Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29160 del 11/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/11/2019, (ud. 23/05/2019, dep. 11/11/2019), n.29160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10044 – 2018 R.G. proposto da:

F.M. – c.f. (OMISSIS) – C.A. – c.f. (OMISSIS) –

elettivamente domiciliati in Roma, alla piazza delle Medaglie d’Oro,

n. 72, presso lo studio dell’avvocato Claudio Ciufo, che

disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Roberto Feltrin li

rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

P.A. – c.f. PRDNGL46C05L058F -;

– intimato –

avverso la sentenza della corte d’appello di Venezia n. 119/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23 maggio 2019 dal consigliere Dott. Abete Luigi.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto in data 10.10.2011 notificato ai sensi dell’art. 150 c.p.c. F.M. e C.A., contitolari della quota indivisa di 1/4 del fondo sito in Comune di (OMISSIS), alla via (OMISSIS) (in catasto al fol. (OMISSIS), partt. (OMISSIS)), citavano a comparire dinanzi al tribunale di Treviso gli eredi di Fa.Ca., ovvero Fa.Em., + ALTRI OMESSI.

Chiedevano che il tribunale dichiarasse l’intervenuto acquisto per usucapione da parte loro della piena proprietà della quota indivisa dei 3/4 dell’anzidetto fondo. I convenuti non si costituivano e venivano dichiarati contumaci.

Interveniva P.A..

Chiedeva dichiararsi l’intervenuto acquisto per usucapione da parte sua della piena proprietà della quota indivisa dei 3/4 del medesimo fondo.

All’esito dell’istruzione probatoria, con sentenza n. 27/2015 il tribunale adito rigettava la domanda degli attori, dichiarava ammissibile l’intervento spiegato da P.A., dichiarava P.A. titolare, per intervenuta usucapione, della quota indivisa della piena proprietà dei 3/4 del fondo in Comune di (OMISSIS), alla via (OMISSIS), condannava gli attori a rimborsare all’intervenuto le spese di lite ed a farsi carico delle spese di c.t.u..

Interponevano appello F.M. e C.A..

Resisteva P.A..

Con sentenza n. 119/2018 la corte d’appello di Venezia dichiarava la nullità della sentenza di primo grado, pronunciata a contraddittorio non integro in ipotesi di litisconsorzio necessario, rimetteva le parti dinanzi al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c. e compensava le spese del doppio grado.

Evidenziava – la corte – che l’intervento di P.A. doveva reputarsi senz’altro ammissibile, giacchè, conformemente al disposto dell’art. 268 c.p.c., era avvenuto entro le ore 10,00 dell’udienza del 3.4.2014, in precedenza fissata per la precisazione delle conclusioni.

Evidenziava nondimeno che la domanda di usucapione, di cui alla comparsa di intervento di P.A., non risultava notificata ai contumaci eredi Fa.; che dunque il primo giudice, a garanzia dell’integrità del contraddittorio in un’ipotesi di litisconsorzio necessario, avrebbe dovuto disporne la notifica agli eredi originari convenuti, in quanto destinati a subire gli effetti di un’eventuale pronuncia di usucapione.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso F.M. e C.A.; ne hanno chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

P.A. non ha svolto difese.

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 3,24 e 111 Cost. e dell’art. 101c.p.c. e art. 268 c.p.c., comma 1.

Deducono che, cosi come risulta dal relativo verbale, l’udienza del 3.4.2014 era già conclusa allorchè P.A. ebbe ad intervenire; che quindi la corte d’appello avrebbe dovuto pregiudizialmente dichiarare l’inammissibilità dell’intervento.

Il primo motivo di ricorso va respinto.

Va in primo luogo rimarcato quanto segue.

Successivamente all’udienza del 3.4.2014, così come gli stessi ricorrenti riferiscono, “il G.I. fissava nuovamente la comparizione delle parti per l’udienza del 27.05.2014, quindi fissava nuova udienza di precisazione delle conclusioni per il 02.10.2014” (così ricorso, pag. 3).

All’udienza del 27.5.2014, così come esplicitamente si evince dal relativo verbale, ebbe a comparire l’avvocato Feltrin Roberto, difensore degli iniziali attori – ricorrenti in questa sede – il quale ebbe a contestare espressamente, per asserita tardività, “la legittimità e fondatezza dell’atto di intervento depositato dal P.A.” e ad opporsi “alla produzione di qualunque documento da parte dell’interveniente”.

In tal guisa per nulla si giustifica l’assunto dei ricorrenti, secondo cui l’udienza del 3.4.2014 era terminata “con il trattenimento della causa in decisione, ed era così maturato il termine finale entro il quale era concesso al terzo di intervenire nel processo” (così ricorso, pagg. 5 – 6).

Va in secondo luogo rimarcato quanto segue.

Così come esplicitamente si evince dal relativo verbale, all’udienza del 3.4.2014 l’istruttore ebbe a rilevare che la causa (per cui è allo stato ricorso per cassazione) era “stata trattata prima dell’ora prefissata dal giudice”, ovvero che “per una svista ne è stata accettata la trattazione ad ore 9.00”, sicchè ebbe a rimetterla sul ruolo ed a fissare per la comparizione delle parti a contraddittorio integro l’udienza del 27.5.2014 con comunicazione al difensore degli attori (ricorrenti in questa sede). Tale condotta processuale valeva a rifissare, doverosamente, con salvezza del contraddittorio e del diritto di difesa, una udienza in cui legittimamente poteva essere spiegato intervento, come avvenne.

In tal guisa per nulla si giustifica l’assunto dei ricorrenti, secondo cui “l’attività successiva che risulta dal verbale di udienza (…) consistente nella riapertura del verbale su richiesta del terzo, senza la presenza dell’avvocato delle parti costitute, (…) viola il principio del contraddittorio (…), conseguenza ne è che tutta l’attività successiva a tale udienza risulta viziata di nullità assoluta” (così ricorso, pag. 6).

Ovviamente, in questo quadro, a riscontro dell’insussistenza, segnatamente, della pretesa violazione e falsa applicazione dell’art. 268 c.p.c., comma 1, è sufficiente il riferimento all’insegnamento di questa Corte a tenor del quale la disposizione dell’art. 268 c.p.c. va intesa nel senso che il termine finale per spiegare intervento è rappresentato dal provvedimento mediante il quale il giudice istruttore rimette le parti al collegio, fissando l’udienza collegiale per la discussione e spogliandosi in tal modo della causa, ovvero è rappresentato dai provvedimenti con i quali il giudice istruttore, fatte precisare le conclusioni, dispone ai sensi dell’art. 281 quinquies c.p.c., commi 1 e 2, oppure ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., comma 1; fino a quando tali provvedimenti non siano stati emessi, anche se le parti siano state invitate dall’istruttore a precisare le conclusioni, l’intervento del terzo è ammissibile (cfr. Cass. 21.10.1965, n. 2173).

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

Deducono che le spese del giudizio dovevano essere poste a carico del terzo intervenuto, P.A., che aveva dato causa alla nullità.

Deducono inoltre che la compensazione delle spese doveva essere motivata. Il secondo motivo di ricorso del pari va respinto.

Evidentemente le ragioni alla luce delle quali è stata – in precedenza – riscontrata la ritualità dell’intervento spiegato in prime cure da P.A., rendono del tutto ingiustificato l’assunto dei ricorrenti – veicolato dal secondo mezzo – a tenor del quale le spese di lite erano da porre a carico dell’interveniente, chè “ha chiesto di riaprire il verbale d’udienza senza la presenza della controparte già costituita, (…) intervenendo oltre il termine di cui all’art. 268 c.p.c., comma 1” (così ricorso, pag. 8).

D’altra parte, se è vero che il giudice di appello, qualora annulli la sentenza impugnata per difetto di contraddittorio ai sensi dell’art. 354 c.p.c., può provvedere – oltre che sulle spese d’appello – anche sulle spese del giudizio di primo grado, senza necessità di rimettere la relativa decisione al giudice nuovamente investito della causa, qualora ritenga di avere sufficienti elementi per stabilire a quali delle parti debba essere attribuita l’irregolarità che ha dato luogo alla rimessione della causa al primo giudice (cfr. Cass. 16.7.2010, n. 16765; Cass. 5.5.2003, n. 6762), devesi ritenere che la corte distrettuale abbia legittimamente, ovvero sulla scorta di sufficienti elementi, regolamentato pur le spese di prime cure, all’uopo compensandole al pari delle spese di seconde cure.

Più esattamente, è vero che P.A. ha omesso la notifica della comparsa di intervento ai convenuti contumaci.

E tuttavia, per un verso, siffatta omissione ha acquisito rilievo nella fase finale del giudizio di primo grado; per altro verso, le ragioni di inammissibilità – in quanto (asseritamente) tardivo – dell’intervento prefigurate da F.M. e C.A. sin dall’udienza, in prime cure, del 27.5.2014 e poi, in seconde cure, con il primo motivo d’appello si sono palesate destituite di fondamento.

Cosicchè, da un canto, la compensazione delle spese e di prima istanza e di seconda istanza si giustifica alla luce del paradigma normativo della reciproca soccombenza (cfr. Cass. (ord.) 22.8.2018, n. 20888, secondo cui la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92 c.p.c., comma 2), si verifica – anche in relazione al principio di causalità – nelle ipotesi in cui vi è una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che siano state cumulate nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero venga accolta parzialmente l’unica domanda proposta, sia essa articolata in un unico capo o in più capi, dei quali siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri; Cass. 22.2.2016, n. 3438).

Cosicchè, d’altro canto, la compensazione delle spese e di prima istanza e di seconda istanza si giustifica pur alla luce del paradigma normativo delle “altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”, di cui al testo dell’art. 92 c.p.c., comma 2 (susseguente alla novella di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11) applicabile (ai giudizi instaurati successivamente al 4.7.2009 e quindi) al caso di specie ratione temporis (il giudizio in prime cure ha avuto inizio, si ribadisce, con atto di citazione del 10.10.2011).

Propriamente, a tal ultimo riguardo, se è vero che le “gravi ed eccezionali ragioni” che legittimano la compensazione totale o parziale delle spese di lite, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica, inidonea a consentire il necessario controllo (cfr. Cass. (ord.) 14.7.2016, n. 14411), il riferimento contenuto nella sentenza d’appello alla circostanza per cui “la causa di nullità è emersa solo in corso di giudizio” (così sentenza d’appello, pag. 6), rette nella parte finale del giudizio di primo grado, indiscutibilmente ed appieno soddisfa, in particolare ai fini dell’integrale compensazione delle spese di primo grado, la previsione codicistica delle “gravi ed eccezionali ragioni” da indicarsi esplicitamente nella motivazione.

P.A. non ha svolto difese; nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità va pertanto assunta.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, cit..

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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