Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29185 del 13/11/2018
Cassazione civile sez. lav., 13/11/2018, (ud. 05/06/2018, dep. 13/11/2018), n.29185
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18485/2013 proposto da:
TRENITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA DI SANT’ANDREA DELLA VALLE 6, presso lo studio dell’avvocato
STEFANO D’ERCOLE, che lo rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– ricorrenti –
contro
B.M., M.F., elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che
li rappresenta e difende unitamente all’avvocato AGOSTINO CALIFANO
giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 33/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
depositata il 30/01/2013 r.g.n. 909/2012.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Premesso:
che con sentenza n. 33/2013, depositata il 30 gennaio 2013, la Corte d’appello di Genova ha confermato le sentenze con le quali il Tribunale della medesima sede aveva respinto le opposizioni di Trenitalia S.p.A. nei confronti dei decreti ingiuntivi (per il pagamento delle somme rispettivamente di Euro 721,67 e di Euro 705,27 a titolo di differenze retributive) ottenuti da M.F. e B.M. in relazione allo svolgimento, in una serie di giornate lavorative, di mansioni superiori (livello A) in sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto;
– che la Corte territoriale ha disatteso la tesi della società, secondo la quale le mansioni dei lavoratori sostituiti, per una precedente riorganizzazione interna avvenuta nel 2009, non corrispondevano più alla declaratoria del livello di inquadramento, risultando ridotte a quelle inferiori (livello B) svolte dai ricorrenti, e ciò sulla base di un contesto probatorio definito da elementi indiziari gravi, precisi e concordanti e della ritenuta inammissibilità delle prove testimoniali dedotte dall’appellante;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Trenitalia S.p.A. con due motivi, assistiti da memoria, cui hanno resistito i lavoratori con controricorso, anch’esso assistito da memoria;
Rilevato:
che con il primo motivo di ricorso viene dedotta la falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., con riferimento all’art. 21 CCNL del 16 aprile 2003 nonchè falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere la Corte territoriale ritenuto che i lavoratori avesse reso prestazioni riconducibili al superiore livello di Quadri A sulla scorta di una non corretta valutazione dei fatti che avevano interessato la società nel corso del 2009, senza operare la necessaria verifica delle mansioni in concreto svolte dai medesimi nelle giornate di sostituzione e fondando il proprio convincimento sul mero riscontro di elementi indiziari;
– che con il secondo motivo viene dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) per avere la Corte ritenuto di non dare ingresso alla prova testimoniale articolata dalla società;
Osservato:
che il primo motivo, dietro lo schermo del vizio di cui all’art. 360, n. 3, in sostanza propone una inammissibile rivisitazione del materiale istruttorio, estranea al giudizio di legittimità, a fronte di sentenza che ha posto in rilievo la sussistenza nel caso di specie di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, tratti, in primo luogo, dalla modulistica di conferimento degli incarichi (in cui – come sottolinea il giudice di appello – le mansioni del dipendente in sostituzione sono riconosciute come “superiori”), da una diffusa analisi dei documenti attinenti alla riorganizzazione attuata dalla società e dalle stesse deduzioni contenute nei ricorsi in opposizione a decreto ingiuntivo (cfr. sentenza, paragrafi 3.2., 3.3. e ss.);
– che, come ripetutamente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, spetta in via esclusiva al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, assumere e valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere dal complesso delle risultanze del processo quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr., fra le molte, Cass. n. 6288/2011);
– che il secondo motivo risulta inammissibile, stante la preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., u.c. e comunque non conformandosi al principio, secondo il quale il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. n. 5654/2017; conformi, fra le altre: n. 11457/2007; n. 3075/2006);
Ritenuto:
conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;
– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
– che di esse va disposta la distrazione ex art. 93 c.p.c., in favore dei procuratori dei controricorrenti, avv.ti Sergio Vacirca e Agostino Califano, come da loro dichiarazione e richiesta.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge, somma di cui dispone la distrazione in favore dei procuratori dei controricorrenti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 5 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018