Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2918 del 03/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 03/02/2017, (ud. 06/12/2016, dep.03/02/2017),  n. 2918

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24059/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12,

presso dall’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE CORTINA

D’AMPEZZO 269, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DE SANTIS,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO PARIZZI,

giusta procura in calce al ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 77/2012 del 20 aprile 2012 della Commissione

Tributaria Regionale di BOLOGNA, depositata il 22/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;

udito l’Avvocato del controricorrente Parizzi Mario che si riporta

alla memoria.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Emilia Romagna indicata in epigrafe che, in riforma della sentenza di primo grado, ha annullato la cartella impugnata da G.R., ritenendo non assoggettabile ad IRAP il ricavo della vendita di un terreno edificabile, essendo sottoposto a detto tributo soltanto il reddito derivante dallo svolgimento di un’attività produttiva.

La parte intimata, costituitasi controricorso, ha pure depositato memorie.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile, ipotizzandosi un error iuris all’interno di una censura nella quale si contesta il vizio di motivazione.

Il secondo motivo di ricorso, con il quale si prospetta la violazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, è manifestamente infondato alla stregua dei principi affermati da Cass. S.U. n. 13378/2016, alla cui stregua è consentito al contribuente al quale l’Ufficio fiscale rivolge una richiesta di natura fiscale avanzare in sede giudiziaria ogni elemento idoneo a rimuovere gli errori e/od omissioni contenuti nella dichiarazione dei redditi.

Il terzo motivo, con il quale si contesta la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3, comma 1, lett. d) e art. 9, in relazione all’omessa considerazione, ai fini della base imponibile del soggetto esercente attività agricole, di una vendita di bene immobile assoggettato ad IVA, è manifestamente fondato.

Ed invero, questa Corte ha chiarito che anche un bene immobile può rientrare nella nozione di “bene strumentale” in quanto la sua destinazione sia da considerarsi “inerente” all’esercizio dell’impresa; d’altronde, la nozione di “esercizio di impresa” non può limitarsi all’attività di produzione o scambio di beni in senso stretto, e non esclude, pertanto e di per sè, dal suo ambito i beni i quali non siano oggetto diretto dell’attività produttiva. Giacchè, inoltre, l’inerenza all’oggetto dell’impresa non viene meno con l’atto in sè della cessione del bene (posto che la perdita di una tale qualità non costituisce un presupposto, ma solo la conseguenza della cessione), anche la vendita di un immobile il quale rivesta la qualità di bene strumentale va considerata – ai fini dell’assoggettamento ad IVA – alla pari di tutte le periodiche cessioni di beni strumentali, le quali costituiscono un evento fisiologico del ciclo produttivo a prescindere dal fatto che la cessione avvenga – o meno – in vista dell’acquisto di un altro bene simile – cfr. Cass. n. 2987/2000; Cass. n. 10943/1999.

Nondimeno, si è precisato che il corrispettivo derivante dalla cessione di un immobile che abbia acquisito una destinazione (edificatoria) diversa da quella goduta allorchè era stato impiegato nell’attività produttiva (agricola), non concorre, a norma del D.Lgs. n. 116 del 1997, art. 11, comma 3, nel testo in vigore “ratione temporis”, alla determinazione della base imponibile dell’IRAP, trattandosi di bene non più strumentale all’esercizio dell’impresa – cfr. Cass. n. 15007/2015.

Orbene, nel caso di specie la CTR ha ritenuto che nella base imponibile del soggetto esercente attività agricola non potesse rientrare il corrispettivo di una vendita di bene immobile assoggettato dal contribuente ad IVA, in tal modo infrangendo i principi sopra ricordati e senza in alcun modo chiarire le ragioni che l’avevano indotta ad escludere tale operazione dalla base imponibile IRAP. Le superiori considerazioni sono idonee a superare i rilievi difensivi esposti dalla controricorrente anche nelle memorie, non potendosi disconoscere l’assoggettabilità ad IRAP dei produttori agricoli in forza del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3, lett. d) e art. 9, comma 1.

In conclusione, in accoglimento del terzo motivo, inammissibile il primo e rigettato il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna, la quale dovrà verificare, nel caso concreto, l’applicazione dei superiori principi all’atto di alienazione al quali si è riferito l’Ufficio nell’applicare l’IRP, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il terzo motivo di ricorso, inammissibile il primo e rigettato il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017

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