Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29192 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 13/11/2018, (ud. 25/09/2018, dep. 13/11/2018), n.29192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19961-2014 proposto da:

V.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TERENZIO 21,

presso lo studio dell’avvocato FAUSTO MARIA AMATO, rappresentata e

difesa dall’avvocato GASPARE MOTTA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A., già SERIT SICILIA S.P.A., agente della

Riscossione per le provincie della regione Siciliana, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. P. DA PALESTRINA, 19, presso lo studio dell’avvocato

STEFANIA DI STEFANI, rappresentata e difesa dall’avvocato ACCURSIO

GALLO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ESTER

ADA SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO, giusta delega in calce alla copia

notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2614/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 02/01/2014 r.g.n. 1904/12.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte di appello di Palermo, su gravame di V.M., confermava la sentenza del locale Tribunale che aveva respinto la domanda proposta dalla predetta, intesa alla declaratoria di illegittimità del contratto di formazione e lavoro stipulato, per il periodo 25.3.2002 al 22.3.2005, con la SE.RI.T Sicilia s.p.a., ed alla conversione in rapporto a tempo indeterminato, con condanna della società alla riammissione in servizio ed al risarcimento del danno;

2. la Corte osservava che l’inadempimento degli obblighi di formazione determinava la trasformazione fin dall’inizio del contratto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato solo ove rivestisse un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza, ovvero carente o inadeguata attività formativa rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione, e che, ai fini considerati, l’inosservanza dei relativi obblighi doveva presentare il carattere della non scarsa importanza, tale da vanificare la funzione formativa del contratto;

3. con riferimento agli obblighi previsti nel programma formativo, rilevava che l’appellante aveva sottoscritto le schede di partecipazione ai corsi attestando di avere partecipato alle attività contemplate nel programma con l’orario previsto e che il contenuto dei corsi aveva trovato riscontro nelle prove testimoniali assunte, pure avendo i testi di parte ricorrente comprensibilmente, per la loro posizione di ricorrenti in analoghi giudizi, ridimensionato le risultanze documentali. Sotto altro profilo, osservava che la conformità dell’attività formativa concretamente svolta a quella prevista nel progetto aveva trovato conforto nella deposizione resa dai testi B. e S., i quali avevano confermato quasi totalmente le modalità attuative, e che tanto era sufficiente per disattendere le censure dell’appellante. Non poteva, poi, secondo la Corte, attribuirsi significato alla minima divergenza della collocazione temporale della formazione teorica quale prevista nel progetto e che sia stata documentata un formazione di poco inferiore a quella stabilita che era stata impartita in gran parte entro i primi undici mesi del rapporto di lavoro, non essendosi verificati inadempimenti idonei ad alterare la causa negoziale ed a giustificare la conversione del rapporto;

4. di tale decisione domanda la cassazione la V., affidando l’impugnazione ad unico motivo, variamente articolato, cui resiste, con controricorso, la s.p.a. Riscossione Sicilia. L’INPS ha rilasciato procura speciale in calce al ricorso notificato e non ha svolto attività difensive.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. si denunziano: a) violazione e falsa applicazione degli artt. 1321 c.c. e ss., art. 1362 c.c., in relazione al D.L. n. 726 del 1984, art. 3 convertito in L. n. 863 del 1984 ed al programma formativo allegato al contratto individuale di assunzione in formazione e lavoro;

b) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e dell’art. 59 c.p.c.;

c) violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non essendo stati ritenuti pacifici fatti non contestati nella memoria difensiva in relazione all’onere, posto dall’art. 416 c.p.c., comma 3 a carico del convenuto, di prendere posizione in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, e ciò in relazione a circostanze allegate dalla ricorrente relative allo svolgimento solo di formazione teorica e dovendo ritenersi che l’attività pratica fosse stata difforme da quella del programma formativo, interpretato, questo, a sua volta, senza che venisse conferita valenza alla reale volontà delle parti. Si assume che queste ultime avevano privilegiato, oltre all’affiancamento, anche un’ulteriore attività avente ad oggetto l’accompagnamento del neo assunto in ogni attività lavorativa durante la prima fase di applicazione delle materie trattate nel programma formativo teorico e dei modelli in uso in azienda per il sistema delle notifiche e delle esecuzioni;

d) omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, sostenendo la lavoratrice che la sentenza abbia deciso in difformità alle regole delle formazione. Si afferma, in sintesi, che era stato violato complessivamente il principio di valutazione delle prove e che la specificità dell’obbligo formativo non poteva risolversi nell’adibire il giovane assunto allo svolgimento delle mansioni proprie delle categoria di assunzione, sia pure sotto la vigilanza dello stesso datore di lavoro o di un suo collaboratore. Ciò doveva indurre a ritenere il grave inadempimento che determinava la conversione del rapporto;

2. il primo motivo, con il quale si adduce l’erroneità della decisione perchè non sarebbe stato applicato correttamente il principio di non contestazione, che avrebbe dovuto indurre il giudice del gravame ad astenersi da ogni ulteriore controllo probatorio, deve essere disatteso e prima ancora ritenuto inammissibile, in forza del principio affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, quando il motivo di impugnazione si fondi sul rilievo che la controparte avrebbe tenuto condotte processuali di non contestazione, per consentire alla Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, il ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, deve sia indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese, sia contenere la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi (cfr. Cass. 9.8.2016, Cass. 15.7.2015). Peraltro, la censura involge in parte valutazioni di merito (pur contenendo una denuncia di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.) e, sotto altro profilo, contravviene all’insegnamento di questa Corte secondo cui la non contestazione del fatto ad opera della parte che ne abbia l’onere è irreversibile, ma non impedisce al giudice di acquisire comunque la prova del fatto non contestato, sicchè in tale ultima ipotesi resta superata la questione sulla pregressa non contestazione di quei fatti che, se ravvisata, avrebbe comportato l’esclusione di essi dal “thema probandum” (cfr. Cass. 13.3.2012 n. 3951);

3. quanto alle doglianze formulate nei successivi motivi – che vanno trattatati congiuntamente per attenere a questioni tra loro connesse è sufficiente, per disattenderle, osservare che è principio reiteratamente affermato da questa Corte quello secondo cui “il ricorrente deve dedurre la specifica violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., la cui portata è generale, o il vizio di motivazione – attualmente nei termini in cui è consentito dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5. sulla loro applicazione, indicando altresì nel ricorso, a pena d’inammissibilità, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici ed il testo dell’atto oggetto di erronea interpretazione” (Cfr. Cass. 2.8.2016 n. 16057 e, fra le altre,: Cass. n. 6226/2014; Cass. n. 11343/2013);

4. non risulta esplicitato in che modo la Corte territoriale si sia discostata, in sede interpretativa, dai criteri ermeneutici richiamati in modo affatto generico, e prima ancora, non è riportato o trascritto in ricorso, quanto meno nelle parti di interesse, il contenuto del programma, in dispregio anche del principio di specificità del ricorso in cassazione, che trova la sua consacrazione normativa nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e che impone di indicare nel ricorso il contenuto rilevante del documento stesso, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali;

5. è stato, poi, evidenziato dal giudice del merito che non vi era stata alcuna condotta del datore volontariamente diretta a disattendere l’obbligo formativo e comunque non è stato reputato decisivo che il programma di formazione pratica fosse stato limitato a sole 64 ore, essendo emerso dalla espletata istruttoria e da altri elementi processualmente rilevanti il complessivo svolgimento di un concreto e completo tirocinio teorico pratico;

6. la decisione è conforme ai principi da ultimo affermati da questa Corte che, in controversie analoghe (cfr. Cass. 15025/18, Cass. 2504 e 2505/2017, Cass. 17539/14), ha valorizzato l’accertamento, in fatto, dell’esistenza di adeguata e corretta attività formativa in linea con il progetto formativo approvato ed ha osservato come il lieve discostamento della collocazione temporale dell’attività formativa fosse risultato di scarsa importanza nell’economia generale del programma di formazione e che solo un grave inadempimento dell’obbligo correlativo – la cui valutazione è rimessa al giudice del merito – poteva comportare la trasformazione del rapporto in ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;

7. nelle stesse pronunce, con riguardo alla fattispecie scrutinata, è stato rilevato che la denuncia si era sostanziata, al di là dell’evocazione di una violazione di legge, nella deduzione di erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, ossia di un vizio in ordine all’apprezzamento di circostanze di fatto controverse (cfr. Cass. 31.1.2017 n. 2505, con richiamo a Cass. 1.8.2014 n. 17539, e, tra le altre, Cass. 19.2.2015 n. 3344Cass. 26.1.2015 n. 1324Cass. 6068/2014, Cass. 5.3.2013 n. 5402, Cass. 13.2.2012 n. 2015);

8. alla stregua di tali ragioni il ricorso va respinto.

9. le spese del presente giudizio di legittimità cedono a carico del ricorrente e sono liquidate in dispositivo, in favore della società, mentre nulla va statuito nei confronti dell’INPS che non ha apprestato alcuna difesa;

10. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della S.P.A. RISCOSSIONE SICILIA, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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