Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29196 del 20/10/2021

Cassazione civile sez. lav., 20/10/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 20/10/2021), n.29196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17473-2017 proposto da:

TELECOM ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22,

presso lo studio degli avvocati ENZO MORRICO, ARTURO MARESCA,

ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, che la rappresentano e

difendono;

– ricorrente –

contro

L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato ENRICO LUBERTO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 113/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/01/2017 R.G.N. 2082/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. LEO GIUSEPPINA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che la Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata in data 16.1.2017, ha rigettato il gravame interposto da TELECOM ITALIA S.p.A., nei confronti di L.S., avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede n. 12578/2013, resa il 20.11.2013, con la quale era stata respinta l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso dal medesimo Tribunale, per il pagamento di retribuzioni dovute dalla società TELECOM ITALIA S.p.A. al dipendente Lombardelli, relative ai mesi di maggio, giugno e luglio 2012;

che la Corte di merito, per ciò che ancora in questa sede rileva, ha ritenuto di fare proprio l’iter argomentativo del giudice di prima istanza, il quale aveva dichiarato la inefficacia della cessione di ramo di azienda intervenuta tra la TELECOM ITALIA S.p.A. e la ITS S.p.A. (ora SIRM S.p.A.), ed aveva condannato la prima a ripristinare la concreta funzionalità del rapporto di lavoro intercorso con il lavoratore, stabilendo che sussistessero i presupposti per l’emanazione del provvedimento monitorio, in relazione alle retribuzioni maturate e non corrisposte per il periodo richiesto dal medesimo;

che per la cassazione della sentenza ricorre TELECOM ITALIA S.p.A., articolando due motivi, cui resiste con controricorso L.S.;

che sono state depositate memorie nell’interesse del lavoratore;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nella parte in cui la sentenza ha dichiarato il diritto del L. al risarcimento del danno, mentre il lavoratore aveva richiesto il pagamento della retribuzione per i mesi di maggio, giugno e luglio 2012; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 210 c.p.c., nella parte in cui la Corte di Appello non ha ritenuto di ammettere nei confronti del L. l’ordine di esibizione della dichiarazione dei redditi per il periodo successivo al marzo 2012, come richiesto dalla TELECOM ITALIA S.p.A., “al fine di evincere se la parte ricorrente abbia svolto, successivamente al marzo 2012 la propria prestazione lavorativa a favore di altro datore di lavoro, e che sia stata da questo regolarmente retribuita”;

che il primo motivo non è meritevole di accoglimento, in quanto la qualificazione giuridica della domanda spetta al giudice, il quale non e’, dunque, vincolato al tenore letterale della stessa o alla qualificazione giuridica che la parte ne ha fatto, con il limite, ovvio, del divieto di introdurre una questione nuova o un diverso tema di indagine (art. 113 c.p.c.; cfr., tra le molte, Cass. nn. 11805/2016; 118/2016); ed invero, laddove si sia in presenza di una mera qualificazione giuridica della domanda, fermi restando i fatti dedotti a suo fondamento, come nella fattispecie, non si configura alcuna violazione dell’art. 112 del codice di rito (v. ex plurimis, Cass. n. 13405/2015). Va, comunque, osservato che la sentenza oggetto del presente giudizio è anteriore ai recenti arresti giurisprudenziali di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass., SS.UU., n. 2990/2018; n. 17785/2019; 17784/2019) – cui questo Collegio, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., fa espresso richiamo -, alla stregua dei quali “il lavoratore illegittimamente ceduto ha diritto di ricevere le retribuzioni da parte del cedente che, senza giustificato motivo, non ottemperi all’ordine di reintegra”; e, quindi, la prestazione rifiutata dalla società cedente a seguito della sentenza accertativa della illegittimità del trasferimento del ramo d’azienda equivale alla prestazione effettivamente resa, mantenendo inalterato il diritto del lavoratore a ricevere la retribuzione;

che neppure il secondo motivo – che, nella sostanza, si appalesa all’evidenza come meramente esplorativo – può essere accolto, in quanto, come motivatamente sottolineato dai giudici di seconda istanza, “la società appellante non ha fornito, come sarebbe stato suo precipuo onere, la prova che l’appellato abbia svolto alcun’altra attività lavorativa, per il periodo oggetto del presente giudizio, né che abbia percepito somme a titolo di indennità di disoccupazione, avendo solo allegato ma non provato la relativa circostanza”;

che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va respinto;

che le spese del presente giudizio – liquidate come in dispositivo e da distrarre, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., in favore del difensore del L., avv. Enrico Luberto, dichiaratosi antistatario seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, secondo quanto specificato in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2021

 

 

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