Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29171 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 13/11/2018, (ud. 07/06/2018, dep. 13/11/2018), n.29171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6927/2014 proposto da:

N.I.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIRSO 90,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PATRIZI, rappresentato e

difeso dagli avvocati ANNA ORLANDO, RAFFAELE PIGNATARO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

A. BERTOLONI 27, presso lo studio dell’avvocato ANDREA VARANO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO NICCOLAI, giusta

procura speciale notarile in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 632/2013 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 29/11/2013 R.G.N. 269/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2018 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito l’Avvocato VARANO ANDREA per delega Avvocato ALBERTO NICCOLAI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 632 del 2013 la corte d’Appello di Potenza, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città del 2012, ha respinto la domanda N.I.M., ex dipendente in qualità di quadro direttivo della Banca Monte dei Paschi di Siena, dal 30.6.2008 in pensione, diretta a far accertare il diritto al riconoscimento del premio aziendale di rendimento anche per l’anno 2008, relativo al periodo gennaio-giugno 2008.

La corte di merito ha rilevato che dall’esame della documentazione prodotta in primo grado dalla Banca si ricavava che effettivamente era stato corrisposto anche il premio aziendale per la parte di anno 2008 sino alla cessazione del servizio. In particolare la corte ha precisato che il piano di incentivazione all’esodo predisposto per il 2008 prevedeva l’erogazione di una somma una tantum lorda integrata dal premio di rendimento aziendale ultimo percepito, di competenza del 2007 ed erogato nel 2008, e che dall’esame della documentazione prodotta si ricavava che con cedolino paga del 27.2.2008, al N. era stato corrisposto il premio aziendale per il 2007, unitamente alla somma di incentivo all’esodo pari ad Euro 103.286,89 comprensiva anche del premio annuale di rendimento corrisposto per l’intero anno 2008, nella stessa misura di quello percepito nel febbraio 2008 e relativo all’anno di competenza 2007. Ciò in quanto la somma una tantum corrispondeva esattamente ad una annualità di retribuzione, ammontante per il N., ad Euro 86.786,89.

Avverso la sentenza impugnata ha proposto ricorso per cassazione N.I.M. affidato ad un solo motivo, a cui ha resistito Monte Paschi Siena spa con controricorso, poi illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico articolato motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362,1363 e 1370 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte errato nell’interpretare le norme contrattuali inserite nella circolare relativa al piano di incentivazione all’esodo, mentre dal tenore letterale delle stesse si comprenderebbe espressamente che la somma una tantum erogata in occasione del pensionamento è costituita da un’annualità di retribuzione lorda, integrata dal premio di rendimento aziendale ultimo percepito e non da un elemento retributivo corrisposto anticipatamente dalla Banca. In particolare secondo il ricorrente la circolare della banca relativa all’esodo incentivato andava interpretata nel senso che l’importo complessivo da erogare come incentivo all’esodo era costituito non solo dalla retribuzione annuale lorda, ma altresì dal premio di rendimento dell’ultimo anno di lavoro, nel caso in esame il 2008 sino al mese di luglio.

Il motivo è inammissibile. Il ricorrente fonda le sue doglianze su una non corretta interpretazione da parte della corte di merito delle clausole contenute nella circolare della banca relativa al piano di incentivazione all’esito, predisposto dalla banca, che stabiliva il contenuto della somma una tantum riconosciuta al quadro che si pensionava e le modalità di erogazione di tale somma. Ma ancora il ricorrente, al fine di evidenziare la volontà della datrice di lavoro di non erogare il premio di rendimento aziendale in contrasto o con la citata circolare, fa riferimento anche ad una lettera inviata dalla banca al dipendente, lettera di cui viene trascritta un sola incompleta frase. Tali documenti, decisivi per poter valutare la corretta o meno interpretazione fornita dalla corte di merito della fonte contrattuale del diritto vantato dal N., non sono stati nè trascritti in ricorso nella parte quanto meno rilevante al fine di consentire di rendere conoscibile a questa corte il punto rilevante della disciplina contrattuale fonte del diritto vantato, ma neanche è stato indicato nel ricorso il deposito di tali atti e la loro esatta collocazione nei fascicoli di parte, così impedendo un esame diretto delle norme contrattuali di cui si lamenta l’errata interpretazione, con evidente violazione del principio di autosufficienza sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Deve inoltre rilevarsi anche una mancanza di specificità del motivo, che fa riferimento alla sola censura di violazione del canone di ermeneutica con riferimento alle norme contrattuali ed al piano di incentivazione, senza prendere in esame la precisa ratio decidendi della corte, che ha ritenuto che all’atto dell’ esodo al N., era stato erogato il premio di rendimento aziendale per l’intero anno 2008, nella stessa misura di quello già percepito nell’anno precedente, in aggiunta all’una tantum pari ad un’annualità di retribuzione, come previsto dal piano di incentivi.

Va pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente, soccombente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, a cui va aggiunto il pagamento del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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