Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29195 del 21/12/2020
Cassazione civile sez. VI, 21/12/2020, (ud. 10/11/2020, dep. 21/12/2020), n.29195
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1295-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
INDUSTRIE ABATE SRL, in persona dell’amministratore unico legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
TERENZIO 10, presso lo studio dell’avvocato PREZIOSI CLAUDIO, che la
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8605/5/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata
il 09/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE
MARIA ENZA.
Fatto
RITENUTO
Che:
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Campania, meglio indicata in epigrafe, che, in controversia su impugnazione avviso di liquidazione per imposta di registro, anno 2015, in misura proporzionale (invece che fissa, come richiesto dalla società), in relazione a sentenza del Tribunale di Avellino (n. 260 del 13 marzo 2015, con la quale era stata accolta la domanda ex art. 2932 c.c. preliminare di cessione di partecipazioni societarie della IMI SRL, tra la società ricorrente e S.T.T. SRL, promissarie cedenti, e O.L., promittente acquirente, rimasto inadempiuto per inadempimento di quest’ultimo – subordinando, però, l’effetto traslativo al pagamento da parte del promissario inadempiente dell’importo stabilito in sentenza), ha dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio per difetto di interesse, a seguito della formazione di giudicato “interno” su un capo della sentenza ritenuto autonomo.
La CTR, ha premesso che la questione della misura fissa dell’imposta di registro dovuta sugli atti di cui al D.P.R. n. 131 del 1986 Tariffa, art. 11, Parte Prima, allegata, è, per un verso, sufficiente a sorreggere da sola la decisione di primo grado – che ha escluso l’applicabilità dell’imposta in misura proporzionale – e, per altro verso, è del tutto indipendente rispetto alle altre statuizioni affrontate dal giudice di prime cure (relative al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27, a proposito della natura della condizione sospensiva apposta ad un negozio ed alla sufficiente motivazione), ritenendo, altresì, che l’Ufficio nulla aveva dedotto sul punto con conseguente passaggio in giudicato del relativo capo -autonomo – della sentenza. La società Industrie Abate s.r.l. si costituisce con controricorso e deposita successiva memoria.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio a fronte di un’impugnativa complessiva e generale della sentenza di primo grado vertente sull’applicabilità dell’imposta in misura fissa o proporzionale.
Il motivo è fondato.
Questa Corte (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 32954 del 20/12/2018; conf., Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 608 del 2020) ha affermato, a proposito della specificità dei motivi di appello, che nel processo tributario il dissenso della parte soccombente alla sentenza di primo grado può investire la decisione impugnata nella sua interezza, senza l’utilizzo di formule sacramentali e comunque, dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, siano ricavabili le ragioni di censura, seppur per implicito, in termini inequivoci.
E’ stato altresì affermato che nel processo tributario la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per
l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci, atteso il carattere devolutivo pieno, in tale giudizio, dell’appello, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass. n. 30525 de123111/ 2018, n. 24641 del 05/10/2018, n. 32954 del20/12/2018 cit.).
Per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex multis Cass. n. 16583/2012) la nozione di “parte della sentenza”, alla quale fa riferimento l’art. 329 c.p.c., comma 2, dettato in tema di acquiescenza implicita e cui si ricollega la formazione del giudicato interno, identifica soltanto le “statuizioni minime”, costituite dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibili di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia. Ne consegue che l’appello, motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi della suddetta statuizione minima suscettibile di giudicato, apre il riesame sull’intera questione che essa identifica, ed espande nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene coessenziali alla statuizione impugnata, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame. (conf., Cass. n. 21566/2017; Cass. n. 2217/2016; Cass. n. 12202/2017; Cass. n. 16853/2018; Cass. n. 24783/2018).
Dunque, l’atto di appello è astrattamente idoneo a censurare unitariamente la decisione impugnata nel suo complesso, evitando la formazione del giudicato interno, qualora da esso sia evincibile un dissenso generalizzato in ordine al thema decidendum delle statuizioni del giudice oggetto di impugnazione.
Infatti, il giudicato interno si forma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia. L’appello, motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi -come nella specie – di quella statuizione, riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (cfr. Cass., Sez. 2, Ord. n. 10760 del 17/04/2019, Se. 6 – L, n. 24783 del 08/10/2018).
Ebbene nel caso di specie, la sentenza della CTR contrasta con i superiori principi, laddove ha ritenuto inammissibile l’appello dell’Ufficio a fronte di un’impugnativa complessiva e generale della sentenza di primo grado, che investiva la quaestio iuris sull’applicabilità in misura fissa o proporzionale dell’imposta di registro dovuta sulla sentenza in fase di registrazione. Non può dirsi, pertanto, che nel caso di specie si sia formato il giudicato interno su una statuizione minima della sentenza suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, in quanto l’atto di appello, motivato in ordine ad un elemento “minimo”, quale l’applicabilità dell’imposta in misura proporzionale, riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica.
Il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza conseguentemente cassata, con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020