Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2919 del 03/02/2017
Cassazione civile, sez. VI, 03/02/2017, (ud. 06/12/2016, dep.03/02/2017), n. 2919
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11676/2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
EUROSERVIZI GENERALI S.R.L.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 65/14/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di BARI, emessa il 06/04/2012 e depositata il 12/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
06/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza della CTR Puglia indicata in epigrafe, con la quale è stato confermato l’annullamento della cartella emessa con la procedura di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, a carico della Euroservizi generali s.r.l. per il pagamento di vari tributi relativi all’anno 2005. Secondo la CTR la pretesa fiscale si fondava sull’interpretazione della dichiarazione Mod. 770S/2006 resa dal contribuente e ciò avrebbe, pertanto, reso necessaria la notifica di un atto di accertamento.
La società intimata non ha depositato difese scritte. Equitalia Centro spa non si è parimenti costituita.
Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
Il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, è manifestamente fondato.
Ed invero, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis, comma 2, riconosce in capo all’amministrazione finanziaria il potere di: a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante riguardo alla determinazione del volume d’affari e alla liquidazione dell’imposta; b) correggere gli errori materiali riscontrati nel riporto delle eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni; c) controllare la tempestività dei versamenti dell’imposta (acconto, conguaglio, liquidazione periodica) e la loro coerenza con le risultanze della dichiarazione annuale. Si tratta, pacificamente, di controllo formale che avviene attraverso procedure automatizzate dalle quali è scevra l’attività di verifica della posizione sostanziale della parte contribuente.
Anche di recente le S.U. di questa Corte hanno ribadito che il procedimento di controllo automatizzato dei dati è eseguito senza alcun intervento diretto degli uffici e in forza delle disposizioni di legge di cui ai ricordati artt. 36 bis e 54 bis, può essere attivato nei casi di mancata considerazione dei pagamenti effettuati, errata o incompleta trasmissione e/o ricezione dei dati della dichiarazione, errori di compilazione della dichiarazione da parte del contribuente sanabili e facilmente riconoscibili, errata individuazione del contribuente, incoerenza della dichiarazione, eccedenze di imposta non completamente confermate dal sistema informativo (circ. n. 100/E e n. 143/E del 2000; circ. n. 34/E del 2012 e 21/E del 2013), concludendosi la procedura con un atto liquidatorio ai fini dell’iscrizione a ruolo a titolo definitivo – cfr. Cass. S.U. n. 17758/2016.
Orbene, fermi i superiori principi, va osservato che nel caso di specie la cartella aveva preso luogo da attività di controllo compiuta dall’ufficio su omessi pagamenti ed erronea indicazione di crediti in compensazione, non indicati nella dichiarazione – cfr. pag. 3 ricorso per cassazione che richiama l’all. n. 4 alle controdeduzioni dell’Ufficio al ricorso del contribuente in primo grado.
Sulla base di tali considerazioni, ha quindi errato la CTR nel ritenere che l’Ufficio avesse fondato la cartella emessa su un’attività di rettifica della dich. Mod. n. 770S/2006 allo stesso non consentita, invece la stessa muovendo dall’analisi dei dati contenuti nella dichiarazione o da quelli ivi omessi.
Sulla base di tali considerazioni, la prima censura è fondata.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, prospettando il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ancorchè la parte motiva della censura prospetti un vero e proprio errore processuale del giudice che avrebbe deciso ultra pel ila, annullando integralmente la cartella impugnata dalla parte contribuente solo in ordine all’IVA richiesta.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR Puglia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..
Accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Puglia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 6 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017