Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29165 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 13/11/2018, (ud. 29/05/2018, dep. 13/11/2018), n.29165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16096-2016 proposto da:

S.C.V., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE BERSANI, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

PICCOLA CASA DIVINA PROVVIDENZA SOCIETA’ COOPERATIVA SOCIALE – RSA

“LUIGI CORAZZA”;

– intimata –

Nonchè da:

PICCOLA CASA DIVINA PROVVIDENZA SOCIETA’ COOPERATIVA SOCIALE – RSA

“LUIGI CORAZZA”, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DIRE DAUA 2, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI CRESCELLA, rappresentata e difesa

dall’avvocato STEFANO GUARNASCHELLI, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

S.C.V.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1110/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 26/01/2016 R.G.N. 680/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/05/2018 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del primo motivo;

accoglimento secondo motivo, assorbimento terzo e inammissibilità

o, in subordine rigetto ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Lodi, accogliendo le domande proposte da S.C., dichiarava illegittimo sia il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatole il 13.5.11 dalla datrice di lavoro soc.coop. sociale Piccola Casa Divina Provvvidenza, sia il licenziamento per giusta causa intimatole il 6.9.11 durante il periodo di preavviso, condannando la cooperativa a reintegrare la lavoratrice nel suo posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento all’effettiva reintegra, detratto l’aliunde perceptum. Osservava il Tribunale che, nonostante fosse stata accertata la soppressione della posizione lavorativa di responsabile amministrativa di una delle strutture amministrative gestite a (OMISSIS) dalla cooperativa, non era stato rispettato il principio di buona fede nella scelta della lavoratrice, essendovi altra dipendente ( P.) che svolgeva mansioni del tutto sovrapponibili presso altra struttura ed aveva minore anzianità di servizio e minori carichi di famiglia rispetto alla S.. Quanto al licenziamento per giusta causa intimatole durante il periodo di preavviso, riteneva non provati gli addebiti mossi alla lavoratrice (negligenza nella tenuta della documentazione amministrativa).

Avverso tale sentenza proponeva appello la società cooperativa; resisteva la S..

Con sentenza depositata il 26.1.16, la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava l’illegittimità solo del secondo licenziamento per giusta causa, respingendo per il resto l’originaria domanda.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la S., affidato a tre motivi, cui resiste la soc. cooperativa con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato affidato ad unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Con il primo motivo la S. denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5 e L. n. 300 del 1970, art. 18, artt. 1175,1375 e 2697 c.c., L. n. 223 del 1991, art. 5 e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta in sostanza che in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per la soppressione del posto di lavoro cui era addetto la lavoratrice, il datore di lavoro ha l’onere di provare non solo che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa per l’espletamento di mansioni equivalenti, ma anche, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, di aver prospettato al dipendente, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale.

Il motivo è infondato.

Ed invero, avendo la sentenza impugnata accertato la soppressione del posto di lavoro della S., deve rilevarsi che seppure in talune pronunce di questa Corte è stato affermato che in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore (ma solo in caso di sua sopravvenuta inidoneità fisica), questi è tenuto ad allegare l’esistenza di altri posti di lavoro presso cui poter essere ricollocato, inclusi quelli determinanti una dequalificazione, ed a manifestare la disponibilità a ricoprire le mansioni di livello inferiore, mentre sul datore grava l’onere di provare, solo nei limiti delle allegazioni della controparte, l’impossibilità di assegnarlo a mansioni diverse (Cass. n. 10018/16), successivamente questa Corte ha chiarito che (Cass. n. 13379/17) in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore, solo qualora questi svolgeva ordinariamente in modo promiscuo mansioni inferiori, oltre quelle soppresse, sussiste a carico del datore di lavoro l’obbligo di repechage anche in ordine a mansioni inferiori.

Nella specie non ricorre tale ipotesi, essendo risultata la S. addetta unicamente all’ufficio amministrativo della Casa di riposo Corazza, soppresso ed incorporato nell’ufficio amministrativo della Casa di riposo Trabattoni cui, per ragioni organizzative, incensurabili in questa sede, venne addetto un solo responsabile amministrativo.

Deve allora evidenziarsi che (cfr. Cass. n. 25653/17), quando la ragione del recesso per giustificato motivo oggettivo consiste nella soppressione di uno specifico servizio e non si identifica nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, il nesso causale tra detta ragione e la soppressione del posto di lavoro è idoneo di per sè a individuare il personale da licenziare, senza che si renda necessaria la comparazione con altri lavoratori dell’azienda,

Va infine considerato che la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., peraltro erroneamente denunciata come semplice violazione di legge in base all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , non trova alcun riferimento e tanto meno alcuno sviluppo argomentativo nel corpo del motivo.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, artt. 1175,1375 e 2697 c.c., oltre che dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta in sostanza che la sentenza impugnata ritenne assolto l’onere di provare l’impossibilità di ricollocare la lavoratrice presso l’azienda sulla base della sola circostanza che quest’ultima non aveva indicato quali altre mansioni fossero scoperte ed utilmente ad essa affidabili.

Il motivo è fondato in base alla giurisprudenza di questa Corte (che ha escluso la sussistenza in materia di un onere di allegazione da parte del lavoratore circa altre posizioni lavorative utili e disponibili, Cass. n. 5592/16, Cass. n. 12101/16, Cass. n. 24882/17), mentre nella sentenza impugnata non si rinvengono neppure argomenti idonei a ritenere raggiunta la prova dell’impossibilità di repechage attraverso presunzioni (su cui cfr. Cass. n. 24882/17), avendo piuttosto essa risolto la questione in base alla sola mancanza di allegazioni, da parte della lavoratrice, di altre utili posizioni di lavoro in azienda, per giunta affermando che “intanto il datore di lavoro è tenuto a dimostrare l’impossibilità di utilizzo del lavoratore, in quanto questi, sin dal ricorso introduttivo, indichi precise posizioni (lavorative) ricopribili” (pag. 11 sentenza impugnata).

3.-Con il terzo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, lamentando che la sentenza impugnata aveva omesso di esaminare l’accordo sindacale 16.11.09, stipulato ai sensi della L. n. 428 del 1990, art. 47 in base al quale le parti convennero, in occasione della fusione per incorporazione della coop. Sociale Luigi Corazza nella soc. coop. odierna controricorrente, il mantenimento dell’organico.

Il motivo, peraltro erroneamente qualificato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., è infondato, avendo la sentenza impugnata esaminato il fatto, ritenendolo non decisivo per risalire ad un anno e mezzo prima il licenziamento in questione, restando evidentemente libera la controricorrente di procedere ad un licenziamento per soppressione del posto di lavoro verificatasi a tale notevole distanza di tempo.

4.- Il ricorso incidentale, diretto ad una rivalutazione dei fatti inerenti la sussistenza di una giusta causa di licenziamento in costanza del periodo di preavviso, resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo, restando da accertare la legittimità o meno del primo licenziamento.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, respinge il primo ed il terzo, e dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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