere desunta dall’esame dei documenti prodotti dalla parte, atteso che l’onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi (Cass. 22055/2017).

Non si presta perciò a censure la constatazione del Tribunale secondo cui il pagamento delle fatture da parte del debitore ceduto, in assenza di qualsivoglia contestazione, deve ritenersi provato.

5.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.: il Tribunale avrebbe rigettato la domanda pur a fronte del corretto adempimento dell’onere probatorio posto a carico del creditore, che si era preoccupato di produrre documenti (estratto notarile relativo a una partita della (OMISSIS) s.p.a. con riferimento all’inventario c/liquidazione del 30/9/2009, ordini di bonifico e perizia di conferimento, da parte di Emini Costruzioni s.p.a. a (OMISSIS) s.p.a., del ramo operativo costruzioni) la cui efficacia probatoria non poteva essere scalfita da una lettera e da un prospetto riepilogativo inviati dal debitore ceduto.

5.2 Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente adduce l'”erronea attribuzione di valore probatorio alla mancata preventiva escussione del debitore ceduto: contraddittorietà con le risultanze documentali”: il Tribunale avrebbe a torto valorizzato la mancata preventiva escussione del debitore ceduto a cui l’opponente, a termini di contratto, non era affatto tenuta.

5.3 Entrambi i motivi, accomunati dalla coincidente soluzione che a loro deve essere data, sono inammissibili.

Il Tribunale ha rigettato l’opposizione ritenendo che il debitore ceduto avesse integralmente onorato il proprio debito ed ha evinto la propria convinzione da molteplici elementi convergenti costituiti, da un lato, dalla comunicazione di SEA, debitore ceduto, di aver provveduto al pagamento in favore di UniCredit Factoring s.p.a. di una somma ben superiore al complessivo ammontare delle anticipazioni erogate, pagamento che trovava implicito riscontro nella mancata escussione del medesimo debitore da parte del cessionario, dall’altro dalla mancata contestazione dell’assunto della curatela in merito all’avvenuto saldo delle fatture ad opera del debitore ceduto.

Una volta constatato che la decisione di merito si fonda su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’infondatezza ravvisata al punto precedente delle censure mosse alla seconda delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative all’altra ragione esplicitamente fatta oggetto di doglianza, in quanto quest’ultima – pur valorizzando dichiarazioni scritte provenienti da un terzo estraneo alla lite che potevano al più assumere valore d’indizio (Cass. n. 24976/2017) – non potrebbe comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. n. 2108/2012).

Per di più il quinto motivo di doglianza, nel sollevare una critica alle valutazioni di merito della congerie istruttoria compiute dal Tribunale, non soddisfa l’onere previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), di articolare il ricorso per cassazione in specifici motivi riconducibili in maniera immediata e inequivocabile a una delle ragioni di impugnazione stabilite dall’art. 360 c.p.c., comma 1 (cfr. Cass. n. 24247/2016, Cass. n. 18829/2016).

6.1 Con il terzo motivo la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 210 c.p.c., artt. 94 e 95 disp. att. c.p.c., in quanto in Tribunale, malgrado l’opponente avesse replicato alla contestazione formulata dalla procedura secondo cui ricadeva su UniCredit Factoring s.p.a. l’onere di provare l’esistenza nei libri contabili obbligatori di Emini Costruzioni s.p.a., alla data del conferimento del ramo d’azienda, delle passività maturate in precedenza, aveva ritenuto che l’odierna ricorrente non avesse fornito tale prova, con il conseguente immotivato rigetto dell’istanza di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., dalla stessa formulata.

6.2 Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione o la falsa applicazione dell’art. 1346 c.c., laddove il Tribunale aveva fatto cenno a una presunta nullità dei contratti di factoring per indeterminatezza dell’oggetto, nonchè l’erroneità degli assunti in tema di mancato esercizio del diritto di risolvere la cessione prima della dichiarazione di fallimento o difetto di prova di concorsualità del credito insinuato.

6.3 Entrambi i motivi risultano inammissibili, essendo del tutto scollegati dalle ragioni poste a base del decreto impugnato.

Il Tribunale, come osservato in precedenza, ha rigettato l’opposizione ritenendo che il debitore ceduto avesse integralmente onorato il proprio debito, limitandosi semplicemente a registrare le ulteriori difese della procedura.

Le doglianze in esame si appuntano su questioni rispetto alle quali il collegio ha del tutto omesso di deliberare, in ragione del carattere assorbente della circostanza espressamente rilevata.

Ora, il ricorso per cassazione deve necessariamente contenere i motivi su cui si fonda, aventi i caratteri, oltre che di specificità e completezza, anche di riferibilità alla decisione impugnata (Cass. n. 6587/2017, Cass. n. 13066/2007); la proposizione invece di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’ art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), con la conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ ufficio (Cass. n. 20910/2017).

8. Il rigetto del ricorso principale dispensa dall’esame del ricorso incidentale, espressamente subordinato all’eventuale accoglimento del ricorso principale di UniCredit Factoring s.p.a..

9. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso principale deve essere respinto, mentre il ricorso incidentale va considerato assorbito. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 10.047,06, di cui Euro 3.047,06 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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