Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29181 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 13/11/2018, (ud. 12/07/2018, dep. 13/11/2018), n.29181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12536-2017 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 92 (C/O STUDIO CARLINI), presso lo studio dell’avvocato

LEOPOLDO FIORENTINO, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIO

DELLA PORTA, FRANCESCO LANOCITA, GIOVANNI FILOSA;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, (OMISSIS), UFFICIO

SCOLASTICO REGIONALE DELLA CAMPANIA UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE

CAMPANIA UFFICIO X AMBITO TERRITORIALE PROVINCIA SALERNO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 207/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 16/03/2017; R.G.N. 983/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2018 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Salerno, con la sentenza n. 207 del 2017, ha rigettato il reclamo proposta da P.M. nei confronti del MIUR, dell’Ufficio scolastico regionale per la Campania di Napoli, e dell’Ufficio scolastico per la Campania di Salerno, avverso la sentenza n. 1653 del 2016 del Tribunale di Nocera Inferiore.

2. La P., dipendente MIUR come direttore dei servizi generali e amministrativi presso l'(OMISSIS), era stata licenziata con preavviso di mesi 4 per motivi disciplinari (recidiva plurima di almeno 3 volte in un anno) con decreto n. 14561 del 2015, ai sensi dell’art. 95 del CCNL di comparto.

Il Tribunale aveva disposto la sospensione dell’efficacia del licenziamento.

In sede di opposizione proposta dalla P., il Tribunale rigettava l’opposizione e revocava l’ordinanza di sospensione, rigettava la domanda della P. proposta con il ricorso introduttivo.

3. La Corte d’Appello rilevava che il licenziamento era stato irrogato ai sensi dell’art. 95 del CCNL comparto scuola, comma 7, lett. a), che stabiliva: “La sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso di applica per: a) recidiva plurima, almeno tre volte nell’anno, nelle mancanze previste nel comma 6, anche se di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza tra quelle previste nel medesimo comma, che abbia comportato l’applicazione della sanzione di dieci giorni di sospensione dal servizio e dalla retribuzione”.

Nella comunicazione di recesso si erano indicate le sanzioni integranti la recidiva, che dunque in ragione di queste ultime sussisteva. Tali sanzioni erano state impugnate separatamente dalla P., ma ciò, come la sospensione delle stesse, non comportava l’illegittimità del recesso datoriale.

La Corte d’Appello rilevava inoltre che i fatti addebitati alla lavoratrice erano in concreto idonei a far venire meno il rapporto fiduciario, ed erano giustificativi dell’atto espulsivo.

Infine, disattendeva l’eccezione di incompetenza dell’Organo che aveva adottato l’atto di recesso e cioè il Dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale di Salerno in ragione della previsione dell’art. 94 del CCNL scuola.

4. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la P. prospettando tre motivi di ricorso.

5. Non si è costituita l’Amministrazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotto error in judicando, art. 360 c.p.c., n. 5. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione. Omessa motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 95 CCNL del 2007.

Assume la ricorrente che la contestazione non aveva avuto ad oggetto un nuovo comportamento disciplinarmente rilevante, in quanto le era stato contestato di essere “per n. 4 volte recidiva, nel biennio di riferimento, nelle mancanze previste nel comma 6 cit. articolo”. Ciò palesava l’illegittimità dell’atto di avvio del procedimento disciplinare per l’irrogazione della sanzione. Erroneamente, la Corte d’Appello qualificava la recidiva come autonoma fattispecie sanzionatoria.

1.1. Il motivo è inammissibile.

E’ applicabile alla fattispecie l’art. 360 c.p.c., n. 5 nel testo modificato dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’11.8.2012), di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, che consente di denunciare in sede di legittimità unicamente l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.

Hanno osservato le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 19881 del 2014 e Cass. S.U. n. 8053 del 2014) che la ratio del recente intervento normativo è ben espressa dai lavori parlamentari lì dove si afferma che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ha la finalità di evitare l’abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, e, quindi, dall’esigenza di supportare la funzione nomofilattica propria della Corte di cassazione, quale giudice dello ius constitutionis e non dello ius litigatoris, se non nei limiti della violazione di legge. Il vizio di motivazione, quindi, rileva solo allorquando l’anomalia si tramuta in violazione della legge costituzionale, “in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”, sicchè quest’ultima non può essere ritenuta mancante o carente solo perchè non si è dato conto di tutte le risultanze istruttorie e di tutti gli argomenti sviluppati dalla parte a sostegno della propria tesi. Dunque nella specie non è ravvisabile il vizio di motivazione prospettato dal ricorrente.

Ciò non si verifica nella fattispecie in esame, atteso che la Corte d’Appello ricorda come l’art. 95, comma 7, lett. a) CCNL di comparto 2006-2009, prevede quale causa di licenziamento con preavviso:

a) recidiva plurima, almeno tre volte nell’anno, nelle mancanze previste nel comma 6 (n.d.r.: sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a un massimo di 10 giorni), anche se di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza tra quelle previste nel medesimo comma, che abbia comportato l’applicazione della sanzione di dieci giorni di sospensione dal servizio e dalla retribuzione.

Quindi, il giudice di secondo grado ricorda che nella comunicazione di recesso del 17 novembre 2015 si faceva riferimento alle seguenti sanzioni integranti la recidiva alla data del 14 luglio 2015:

sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per giorni 3, del 14 ottobre 2014;

sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per giorni 4, del 28 ottobre 2014;

sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per giorni 5, dell’8 novembre 2014;

multa pari a n.2 ore di retribuzione, del 5 febbraio 2015.

In ragione di tale articolato excursus riteneva che la condotta della lavoratrice integrava la fattispecie disciplinare, atteso che si era in presenza, come contestato, della recidiva integrante illecito disciplinare sanzionato con il licenziamento senza preavviso come stabilito dall’art. 95, comma 7, lett. a) CCNL di comparto.

2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotto error in iudicando, art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, art. 95 del CCNL comparto scuola, L. n. 604 del 1966, art. 3,L. n. 300 del 1970, art. 7,art. 2119 c.c.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 90 c.p., art. 39 c.p.c. e della L. n. 300 del 1970, art. 7 Violazione del principio di consunzione. Ne bis in idem.

Assume la ricorrente che l’omesso esame dell’atto presupposto incide anche sulle valutazioni del ne bis in idem, in ragione della insussistenza di una nuova contestazione. Il giudice di appello fa assurgere l’istituto della recidiva ad autonomo illecito comportamentale legittimando la reiterazione del potere disciplinare relativamente ad infrazioni commesse dal lavoratore e già sanzionate.

2.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte non fondato.

2.2. Occorre chiarire con riguardo al thema decidendum, che la ricorrente non prospetta di aver chiesto con il ricorso introduttivo del giudizio la dichiarazione di illegittimità della norma contrattuale, in quanto la stessa avrebbe dato luogo ad una ipotesi in contrasto con il principio del ne bis in idem, con conseguente disapplicazione della stessa, a ha impugnato il recesso in quanto difforme rispetto alla previsione dell’art. 95 del CCNL, mancando uno specifico comportamento avente autonoma rilevanza disciplinare, e in ragione della illegittimità delle precedenti sanzioni.

2.3. Come si è rilevato nella trattazione del primo motivo di ricorso la contestazione rispondeva alla fattispecie contrattuale, in quanto il comportamento della lavoratrice, costituito dall’essere incorsa in più sanzioni come tipizzate, e non dalle stesse singolarmente e nella loro oggettività intese, integrava la fattispecie sanzionatoria, e come afferma correttamente la Corte d’Appello l’impugnazione delle precedenti sanzioni, salvo il successivo annullamento, non incidevano, di per sè, sulla legittimità della contestazione.

Dunque la questione della violazione del principio del ne bis in idem è nuova e pertanto inammissibile in questa sede e i restanti profili di censura devono essere rigettati in ragione di quanto già esposto nella trattazione del primo motivo.

3. Con il terzo motivo di ricorso è prospettato error in iudicando ex art. 360 c.p.c., n. 3. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione. Omessa motivazione. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto e CCNL (D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 55 e 55-bis, art. 94 CCNL comparto scuola).

E’ censurata la statuizione con la quale la Corte d’Appello ha rigettato l’eccezione di incompetenza dell’Organo che ha adottato il provvedimento disciplinare, dirigente dell’ufficio scolastico provinciale di Salerno.

La Corte d’Appello non aveva tenuto conto della dedotta costituzione presso l’Ufficio scolastico provinciale di Salerno dell’UPD. Inoltre l’art. 94 contrastava con il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, secondo cui le pubbliche amministrazioni devono costituire l’UPD.

3.1. Il motivo è fondato per quanto in motivazione.

3.2. La Corte d’Appello ha affermato che l’art. 94 attribuisce all’organo regionale la competenza ad irrogare il licenziamento con preavviso e nel caso di specie l’atto espulsivo era stato sottoscritto dal dirigente dell’ufficio scolastico regionale della Campania, ambito territoriale di Salerno, cioè dall’organo regionale presente sul territorio di riferimento e pacificamente abilitato a compiere gli atti dell’amministrazione aventi rilevanza esterna.

Nella specie, il provvedimento di recesso era stato adottato dal dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale.

3.3. il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, comma 4, stabilisce che ciascuna Amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari (U.P.D.), la cui funzione è quella di contestare l’addebito al dipendente, di istruire il procedimento disciplinare e di adottare l’atto conclusivo del procedimento (la sanzione).

Come questa Corte ha affermato (Cass., n. 22487 del 2016) in tema di procedimento disciplinare, nel rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, comma 4, non postula, necessariamente, l’istituzione “ex novo” dell’ufficio competente, nè una sua individuazione espressa, essendo sufficiente, ai fini della legittimità della sanzione, che all’organo che l’ha irrogata sia stata attribuita, in modo univoco e chiaro, la potestà di gestione del personale.

3.4. Erroneamente, dunque, la Corte d’Appello ha rigettato la censura di incompetenza dell’Organo che ha adottato l’atto di recesso, facendo riferimento solo alla disposizione contrattuale di cui all’art. 94 del CCNL, senza tenere conto della intervenuta disciplina normativa sopra richiamata sull’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari, e senza verificare la struttura dell’UPD dell’Ufficio scolastico regionale per la Campania, ambito territoriale Provincia di Salerno, come risultante dalla relativa regolamentazione e in particolare dal decreto 9642/A2 del 17 settembre 2013, del Dirigente scolastico regionale Campania, richiamato nel ricorso per cassazione (nota 22, in cui se ne riferisce l’allegazione sub. n. 13 produzione di primo grado).

4. La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso. Accoglie il terzo motivo di ricorso per quanto in motivazione e cassa la sentenza impugnata in relazione al terzo motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso. Accoglie il terzo motivo di ricorso per quanto in motivazione e cassa la sentenza impugnata in relazione al terzo motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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