Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29194 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. I, 13/11/2018, (ud. 11/04/2018, dep. 13/11/2018), n.29194

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10115/2013 proposto da:

Carrier Transicold Italia S.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Due Macelli n.47, presso lo Studio Legale Rucellai & Raffaelli,

rappresentata e difesa dagli avvocati Palladino Maddalena, Vischi

Andrea, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Merker S.p.a. in Amministrazione Straordinaria, in persona del

commissario straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via F. Paulucci Dè Calboli n.9, presso lo studio

dell’avvocato Sandulli Piero, rappresentata e difesa dall’avvocato

Basilavecchia Massimo, giusta procura in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Carrier Transicold Italia S.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Due Macelli n.47, presso lo Studio Legale Rucellai & Raffaelli,

rappresentata e difesa dagli avvocati Palladino Maddalena, Vischi

Andrea, giusta procura a margine del ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale-

avverso la sentenza n. 19/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

pubblicata il 14/01/2013;

lette le memorie ex art. 380 bis 1 c.p.c. del controricorrente e

ricorrente incidentale;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/04/2018 dal cons. Dott. VELLA PAOLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di L’Aquila ha accolto l’appello proposto dalla Merker S.p.a. in Amministrazione Straordinaria e, in totale riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Pescara, ha accolto la domanda di revoca ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, dei pagamenti eseguiti in favore di Carrier Transicold Italia S.r.l. in data 12/07/2002, 30/07/2002 e 06/08/2002, condannando quest’ultima a restituire la somma di Euro 197.351,00 oltre interessi legali dal 12/01/2007 al saldo effettivo.

2. Avverso detta sentenza Carrier Transicold Italia S.r.l. ha proposto ricorso articolato su tre motivi, cui Merker S.p.a. in Amministrazione Straordinaria ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si censura la “violazione o falsa applicazione degli artt. 101,163 e 183 c.p.c. in relazione all’allegazione di fatti nuovi effettuata dall’attrice con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2, depositata in data 18/6/2007 nel corso del giudizi di primo grado (All. H)”, per avere il giudice d’appello disatteso l’eccezione di tardività delle produzioni documentali effettuate con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2 (bilancio di esercizio al 31/12/2001, procedimenti monitori e sequestri, notizie di stampa), in quanto volte non già all’introduzione di nuovi fatti costitutivi, bensì “alla dimostrazione di fatti secondari, rilevanti solo per la loro idoneità a rafforzare la prova per presunzioni dell’elemento soggettivo dell’azione revocatoria, già chiaramente allegato con l’atto di citazione”.

1.1. La censura è inammissibile per difetto di interesse, attesa la non decisività dei fatti portati dai documenti allegati solo con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2), trattandosi di aspetti dichiaratamente valorizzati dalla Corte distrettuale ad abundantiam, quali “ulteriori elementi” (v. pag. 13, punto 9 della sentenza impugnata) rispetto alla “complessiva valutazione dei comportamenti delle parti coevi ai pagamenti di cui si discute”, sulla quale si è fondato il convincimento motivatamente espresso (sulla scorta di pregnanti circostanze) nei punti 6, 7, 7 e 9 della stessa sentenza (pagg. 8-12) in ordine alla ricorrenza del presupposto soggettivo dell’azione (scientia decoctionis).

1.2. In particolare, la Corte territoriale ha preso le mosse da una critica alla motivazione della sentenza di primo grado, in quanto “metodologicamente non corretta e parziale, alla luce del complessivo compendio istruttorio, costituito, oltre che degli elementi presi in considerazione dal primo giudice, da altri che sono stati, invece, ignorati”, ritenendo che “il contesto negoziale e comportamentale nel quale si inseriscono i pagamenti de quibus” fosse stato “condotto esclusivamente ex latere debitoris, omettendo qualsiasi considerazione dei coevi comportamenti assunti dalla creditrice, idonei… a rivelare in via presuntiva lo stato soggettivo di consapevolezza della creditrice medesima”.

2. Con il secondo mezzo si lamenta la “violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 – 2729 e 2697 c.c. nonchè degli art. 1362 – 1371 c.c.”, per avere i giudici d’appello erroneamente “formulato più ragionamenti presuntivi” con riguardo alla portata e al significato attribuibili alla lettera dell’8 luglio 2002 del legale Carrier a Merker, alla transazione sottoscritta in data 25 luglio 2002 ed al bilancio tardivamente depositato di cui sopra.

2.1. Anche questo motivo è affetto da inammissibilità, in quanto, sebbene rubricato sotto il profilo della violazione delle norme in tema di giudizio presuntivo, attiene sostanzialmente alla valutazione delle risultanze istruttorie, come emerge dalla meticolosa analisi di varie circostanze di fatto svolta da pag. 26 a pag. 52 del ricorso.

2.2. Si è in effetti di fronte a censure di merito, attinenti alla valutazione del materiale probatorio, in contrasto con il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione rappresenta un rimedio impugnatorio a critica vincolata e cognizione determinata dall’ambito dei vizi dedotti, non già uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito la selezione degli elementi del suo convincimento (ex plurimis, Cass. Sez. U. 7931/2013; conf. Cass. 14233/2015, 12264/2014). Sono dunque inammissibili in sede di legittimità le censure volte ad ottenere una rivisitazione (e differente ricostruzione) delle risultanze istruttorie, spettando al giudice del merito “in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (Cass. 19547/2017; cfr. Cass. 962/2015, 26860/2014).

2.3. Al riguardo questa Corte ha più volte chiarito: a) che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), può rivestire la forma della violazione di legge – intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato – e della falsa applicazione di norme di diritto, intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente (perchè, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro) ovvero nella deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua (pur corretta) interpretazione; b) che non integra nè violazione, nè falsa applicazione di norme di diritto la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poichè essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; c) che il discrimine tra la violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) e l’erronea applicazione della legge, in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura – diversamente dalla prima – è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass., Sez. U., 10313/2006; Cass. 13238/2017; 195/2016; 26110/2015; 8315/2013; 16698/2010; 7394/2010; 18782/2005).

3. Il terzo motivo – rubricato “art. 360 c.p.c., n. 5: per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti nonchè ex art. 360 c.p.c., n. 4: per nullità della sentenza per inesistenza della motivazione – presenta profili di inammissibilità e di infondatezza.

3.1. In primo luogo, esso prospetta cumulativamente e confusamente mezzi di impugnazione eterogenei (vizi motivazionali ed errores in procedendo), in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso e con l’orientamento di questa Corte per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Cass. nn. 19761, 19040, 13336 e 6690 del 2016; n. 5964 del 2015; nn. 26018 e 22404 del 2014).

3.2. In secondo luogo, vi si indicano come “fatti decisivi”, il cui esame sarebbe stato omesso, quelle che sono in realtà delle argomentazioni svolte, sui fatti, dal giudice di primo grado (come trascritte a pag. 56 del ricorso), ovvero delle diverse valutazioni dei fatti medesimi, comunque presi in esame dal giudice d’appello (v. pag. 58-60 del ricorso).

3.3. Quanto infine alla pretesa nullità della sentenza per inesistenza della motivazione, si osserva che, dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (disposta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012), il sindacato di legittimità sulla motivazione deve intendersi ridotto – alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi – al “minimo costituzionale”, nel senso che “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali”, con la precisazione che “tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”” (Cass. Sez. U, n. 8053 e n. 9032 del 20140 cfr. Cass. n. 20112 del 2009). Ebbene, nel caso di specie è evidente come la motivazione non solo esista effettivamente, ma superi sicuramente indubbiamente la soglia del cd. “minimo costituzionale” per ampiezza, intellegibilità e coerenza.

4. Infondato è anche il motivo di ricorso incidentale – rubricato “violazione della L. Fall., art. 67, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) ” – con cui si lamenta il riconoscimento degli interessi legali a far data dalla domanda, piuttosto che dai singoli pagamenti revocati.

4.1. In realtà la decisione impugnata, nell’assumere “la natura costitutiva della sentenza revocatoria”, citando espressamente a supporto “Cass. 30/7/2012, n. 13560; 15/12/2011, n. 27084”, è pienamente conforme al consolidato orientamento di questa Corte circa la natura costitutiva dell’azione revocatoria e la qualificazione del debito restitutorio come obbligazione di valuta (v., in passato, Cass. nn. 2909/2000, 3155/1997, 2468/1994, 1001/1987).

4.2. Anche di recente è stato ribadito che “in tema di azione revocatoria fallimentare, la conseguente obbligazione restitutoria, a contenuto pecuniario, ha natura di debito di valuta e l’atto posto in essere dal fallito è originariamente valido, sopravvenendo la sua inefficacia, a prescindere dall’originaria consapevolezza dei soggetti, solo in esito alla sentenza di accoglimento della domanda, che ha natura costitutiva; consegue che gli interessi sulla somma da restituire decorrono dalla data della domanda giudiziale” (Sez. 1, n. 22597/2017; conf. Sez. 1, n. 24696/2017 e Sez. 6-1, n. 6951/2018). Ulteriore conseguenza del richiamato principio è che “il risarcimento del maggior danno, conseguente al ritardo con cui sia stata restituita la somma di denaro oggetto della revocatoria, spetta solo ove l’attore lo alleghi specificamente e dimostri di averlo subito” (Cass. 12736/2011, 6991/2007).

5. Il rigetto tanto del ricorso principale quanto di quello incidentale giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

6. In mancanza di qualsivoglia discrezionalità al riguardo (Cass., Sez., U., 15279/2017 e 24245/2015; Cass. 5955/2014) sussistono i presupposti (rigetto integrale, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte degli impugnanti soccombenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, commi 1 bis e 1 quater (come inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), applicabile ratione temporis per essere stati entrambi i ricorsi proposti successivamente al 30 gennaio 2013.

PQM

Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.

Compensa le spese processuali tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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