Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29178 del 21/12/2020

Cassazione civile sez. un., 21/12/2020, (ud. 01/12/2020, dep. 21/12/2020), n.29178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 33891/2019 proposto da:

CORES S.R.L., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO DEL

RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI

PELLEGRINO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL

TEMPIO DI GIOVE 21, presso lo studio dell’avvocato ENRICO MAGGIORE,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7056/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 17/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, il quale ha concluso chiedendo il rigetto

del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La CO.RES. s.r.l. ha proposto ricorso, deducendo la violazione del riparto di giurisdizione ex art. 103 Cost., avverso la sentenza n. 7056/2019 del Consiglio di Stato, depositata il 17 ottobre 2019.

Resiste con controricorso Roma Capitale.

La CO.RES. s.r.l. eseguì lavori di messa in sicurezza e consolidamento di immobili siti in (OMISSIS), e (OMISSIS), affidati da Roma Capitale ai sensi dell’art. 176 (“Provvedimenti nei casi di somma urgenza”) del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. Nel corso dell’esecuzione delle opere, a seguito di alcuni imprevisti, si resero necessari ulteriori interventi. La spesa relativa alla parte originaria dei lavori in questione era stata approvata dal Consiglio comunale con la Delib. n. 51 del 2014 e riferita al bilancio di previsione per l’anno 2014, mentre i lavori di completamento erano stati oggetto di successiva Delib. n. 124 del 2014, ed imputati all’assestamento del bilancio 2014.

L’amministrazione comunale avviò, pertanto, il procedimento di riconoscimento dei debiti fuori bilancio di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 194, comma 1, lett. e), predisponendo, a tal fine, due schemi di deliberazione aventi ad oggetto, rispettivamente, il riconoscimento della spesa di Euro 2.636.577,54 oneri inclusi, e della spesa di Euro 493.026,20 oneri inclusi.

Poichè il procedimento non perveniva a definizione e non si provvedeva al pagamento delle somme dovute, la CO.RE.S. s.r.l. in data 1 giugno 2017 diffidò l’amministrazione alla approvazione delle due delibere.

Di seguito, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio la CO.RES. s.r.l. impugnò ex art. 117 c.p.a. il silenzio – inadempimento serbato dall’amministrazione sulla propria richiesta di pagamento, chiedendone la condanna a provvedere sull’istanza.

Roma Capitale, nel costituirsi, illustrò gli ulteriori passaggi intervenuti nel procedimento di riconoscimento del debito fuori bilancio.

La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, n. 3402/2018 dichiarò inammissibile il ricorso per essere il ricorrente titolare di una situazione di diritto soggettivo, con conseguente preclusione all’azione avverso il silenzio di cui all’art. 117 c.p.a.. Nella specie, il TAR Lazio sostenne che la pretesa della società ricorrente aveva ad oggetto il pagamento di una somma di danaro, sia pure a mezzo del procedimento di riconoscimento del debito fuori bilancio di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 194, comma 1, lett. e), sicchè la domanda di condanna dell’amministrazione e di eventuale risarcimento del danno patito era da rivolgere al giudice ordinario.

La CO.RES. s.r.l. propose appello, che venne respinto dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 7056/2019. Il Consiglio di Stato affermò che il giudice di primo grado aveva correttamente qualificato la pretesa vantata dalla ricorrente nei confronti del Comune di Roma come rientrante nell’ambito del diritto soggettivo, atteso che, avendo l’appaltatrice CO.RES. s.r.l. eseguito i lavori affidatile dall’amministrazione in forma diretta ai sensi del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, art. 176, la stessa poteva vantare un credito al pagamento delle somme dovute a titolo di corrispettivo. Si tratterebbe, secondo la sentenza impugnata, di un’obbligazione pubblica, il cui adempimento da parte della pubblica amministrazione può avvenire con modalità procedurali diverse, tra le quali, appunto, il riconoscimento del debito fuori bilancio D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ex art. 191, comma 1, lett. e). La discrezionalità del riconoscimento del debito fuori bilancio, più volte evidenziata in giurisprudenza, si esplicherebbe, appunto, con riguardo alle sole modalità procedimentali dell’adempimento, restando questo tuttavia un “obbligo”, a fronte del quale la situazione soggettiva spettante al creditore non è di interesse legittimo.

La ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso della CO.RES. s.r.l. deduce la violazione del riparto di giurisdizione ex art. 103 Cost.. La ricorrente assume che, ai sensi del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 191, comma 2, lett. e), l’insorgenza dell’obbligazione in capo all’ente si verifica soltanto per effetto del riconoscimento della “legittimità” del debito fuori bilancio. Al Consiglio comunale è perciò attribuito un potere amministrativo esercitabile sulla base di un apprezzamento discrezionale, sicchè la posizione soggettiva spettante al privato si connota come interesse legittimo.

1.1. Nella memoria, la ricorrente ribadisce che il riconoscimento D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ex art. 194, comma 1, lett. e), ha carattere costitutivo del rapporto obbligatorio tra il privato e la pubblica amministrazione.

2. Il ricorso è infondato.

2.1. Con la domanda proposta al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio la CO.RES. s.r.l. impugnò ex art. 117 c.p.a. il silenzio – inadempimento serbato da Roma Capitale sulla propria richiesta di pagamento del corrispettivo di ulteriori lavori di messa in sicurezza e consolidamento di immobili siti in (OMISSIS) e (OMISSIS), rispetto a quelli già affidati all’appaltatrice ai sensi del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, art. 176. Per tali lavori urgenti di completamento, l’amministrazione comunale aveva avviato il procedimento di riconoscimento dei debiti fuori bilancio di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 194, comma 1, lett. e), predisponendo due schemi di deliberazione n procedimento non era tuttavia pervenuto a definizione mediante approvazione delle due delibere. Nel costituirsi dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma Capitale aveva evidenziato come il Dipartimento sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana avesse inoltrato con nota del 4 ottobre 2017 la proposta di riconoscimento del debito fuori bilancio all’Organismo di revisione economico finanziaria, il quale aveva però richiesto al medesimo Dipartimento un nuovo parere contabile per l’esercizio 2017, con conseguente inoltro alla Ragioneria generale e successiva restituzione all’Organismo di revisione.

2.2.L’azione avverso il silenzio volta a chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere, ai sensi del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 31 (cod. proc. amm.), da proporre nelle forme di cui all’art. 117 cod. proc. amm., presuppone (oltre che la sussistenza dell’obbligo di provvedere in capo all’amministrazione ed il decorso dei termini di conclusione del procedimento) comunque la configurabilità della giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento alla pretesa sottostante.

Come già da questa Corte affermato a proposito della L. n. 1034 del 1971, art. 21-bis (Cass. Sez. U., 23/12/2008, n. 30059; Cass. Sez. U, 28/11/2008, n. 28346), l’azione avverso il silenzio serbato dall’amministrazione, ora disciplinata dagli artt. 31 e 117 cod. proc. amm., ha, dunque, natura meramente processuale, ed è perciò ammissibile solo in presenza di una posizione di interesse legittimo connessa all’esercizio in via autoritativa di un potere pubblico discrezionale, essendo volta ad accertare la violazione dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere su un’istanza del privato. Tale strumento non è invece compatibile con pretese che, pur ricollegandosi apparentemente ad una situazione di inerzia provvedimentale (cui si correla una posizione di interesse legittimo), concernono piuttosto diritti soggettivi, la cui eventuale lesione è direttamente accertabile dall’autorità giurisdizionale (si vedano anche, tra le più recenti, Cons. Stato sez. III, 25/06/2020, n. 4089; Cons. Stato sez. V, 06/02/2017 n. 513; Cons. Stato sez. IV, 14/03/2016, n. 987; Cons. Stato sez. IV, 29/02/ 2016, n. 860; Cons. Stato sez. IV, 18/02/2016, n. 653).

2.3.Deve considerarsi come l’art. 194 (Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio) del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali – TUEL) prevede che con la deliberazione consiliare di cui all’art. 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti, fra l’altro, da: “e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui dell’art. 191, commi 1, 2 e 3, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza”.

Tale disposizione, la quale riproduce del D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342, art. 5, ammette, pertanto, la possibilità di un riconoscimento a posteriori della legittimità dei debiti fuori bilancio, subordinandolo ad una formale deliberazione di riconoscimento del debito da parte dell’ente nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente stesso, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza, fermo restando che, a norma del medesimo D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 191, comma 4, in difetto di riconoscimento, il rapporto obbligatorio intercorre altrimenti tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura.

2.4. Per la costante elaborazione di questa Corte, il riconoscimento di un debito fuori bilancio, ai sensi del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 194, comma 1, lett. e), costituisce un procedimento discrezionale che consente all’ente locale di far salvi nel proprio interesse – accertati e dimostrati l’utilità e l’arricchimento che ne derivano, per l’ente stesso, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza – gli impegni di spesa per l’acquisizione di beni e servizi in precedenza assunti tramite specifica obbligazione, ancorchè sprovvista di copertura contabile. Si afferma, dunque, che nei casi di richiesta di prestazioni o servizi non rientranti nello schema procedimentale di spesa tipizzato dalla stessa normativa, sia rimessa all’ente pubblico la valutazione esclusiva circa l’opportunità o meno di attivare il procedimento del riconoscimento del debito fuori bilancio nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente stesso.

Ciò ha indotto a negare altresì che il giudice possa sostituirsi all’amministrazione affermando l’esistenza di un diritto ex se del privato al riconoscimento del debito assunto fuori bilancio, pur nella ricorrenza delle condizioni indicate dal legislatore, perchè l’ente possa procedere al riconoscimento. Ove la richiamata disciplina legislativa configurasse un diritto soggettivo al riconoscimento giustiziabile dinanzi al giudice, in presenza e nei limiti “degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente”, non si spiegherebbe sistematicamente la previsione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 191, comma 4, che delinea la sussistenza del rapporto obbligatorio intercorrente altrimenti tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che abbiano disposto i lavori o i servizi (si vedano Cass. Sez. U., 26/05/2015, n. 10798; Cass. Sez. 1, 21/11/2018, n. 30109; Cass. Sez. 1, 09/12/2015, n. 24860; Cass. Sez. 1, 27/01/2015, n. 1510; Cass. Sez. 1, 12/11/2013, n. 25373; Cass. Sez. 3, 31/05/2005, n. 11597; Cass. Sez. 3, 19/12/2003, n. 19562; Cass. Sez. 3, 29/01/2003, n. 1265; Cass. Sez. 3, 14/01/2002, n. 355; già, peraltro, Cass. Sez. U., 27/04/1993, n. 4912).

Non rileva al riguardo il principio altrimenti enunciato ai fini dell’esperibilità dell’azione di arricchimento senza causa nei confronti della P.A., con riguardo alla quale si nega la necessità del riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito, bastando il fatto oggettivo dell’arricchimento non “imposto” (Cass. Sez. U., 26/05/2015, n. 10798), atteso che, nell’ambito di operatività del descritto regime del D.Lgs. n. 267 del 2000, l’azione generale di arricchimento verso l’ente locale rimane preclusa dalla mancanza del presupposto della sussidiarietà (tra le più recenti, Cass. Sez. 1, 26/02/2020, n. 5130; Cass. Sez. 1, 21/11/2018, n. 30109).

2.5. Il Consiglio di Stato, nell’impugnata sentenza, ha sostenuto che la pretesa azionata dalla CO.RES. s.r.l., diretta ad ottenere dall’amministrazione comunale di Roma il riconoscimento del debito fuori bilancio, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ex art. 191, comma 1, lett. e), per il corrispettivo dei lavori aggiuntivi eseguiti, rientrasse nell’ambito del diritto soggettivo, in quanto avente ad oggetto una semplice modalità procedurale di adempimento dell’obbligazione pubblica comunque già esistente.

In tal senso, il ricorso allo speciale rimedio giurisdizionale di cui all’art. 117 cod. proc. amm., per sopperire al prospettato inadempimento dell’amministrazione riguardo alla conclusione del procedimento di riconoscimento del debito fuori bilancio, mediante approvazione della necessaria deliberazione consiliare, sarebbe inammissibile, vertendosi, appunto, in tema di diritti soggettivi e non di omesso esercizio di poteri autoritativi.

Nel ragionamento seguito dal Consiglio di Stato, traspare, in sostanza, l’adesione all’interpretazione secondo cui, in caso di mancato riconoscimento di un debito fuori bilancio, la lesione subita dal creditore è correlata non alla mancata adozione della deliberazione consiliare, quanto all’inadempimento del rapporto obbligatorio sottostante e, dunque, al mancato pagamento del corrispettivo (già) dovuto dall’amministrazione, fattispecie di tipo paritario attinente all’esecuzione contrattuale e perciò appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario.

2.6. Tale interpretazione trova conferma in una recente sentenza di queste Sezioni Unite, secondo la quale “il fondamento del debito fuori bilancio è quindi pur sempre il rapporto negoziale tra l’amministratore o il funzionario e i privati contraenti, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge (…). Il petitum sostanziale risponde quindi allo schema obbligo-pretesa, poichè non rileva alcun potere d’intervento riservato alla pubblica amministrazione per la tutela d’interessi generali (…). Il che radica la giurisdizione ordinaria” (così Cass. Sez. U., 26/11/2020, n. 26985).

2.7. In precedenza si è ricordato l’orientamento di questa Corte, secondo cui la deliberazione di riconoscimento dei debiti fuori bilancio derivanti dall’acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui dell’art. 191, commi 1, 2 e 3 TUEL, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, supposta dall’art. 194, comma 1, lett. e) TUEL, non si connota come atto vincolato, nè suppone una mera procedura di regolarizzazione contabile di un preesistente rapporto di debito/credito intercorrente tra l’ente locale e la parte privata, tant’è che l’art. 191, comma 4, TUEL, ove manchino, appunto, il preventivo impegno di spesa ed il successivo riconoscimento, delinea l’obbligazione come intercorrente tra il fornitore e l’amministratore, il funzionario o il dipendente che hanno consentito la fornitura.

Il riconoscimento del debito fuori bilancio, ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e), TUEL, consegue, effettivamente, all’attivazione di un procedimento discrezionale, riservando all’ente locale la valutazione dell’utilità e dell’arricchimento conseguiti con l’acquisizione, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza. E’ per questo vietato al giudice di sostituirsi all’amministrazione, in maniera da accertare immediatamente la lesione del diritto del privato ad ottenere il riconoscimento del debito assunto fuori bilancio.

Se, tuttavia, non esiste un diritto soggettivo del privato al riconoscimento ad opera dell’ente locale del debito assunto fuori bilancio, non di meno la pretesa che il privato fornitore rivolge verso l’amministrazione è fondata sul rapporto contrattuale avente ad oggetto la prestazione di beni e servizi, perciò rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario. La mancanza della deliberazione consiliare di riconoscimento costituisce un limite interno che preclude nel merito la proponibilità della domanda di pagamento portata dal fornitore verso l’ente, senza tuttavia incidere sui fatti costitutivi della pretesa e perciò senza coinvolgere la giurisdizione.

2.8. Occorre quindi considerare che la CO.RES. s.r.l. ha sperimentato il rimedio di cui agli artt. 31 e 117 cod. proc. amm. per ottenere la declaratoria di illegittimità del silenzio dell’amministrazione comunale e l’ordine di provvedere esplicitamente in ordine al riconoscimento del debito fuori bilancio, ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e) TUEL. Gli effetti del mancato riconoscimento consiliare incidono sulla fondatezza del credito della società per il prezzo delle opere eseguite, ovvero sull’adempimento di obblighi contrattuali esulanti, in quanto tali, dall’attività provvedimentale della P.A..

A fronte dell’inerzia dell’amministrazione rispetto all’emanazione vincolata (seppure discrezionale nei contenuti) del provvedimento di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, nell’ipotesi contemplata dall’art. 194, comma 1, lett. e) TUEL, la posizione del privato si configura comunque di diritto soggettivo, giacchè correlata ad una pretesa di adempimento contrattuale. La deliberazione di cui all’art. 193, comma 2, TUEL, con cui l’ente locale riconosce la legittimità del debito fuori bilancio, pur postulando la competenza dell’organo consiliare riguardo alla valutazione ed all’apprezzamento dell’opportunità di iscrivere la relativa posta, alla luce dell’utilità e dell’arricchimento per l’ente dell’avvenuta acquisizione di beni o servizi in violazione delle norme di contabilità, è pur sempre volta alla costituzione diretta del rapporto obbligatorio con l’amministrazione.

3. In definitiva, deve ritenersi insussistente la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere dell’azione, proposta ai sensi degli artt. 31 e 117 cod. proc. amm., per ottenere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere in ordine al riconoscimento del debito fuori bilancio, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ex art. 191, comma 1, lett. e), trattandosi di domanda comunque correlata ad una pretesa di adempimento contrattuale, rispetto al quale la posizione del privato si configura, perciò, come diritto soggettivo.

4. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna della ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 1 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020

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