Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29183 del 12/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/11/2019, (ud. 02/10/2019, dep. 12/11/2019), n.29183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Robert – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 30244/2011 R.G. proposto da:

P.C., rappresentato e difeso giusta delega a margine del

ricorso dagli avv.ti Oreste Cantillo del foro di Roma e Guglielmo

Cantillo del foro di Roma con domicilio eletto presso lo studio dei

ridetti difensori in Roma, Lungotevere dei Mellini n. 17;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania sez. distaccata di Salerno n. 409/5/10 depositata il

24/11/2010, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

20/4/2018, in sede di riconvocazione del 26/06/2019, quindi infine

all’udienza pubblica del 02/10/2019 dal consigliere Roberto Succio;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

procuratore generale Umberto De Augustiniis che ha chiesto il rinvio

a nuovo ruolo in attesa di chiarimenti delle parti e in subordine il

rigetto del ricorso;

udito l’avvocato dello Stato Collabolletta Anna che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito di attività di controllo, P.C. riceveva la notifica di avvisi di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA oltre addizionali di legge relativi agli anni 2002 e 2003.

A seguito di attivazione della procedura di cui al d. Lgs. n. 218 del 1997, si dava corso al contraddittorio con l’Ufficio; tal procedimento di accertamento con adesione di concludeva con la sottoscrizione dell’atto di adesione al quale però non seguiva, nel termine di venti giorni ai sensi del ridetto D.Lgs., ex art. 8, il versamento delle somme dovute dal contribuente. Stante detta omissione, era emessa la cartella di pagamento qui impugnata, portante la somma relativa all’avviso di accertamento per l’anno 2002, non definito in sede di accertamento per adesione e non impugnato nei termini.

Avverso tal cartella proponeva ricorso di fronte alla CTP di Salerno; il primo giudice rigettava il ricorso. La sentenza era oggetto di gravame di fronte alla CTR della Campania, che confermava la sentenza di prime cure.

Ricorre a questa Corte il contribuente con atto affidato a quattro motivi; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Osserva la Corte che, in forza della documentazione prodotta dall’avvocatura dello Stato, con ordinanza del 20 aprile 2018 questa Corte chiedeva chiarimenti alle parti.

Detti chiarimenti non sono in concreto pervenuti, salvo la generica comunicazione della parte Erariale resa con memoria del 17 ottobre 2018 in ordine al diniego di condono espresso nei confronti del contribuente, senza adeguate specificazioni in ordine alla effettiva notifica di detto diniego, alla pendenza o alla sorte di eventuali impugnazioni dello stesso.

Conseguentemente è risultato opportuno, a seguito di riconvocazione del Collegio in data 26/06/2019, rinviare la causa all’udienza pubblica; peraltro nel corso della stessa neppure sono emersi elementi atti in qualche modo a comprovare la sorte positiva della procedura di condono di cui sopra.

Conseguentemente la controversia va ora trattata e decisa esaminando i motivi di ricorso e di controricorso.

Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR omesso di pronunciarsi sulla doglianza relativa, in sintesi, alla incolpevole ignoranza da parte del contribuente degli importi esatti da versare, avendo l’Ufficio nella fase di accertamento con adesione non comunicato tali importi (ma reso noti soli i maggiori redditi oggetto dell’adesione) in tempo per procedere al versamento del dovuto; il secondo motivo di ricorso deduce in sostanza la medesima circostanza di cui si è appena detto.

Il terzo motivo censura la sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 8, per avere erroneamente la CTR campana ritenuto che l’accertamento con adesione si perfezioni, quanto agli effetti definitori e novativi dei tributi dovuti, solo con il versamento delle somme rideterminate in contraddittorio tra le parti.

I motivi possono trattarsi congiuntamente, in quanto nella sostanza costituiscono frammentazione di una medesima censura.

Gli stessi sono tutti privi di fondamento.

Anche recentemente questa Corte ha confermato (Cass. Ord. Sez. 5 Num. 32118 Anno 2018) che la presentazione da parte del contribuente dell’istanza di accertamento con adesione comporta solo la sospensione per giorni novanta del termine per l’impugnazione dell’accertamento dalla data di presentazione dell’istanza, senza che tale sospensione sia collegata alla effettiva conclusione della procedura nel termine, (D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3); quindi va ricordato l’accordo di definizione, ove raggiunto, va formalizzato mediante la redazione di un duplice esemplare, sottoscritto dal contribuente e dal capo dell’ufficio o da un suo delegato (D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 7). All’esito, il contribuente deve provvedere a versare le somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione entro venti giorni dalla redazione dell’atto di cui sopra (D.Lgs. cit., art. 8). Inoltre, per espressa previsione normativa (D.Lgs. cit., art. 6, comma 4, u.p.) l’avviso di accertamento perde efficacia solo all’atto del perfezionamento della definizione, espressamente conseguente al versamento delle somme dovute (D.Lgs. cit., art. 9). Quindi, la presentazione di istanza di definizione da parte del contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, non comporta l’inefficacia dell’avviso di accertamento, ma solo la sospensione del termine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, quest’ultimo, in assenza di tempestiva impugnazione, diviene definitivo (cfr. Cass. n. 28051/2009); inoltre, a norma del D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 6 e 9, soltanto all’atto del perfezionamento della definizione, quindi con il pagamento delle somme dovute come rideterminate a seguito del contraddittorio in sede di procedura di accertamento con adesione, o della prima rata se è stato concordato un pagamento rateale, l’avviso perde efficacia (cfr. Cass. n. 3368/2012; n. 23776/2015 v. anche Cass. n. 13143/2018).

Nel caso di specie, a fronte della asserita mancata comunicazione degli importi dovuti a titolo di imposte, era onere del contribuente anche tramite il proprio consulente sollecitare l’Ufficio a far pervenire tali dati; in difetto era analogo onere del contribuente (salve altre eventuali responsabilità dell’Ufficio e dei suoi funzionari) impugnare l’avviso di accertamento di fronte alla CTP onde impedire il consolidamento della pretesa per mezzo delle definitività del medesimo.

Conseguentemente, la CTR ha sul punto correttamente deciso.

Il quarto mezzo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR trascurato di statuire in ordine sia alle censure relative dalla determinazione delle sanzioni, sia alla decurtazione dal dovuto in forza della definitività dell’avviso di accertamento delle somme versate, sia pure dopo il termine di cui al D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 8.

Il motivo è parzialmente fondato, nel senso che si dirà.

Esso risulta in primo luogo inammissibile con riferimento alla censura di omessa pronuncia sulla determinazione delle sanzioni, in quanto parte ricorrente non trascrive gli atti dei gradi di merito nei quali la questione è stata sottoposta ai giudicanti, di guisa che questa Corte non è messa in grado di verificarne l’effettiva e tempestiva proposizione nei termini in cui è qui riproposta, escludendone la novità.

Il mezzo è egualmente infondato nella sua seconda articolazione, risultando dalla sentenza impugnata che il contribuente abbia dedotto come “i versamenti effettuato (rectius: effettuati) sono in linea con quanto stabilito ai fini dell’adesione”. A fronte di tal eccezione, la CTR è rimasta del tutto silente, dimostrando di non aver neppure implicitamente preso in esame la questione in parola.

La sentenza va quindi cassata unicamente su questo punto, con rinvio alla CTR napoletana.

P.Q.M.

rigetta i primi tre motivi di ricorso; accoglie il quarto motivo nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019

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