Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29176 del 21/12/2020

Cassazione civile sez. un., 21/12/2020, (ud. 17/11/2020, dep. 21/12/2020), n.29176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente di Sez. –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1882/2020 proposto da:

BERNEDA S.A.U., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 281, presso

QUORUM STUDIO LEGALE E TRIBUTARIO ASSOCIATO, rappresentata e difesa

dall’avvocato NICOLA ROMANO;

– ricorrente –

contro

BLACKBOARD S.R.L., UNIPERSONALE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO DE

CRISTOFARO 40, presso lo studio dell’avvocato MICHELA CALICIOTTI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO

VENEZIA;

– controricorrente –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

58360/2018 del TRIBUNALE di MILANO.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/11/2020 dal Consigliere GIACOMO MARIA STALLA;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE, il quale chiede che la Suprema Corte, in Camera

di consiglio, rigetti il ricorso.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. La Berneda SAU, società spagnola con sede in (OMISSIS), propone ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, ex art. 41 c.p.c., con riguardo al giudizio di merito (n. 58360/18 rg.) contro di essa proposto, avanti al Tribunale Civile di Milano, dalla società italiana Blackboard srl unip..

Nel chiedere l’affermazione della giurisdizione del giudice spagnolo in relazione a tutte le domande contro di essa così proposte ovvero, in subordine, in relazione ad alcune di tali domande, la società ricorrente espone che:

– tra le parti era intercorso fin dal 2003 un rapporto contrattuale (privo di forma scritta, ma risultante da varia documentazione e comunicazioni intercorse negli anni) avente ad oggetto la vendita all’estero, da parte di Blackboard srl, di scarpe per lo sport ed il tempo libero prodotte da Berneda in (OMISSIS) (marchio “(OMISSIS)”);

– a seguito di gravi e reiterate violazioni degli obblighi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto da parte di Blackboard srl, Berneda, con lettera raccomandata del 23 ottobre 2014, aveva intimato la risoluzione “in tronco” di questo rapporto;

– a seguito di ciò, Blackboard srl aveva intrapreso il suddetto giudizio, formulando domande sia di accertamento della natura del rapporto contrattuale in questione in termini di distribuzione con esclusiva ovvero di concessione di vendita, sia di accertamento della illegittimità della suddetta cessazione in tronco, sia di risarcimento del danno e pagamento di indennità per varie causali (mancata concessione di un congruo preavviso; violazione, attraverso vendite dirette on line o tramite società collegate, dell’esclusiva a favore di Blackboard srl; mancata consegna o difettosità di merce; ritardata consegna di campionari e merci; indebito arricchimento, ovvero trattamento di fine rapporto in applicazione analogica dell’art. 1751 c.c.; smaltimento delle giacenze in stock;

lesione dell’immagine; mancata corresponsione del premio convenuto del 2% sul fatturato realizzato dal 1 gennaio 2012);

– in tale giudizio essa Berneda si era costituita eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice italiano a favore di quello spagnolo e chiedendo subordinatamente, previo rigetto di tutte le domande avversarie, la condanna in via riconvenzionale di Blackboard srl al risarcimento dei danni conseguenti al suo inadempimento;

– contrariamente a quanto sostenuto dalla controparte, il rapporto contrattuale in questione andava qualificato, in base alle prevalenti obbligazioni in esso dedotte, non già in termini di “distribuzione o concessione di vendita” ma di “vendita”, posto che Blackboard srl si obbligava a prendere in consegna le scarpe in Spagna ed a rivenderle in Italia ed in altri Paesi, secondo uno schema più simile alla vendita continuativa ed alla somministrazione che alla prestazione di servizi;

– la qualificazione in termini sostanziali di compravendita e fornitura continuativa, e non di distribuzione o concessione, risultava da vari e convergenti elementi: le comunicazioni intercorse tra le parti fin dall’inizio del rapporto, le modalità di fatturazione, l’assenza di un contratto-quadro che disciplinasse servizi accessori, la mancanza di un obbligo promozionale qualificante in capo a Blackboard srl, lo stesso tenore delle domande giudiziali da quest’ultima proposte, presupponenti asserite violazioni di obbligazioni tipiche della compravendita perchè concernenti, ad esempio, i tempi di consegna ovvero vizi e difetti della merce;

– ne derivava la giurisdizione del giudice spagnolo in quanto giudice del Paese nel quale il convenuto aveva il proprio domicilio (art. 4, n. 1) Reg. UE 1215/12, ovvero nel quale si trovava il luogo di consegna della merce (art. 7, n. 1), lett. b) prima parte Reg. cit.); merce che Berneda preparava presso il proprio stabilimento e che Blackboard srl qui ritirava organizzandone il trasporto all’estero secondo clausola franco-fabbrica (FCA degli Incoterms 2000).

Si è costituita nel presente giudizio Blackboard srl unip. chiedendo il rigetto del ricorso avversario e la condanna della ricorrente per lite temeraria ex art. 96 c.p.c..

Eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso, dal momento che:

– con ordinanza 26 novembre 2019 il giudice istruttore del Tribunale di Milano ha emesso ordinanza di fissazione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, dopo aver preso posizione sulla questione di giurisdizione nel senso della infondatezza dell’eccezione in proposito opposta dalla convenuta Berneda, con conseguente venir meno del presupposto del regolamento preventivo ex art. 41 c.p.c. (mancato intervento di decisione sulla giurisdizione);

Berneda aveva comunque accettato la giurisdizione italiana nel momento in cui aveva formulato avanti al Tribunale di Milano, in via principale e non subordinata, domande riconvenzionali di condanna.

Sul fondo della questione, la resistente insiste per la giurisdizione italiana, dal momento che:

– il rapporto contrattuale in oggetto ha natura prevalente di distribuzione o concessione di vendita e non di semplice vendita continuativa o ripetuta, in quanto comportante obblighi qualificanti di collaborazione, promozione, diffusione pubblicitaria dei prodotti, raggiungimento di obiettivi minimi di penetrazione di mercato, comunicazione dei nominativi della clientela, così come tra l’altro risultava dalla stessa comunicazione di recesso del 23 ottobre 2014, appunto incentrata sull’asserito loro inadempimento da parte di Blackboard;

– questi obblighi caratterizzavano il rapporto integrando, anche secondo quanto stabilito dalle decisioni della CGUE in materia, un contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi;

– in base all’art. 7, n. 1), lett. b), seconda parte, Reg. UE cit., si imponeva pertanto l’attribuzione della giurisdizione al giudice italiano in quanto giudice dello Stato membro dove quei servizi (come era pacifico) dovevano essere prestati in base agli accordi.

Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

p. 2.1 Contrariamente a quanto preliminarmente eccepito dalla controricorrente Blackboard, il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione non è inammissibile.

Per ciò che concerne l’ostativa emanazione di una pronuncia sulla giurisdizione da parte del giudice di merito, si è stabilito da questa corte che il regolamento è precluso, oltre che quando sia già intervenuta decisione nel merito in primo grado (art. 41 c.p.c., comma 1), anche quando la causa sia stata trattenuta per tale decisione, posto che questo momento segna l’inizio dei poteri decisori del giudice mediante l’apertura di una fase, ormai estranea all’attività delle parti, destinata a concludersi con la pubblicazione della sentenza. Dopo questo momento, quindi, il regolamento in questione non potrebbe più assolvere la sua funzione pratica di favorire una sollecita definizione del processo sul punto (Cass. SSUU ord. n. 5747/15 ed altre).

Sempre argomentandosi in applicazione di questo principio di ordine funzionale e teleologico, si è stabilito – a contrario – che il regolamento è invece proponibile sia quando la causa, già introitata per la decisione del merito, venga poi rimessa sul ruolo istruttorio per ulteriori adempimenti, sia “quando la questione di giurisdizione sia stata delibata, in via meramente incidentale, in un provvedimento privo di natura decisoria ed avente carattere meramente istruttorio”. (Cass. SSUU ord. n. 9283/17, con richiamo a Cass. SSUU nn. 4218/13 e 22382/11).

E proprio questo è il caso di specie, atteso che l’ordinanza del giudice istruttore del Tribunale di Milano 26 novembre 2019 prende sì posizione sulla giurisdizione, ma in termini chiaramente sommari, dubitativi ed incidentali, certamente non decisori.

Si tratta di ordinanza di contenuto meramente interlocutorio nella quale la delibazione incidentale della giurisdizione nazionale viene in concreto resa ed orientata non in funzione anticipatoria diretta della decisione sul merito, ma al solo fine della fissazione dei termini di delimitazione definitiva tra le parti (art. 183 c.p.c., comma 6) di quel contraddittorio sul quale la decisione dovrà intervenire.

Delimitazione definitiva ancora in grado, del resto, di influire essa stessa sulla decisione di giurisdizione.

Il che denota come l’ordinanza in questione sia stata emessa in una fase processuale di natura ancora prettamente introduttiva, ordinatoria, preparatoria e di indirizzo; di certo avulsa da qualsiasi reale contenuto decisorio, sostanziale o processuale, in grado di frustrare la ratio anticipatoria del regolamento.

p. 2.2 Per quanto concerne l’asserita tacita accettazione della giurisdizione nazionale ad opera di Berneda per effetto della proposizione da parte della stessa di domande riconvenzionali, rileva l’indirizzo di legittimità (Cass. SSUU nn. 7035/06; 13015/97) secondo cui la proposizione di difese di ordine procedurale o la stessa formulazione, da parte del convenuto straniero, di una domanda riconvenzionale non comportano di per sè accettazione tacita della giurisdizione del giudice italiano, qualora vengano subordinate al mancato accoglimento dell’eccezione di difetto di giurisdizione di detto giudice.

Nel caso di specie, il vincolo di subordinazione e condizionamento tra la sorte dell’eccezione di carenza di giurisdizione italiana e le domande riconvenzionali, ancorchè non esplicitato da Berneda con l’adozione di particolari formule ed espressioni dedicate, doveva purtuttavia reputarsi certo ed univoco dal tenore della sua linea processuale (v. conclusioni riportate a pagina 6 del controricorso); linea processuale volta in via pregiudiziale a negare la giurisdizione nazionale e, solo nella contrastata ipotesi di ravvisata giurisdizione, a subordinatamente introdurre e sostenere le domande riconvenzionali.

Contrariamente a quanto sostenuto da Blackboard, non era affatto dirimente, per ravvisare un’accettazione tacita della giurisdizione italiana da parte della convenuta, il fatto che le domande riconvenzionali di quest’ultima fossero in tutto o in parte prive di un collegamento o di un rapporto di stretta derivazione dalle domande proposte in via diretta da essa attrice; rilevando invece, al fine di negare questa tacita accettazione, il rapporto di logica e giuridica subordinazione nel quale le domande riconvenzionali si ponevano rispetto all’eccezione di carenza di tale giurisdizione, diffusamente sostenuta ed assunta quale prima difesa potenzialmente assorbente perchè assolutamente ostativa a qualsivoglia pronuncia sul merito da parte del giudice italiano.

p. 3.1 Venendo all’oggetto precipuo della lite, la giurisdizione è del giudice italiano su tutte indistintamente le domande devolutegli (dirette e riconvenzionali).

Va fatta qui applicazione del Regolamento UE n. 1215 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (sostitutivo del Reg. UE 44/2001 che, sul punto di interesse, conteneva peraltro uguale previsione).

L’art. 7 del Reg. 1215/12 (competenze speciali) stabilisce che, in materia contrattuale, una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro in ragione del “luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio” (comma 1, lett. a), dovendosi intendere per tale (comma 1, lett. b):

– nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto;

– nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto”.

La lett. c) della stessa disposizione stabilisce poi un ordine di preferenza tra i criteri di collegamento, posto che: “la lett. a) si applica nei casi in cui non è applicabile la lett. b)”.

Questo disposto è stato interpretato da CGUE 8 marzo 2018 in causa C-64/17 (Saey Home & Garden NV/SA c/ Lusavouga-Maquinas e Acessorios Industriais SA), nel senso che (p. 34) “i criteri di collegamento al giudice competente di cui all’art. 7, punto 1, lett. b), del regolamento n. 1215/2012 sono applicabili soltanto qualora il giudice nazionale, investito di una controversia sorta tra le parti che hanno instaurato fra loro relazioni commerciali, dovesse concludere che siffatte relazioni sono basate su un contratto di “compravendita di beni” oppure su un contratto di “prestazione di servizi”, ai sensi di tale disposizione. Una simile qualificazione escluderebbe l’applicazione della norma sulla competenza prevista all’art. 7, punto 1, lett. a), del citato regolamento. Infatti, tenuto conto della gerarchia stabilita tra il punto a) e il punto b) dal punto c) di tale disposizione, la norma sulla competenza prevista dalla lettera a) si applica solo in via alternativa e per esclusione rispetto alle norme sulla competenza di cui al punto b) (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2016, Granarolo, C-196/15, EU:C:2016:559, punti 30 e 31 e giurisprudenza ivi citata).

Ora, quello di specie è proprio un caso di preferenza dei criteri di cui alla lett. b), art. 7 Reg. cit., dal momento che dagli atti di causa emerge (e le stesse parti concordano sul punto) come la giurisdizione debba qui muovere dall’alternativa tra la qualificazione giuridica del rapporto contrattuale tra di esse intercorso come vendita (ancorchè ripetuta nel tempo con uguali modalità di fornitura o somministrazione) o piuttosto come concessione di vendita (caratterizzata dalla obbligatoria prestazione di determinati servizi correlati ma non riconducibili al solo schema della vendita).

Sicchè, appunto in applicazione della lett. b), art. 7 cit., si pone il problema di accertare se si verta nella specie di “compravendita di beni” (ingenerante la giurisdizione spagnola, posto che in (OMISSIS) venivano consegnate le calzature destinate agli altri mercati Europei), ovvero di “prestazione di servizi” che non si esauriscono nella compravendita di beni (ingenerante la giurisdizione italiana, posto che non è in discussione che tali servizi dovessero da Blackboard essere prestati in Italia).

Prima di affrontare questo imprescindibile snodo, occorre però svolgere un’ulteriore premessa metodologica, nel senso che l’individuazione nella specie dell’uno o dell’altro criterio di collegamento non deve farsi dipendere tanto dall’obbligazione di cui si lamenti l’inadempimento in giudizio, quanto dall’obbligazione che connota, qualifica, distingue e rende caratteristico il contratto nel suo complesso (con formula di sintesi: robbligazione caratteristica”): Cass. SSUU nn. 2224/10; 20412/15.

Ha, in termini, recentemente osservato Cass. SSUU n. 156/20 (con riguardo al Reg. 44/2001, ma con affermazione valevole anche per la normativa sopravvenuta) che: “ai fini dell’individuazione della giurisdizione secondo i vincolanti criteri interpretativi dettati dalla Corte di Giustizia (sentenza del 25 febbraio 2010, in C-381/08) – la distinzione tra la nozione di compravendita di beni e quella di prestazione di servizi, entrambe contenute nell’art. 5, Punto 1, lett. b), del Regolamento CE n. 44 del 2001, trova fondamento nella “obbligazione caratteristica” dei predetti contratti, avente ad oggetto, rispettivamente, la consegna di un bene o la prestazione di un servizio”.

La regola dell'”obbligazione caratteristica” quale elemento discriminante la giurisdizione in materia contrattuale ha, come rilevato, matrice unionale, essendosi osservato che, ai fini dell’applicazione dell’art. 7, punto 1, lett. b) Reg. 1215/12, “occorre prendere in considerazione l’obbligazione caratteristica di detti contratti quale criterio di collegamento al giudice competente (v, in tal senso, sentenze del 25 febbraio 2010, Car Trim, C-381/08, EU:C:2010:90, punti 31 e 32, e del 15 giugno 2017, Kareda, C-249/16, EU:C:2017:472, punto 40 e giurisprudenza ivi citata)” (CGUE 8 marzo 2018 cit.).

p. 3.2 Ebbene, facendo applicazione di questo criterio nel caso di specie, deve senz’altro escludersi ai fini della giurisdizione che il rapporto tra le parti sia ascrivibile ad una compravendita di beni, seppure con prestazioni di reiterazione e fornitura continuativa o periodica.

Dalle risultanze processuali (ben evidenziate anche dal Procuratore Generale) emerge un’obbligazione caratteristica di prestazione di servizi, avente ad oggetto l’espletamento, da parte di Blackboard e per conto di Berneda, di un’operatività complessa ed articolata di cooperazione che trascende chiaramente i limiti del solo rapporto di vendita-fornitura.

Si tratta di un’operatività di distribuzione e promozione all’estero della linea di calzature (OMISSIS); di analisi e consulenza di mercato e di moda; di sviluppo pubblicitario del volume d’affari; di incremento del fatturato secondo indici previsionali di fattibilità e penetrazione.

Pur in assenza di un contratto scritto che fissi fin dall’inizio le reciproche obbligazioni delle parti, tutto ciò risulta da elementi documentali convergenti ed univoci, quali le comunicazioni tra le parti in corso di rapporto, la lettera di incarico iniziale 31.1.03 e la stessa risoluzione in tronco del rapporto intimato da Berneda a Blackboard, e posta a base della lite.

Quest’ultima iniziativa di risoluzione, formalizzata nell’ottobre 2014, è anzi essa stessa estremamente significativa della reale natura del rapporto, perchè dichiaratamente originata dall’asserito inadempimento da parte di Blackboard di obbligazioni diverse ed ulteriori rispetto alla vendita, e segnatamente concernenti la distribuzione e la promozione di mercato.

L’inadempimento – ritenuto a tal punto grave da senz’altro legittimare lo scioglimento immediato del vincolo contrattuale concernente “i rapporti commerciali di distribuzione” tra le parti, dopo oltre dieci anni di collaborazione – viene dalla stessa Berneda dimostrato attraverso la negatività di vari indici, a loro volta significativi dei compiti, anche strategici, assegnati a Blackboard; quali il consistente calo di fatturato, la mancata rivitalizzazione e promozione del marchio in Italia, la mancata predisposizione di business plan, i pessimi risultati della diffusione negli ultimi esercizi, il mancato seguito ad inviti, promesse o piani di recupero di fatturato e quote di mercato.

La disamina delle obbligazioni dedotte in giudizio non fa in questo caso che confermare l’obbligazione caratteristica (connotata dalla prestazione di servizi aventi ad oggetto la distribuzione e la promozione all’estero della vendita delle calzature) così emergente.

Il giudizio di merito avanti al Tribunale di Milano è stato introdotto da Blackboard per negare la fondatezza delle contestazioni mossele, in una con la deduzione dell’inadempimento di Berneda, tra il resto, agli obblighi di preavviso, di riconoscimento di premi percentuali sul fatturato annuo, e di ‘esclusivà a suo favore, asseritamente violata mediante la distribuzione on line o attraverso società del gruppo.

Va d’altra parte considerato come le stesse domande riconvenzionali dedotte in giudizio da Berneda (o almeno parte di esse) attestino l’esistenza tra i contraenti di un rapporto obbligatorio non riducibile nei limiti della compravendita, ed invece connotato da prestazioni più articolate ed eterogenee, per loro natura riferibili ad un quadro assai più ampio e più persuasivamente ascrivibile alla concessione di vendita.

Da qui la deduzione in giudizio da parte della società spagnola di domande specificamente mirate sulla violazione, ad opera della società italiana, di obblighi di natura prettamente promozionale e distributiva di rete, a detta della stessa Berneda concretanti “colpevole inadempimento al rapporto di concessione”.

Si tratta di elementi che travalicano di molto i profili di segno contrario non dirimenti in ordine alla natura giuridica del rapporto – rimarcati da Berneda, quali la mancanza di un formale contratto-quadro (non essenziale) o le modalità di fatturazione dei corrispettivi.

p. 3.3 Quanto agli aspetti caratterizzanti la concessione di vendita (come qui riscontrabili) ed alla sua inclusione nell’ambito della “prestazione di servizi” di cui alla lett. b), art. 7 Reg. cit., rileva quanto osservato da questa corte di legittimità in ordine al fatto che si tratti di un contratto atipico, “non inquadrabile tra quelli di scambio con prestazioni periodiche”, ed avente natura di “contratto normativo”, dal quale deriva per il concessionario il duplice obbligo di promuovere la formazione di singoli contratti di compravendita (rivendita) e di concludere contratti di puro trasferimento dei prodotti che gli vengono forniti alle condizioni fissate nell’accordo iniziale (Cass. Sez.2, n. 4948/17; Sez. 1, n. 3990/10).

Ulteriori e conformi indicazioni in tal senso provengono anche dal diritto Eurounitario, laddove si è osservato (CGUE 8 marzo 2018 cit., con ulteriori richiami) che il contratto di concessione di vendita costituisce, ai fini del Regolamento, un contratto di “prestazione di servizi”, e non di compravendita di merci, atteso che:

– “(p. 38) per quanto concerne la questione se un contratto possa essere qualificato come “contratto di prestazione di servizi” ai sensi dell’art. 7, punto 1, lett. b), secondo trattino, del regolamento n. 1215/2012, va ricordato che la nozione di “servizi” implica, quanto meno, che la parte che li fornisce effettui una determinata attività in cambio di un corrispettivo (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2017, Kareda, C-249/16, EU:C:2017:472, punto 35 e giurisprudenza ivi citata)”;

– (p. 39) tale attività ha ad oggetto comportamenti positivi di azione (dunque non omissivi) il che, nel caso della concessione di vendita, corrisponde “alla prestazione caratteristica fornita dal concessionario, il quale, garantendo la distribuzione dei prodotti del concedente, contribuisce ad ampliarne la diffusione”;

– il concessionario è in grado di offrire ai clienti servizi e vantaggi che un semplice rivenditore non può offrire e, pertanto, di conquistare, a vantaggio dei prodotti del concedente, una maggiore porzione del mercato locale; ciò in virtù “della garanzia di approvvigionamento di cui beneficia in forza del contratto di concessione, ed eventualmente della sua partecipazione alla strategia commerciale del concedente, in particolare alle operazioni promozionali, elementi la cui constatazione rientra nella competenza del giudice nazionale, (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2013, Corman-Collins, C-9/12, EU:C:2013:860, punto 38 e giurisprudenza ivi citata)”;

– (p. 40) rilevano a tal fine ulteriori elementi caratterizzanti, quali “(…) il vantaggio concorrenziale conferito al concessionario dal beneficio, stante il contratto concluso fra le parti, di una esclusiva o quasi-esclusiva per vendere i prodotti del concedente in un dato mercato e, dall’altro, di un eventuale aiuto fornito al concessionario in materia di accesso agli strumenti pubblicitari, di trasmissione di know-how per mezzo di attività di formazione, o ancora di agevolazioni di pagamento, potendosi ritenere che il complesso di siffatti vantaggi costituisca una remunerazione del concessionario (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2013, Corman-Collins, C-9/12, EU:C:2013:860, punti 39 e 40)”.

Tutti questi parametri – univocamente rilevabili nella fattispecie concreta qui dedotta – depongono nel senso che “ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale, un contratto di concessione esclusiva o quasi-esclusiva rientra, in via di principio, nell’ambito della nozione di “contratto di prestazione di servizi” (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2013, Corman-Collins, C-9/12, EU:C:2013:860, punti 27, 28 e 41)”.

Va da ultimo osservato come il richiamato criterio dell'”obbligazione caratteristica”, in quanto comportante l’individuazione della giurisdizione a seconda del contratto complessivamente considerato e qualificato in base alla obbligazione che più lo connota, fa sì che la giurisdizione così stabilita attragga a sè ogni domanda dedotta in giudizio che abbia riguardo al medesimo rapporto obbligatorio così definito. Da ciò consegue che, nella specie, la giurisdizione del giudice italiano vada affermata con riguardo a tutte indistintamente le domande oggetto del giudizio intrapreso avanti al Tribunale di Milano, le quali trovano appunto tutte radice nel medesimo rapporto obbligatorio così definito.

p. 4. Non sussistono i presupposti della responsabilità processuale aggravata, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 96 c.p.c., come invocati da Blackboard, stanti i margini di controvertibilità della qualificazione giuridica del contratto e l’assenza di elementi tali da accreditare il carattere puramente strumentale e dilatorio del presente procedimento (Cass. SSUU ord. n. 3057/09).

P.Q.M.

La Corte:

dichiara la giurisdizione del giudice italiano, cui demanda la liquidazione delle spese del presente procedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020

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