Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29161 del 20/10/2021

Cassazione civile sez. II, 20/10/2021, (ud. 03/03/2021, dep. 20/10/2021), n.29161

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17567/2017 R.G. proposto da:

D.C., e D.D., rappresentati e difesi

dall’Avv. Adolfo Riitano, unitamente all’Avv. Bruno Riitano, con

procura speciale in calce al ricorso e con domicilio eletto in Roma,

via Romeo Romei n. 19, presso lo studio degli stessi difensori;

– ricorrenti –

contro

D.M., D.F., D.E., e

D.S., rappresentati e difesi dall’Avv. Vincenzo Carnevale,

con procura speciale rilasciata a margine del controricorso e con

domicilio in Roma, via Gabriele Camozzi n. 1, presso lo studio del

medesimo difensore;

– controricorrenti –

contro

DE.MI., e DE.CL.;

– intimandi –

avverso la. sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3573 depositata

il 4 giugno 2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 marzo 2021

dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.

 

Fatto

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:

– il Tribunale di Roma, con sentenza n. 12049 del 2002, respingeva l’opposizione alle delibere di comproprietà di beni immobili del 31.03.1998, notificata il 29/30.04.1998 da C., Mi., Cl. e D.D. nei confronti dei comunisti S., E., M. e F. relativa alla gestione dei tre immobili caduti in comunione ereditaria ritenendo che l’individuazione delle quote dei singoli partecipanti alla comunione avesse scopo meramente strumentale e provvisorio ad assicurare la gestione dei beni comuni nell’interesse della comunione e di tutti i condomini;

– siffatta decisione veniva condivisa anche dalla Corte di appello di Roma, adita da C. e De.Mi., con sentenza n. 4295 del 2009;

– a seguito di ricorso per cassazione proposto dai medesimi C. e De.Mi., la Corte di Cassazione, in accoglimento del primo motivo, relativo alla determinazione delle quote, con decisione n. 11264 del 2011, cassava la sentenza impugnata con rinvio alla medesima Corte distrettuale;

– riassunto il giudizio ex art. 392 c.p.c. dai D., C. e Mi., il giudice del rinvio ha respinto il gravame rilevando che sulla base della espletata c.t.u. era emerso che le quote ereditarie spettanti a ciascuno dei soggetti in comunione ereditaria dei beni per legittima, per disposizione testamentaria e per rappresentazione corrispondevano, salvo qualche trascurabile arrotondamento del terzo decimale, alle singole quote attribuite nelle tabelle di cui al verbale dell’assemblea del 31.03.1998, con compensazione integrale delle spese processuali;

– per la cassazione del provvedimento della Corte d’appello di Roma ricorrono C. e De.Mi., sulla base di un unico motivo relativo alla disposta compensazione delle spese;

– resistono con controricorso i soli M., F., E. e D.S., rimasti intimandi Cl. e De.Mi. (nei confronti dei quali non risulta essersi perfezionata la notificazione del ricorso);

– in data 12.02.2021 è stata depositata in cancelleria dichiarazione, a firma congiunta di tutte le parti, finalizzata ad ottenere la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, avendo nelle more raggiunto una definizione bonaria della controversia, come da atto pubblico di transazione del 30 ottobre 2020, a firma del notaio Dott. V.M., repertorio n. (OMISSIS), allegato all’istanza depositata.

Per l’effetto deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.

Infatti, nel caso in cui nel corso del giudizio di legittimità le parti definiscano la controversia con un accordo convenzionale, la Corte deve dichiarare cessata la materia del contendere, con conseguente venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata, non essendo inquadrabile la situazione in una delle tipologie di decisione indicate dall’art. 382 c.p.c., comma 3, artt. 383 e 384 c.p.c. e non potendosi configurare un disinteresse sopravvenuto delle parti per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta dello stesso (Cass., Sez. Un., n. 8980 del 2018).

Nulla va disposto quanto alle spese, avendo le parti nella transazione regolato anche tale profilo.

Non sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, perché la ratio di tale disposizione va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicché tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria ovvero per il rigetto, ma non per la cessazione di interesse ad una pronuncia sopravvenuta (cfr Cass. n. 13636 del 2015).

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte di Cassazione, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2021

 

 

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