Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2916 del 10/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2916 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA

Accertamento —
Eccezione di
pertinenzialità

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 28774/07) proposto da:
VOZELLA ANGELA, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avv.to Nazzareno Siccardi del foro di Savona e dall’Avv.to Mario Contaldi del foro di Roma ed
elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Pierluigi da Palestrina n.
63;
– ricorrente contro
CEPOLLINA GIACOMO, rappresentato e difeso dall’Avv.to Stefano Carrara Sutour del foro di
Savona e dall’Avv.to Ilaria Romagnoli del foro di Roma, in virtù di procura speciale apposta in
calce al controricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima in Roma, via
Livio Andronico n. 24;

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Data pubblicazione: 10/02/2014

- controricorrente e contro
VOZELLA ELVIRA

– intimata –

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 23 ottobre 2013 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito l’Avv.to Ilaria Romagnoli, per parte resistente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Sergio Del
Core, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 29 luglio 1991 Giacomo CEPOLLINA evocava, dinanzi al
Tribunale di Savona, Angela ed Angelo VOZELLA esponendo di essere divenuto proprietario iure
hereditatis dal padre di un magazzino sito in Loano, avente ingresso da via Boragine n. 15,
ereditato dal fratello Antonio Cepollina altro magazzino, confinante con il suo, con accesso da
Corso Roma n. 8, bene che aveva venduto ai VOZELLA; aggiungeva che nella sua proprietà
esclusiva rientrava anche un vano servizi, che illegittimamente era stato annesso ai locali di corso
Roma, per cui chiedeva che venisse accertata la proprietà esclusiva di detto bene in capo
all’attore, con condanna dei VOZELLA all’immediato rilascio.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei convenuti, il giudizio veniva interrotto a seguito
del decesso di Angelo Vozella, riassunto nei confronti di Elvira VOZELLA, oltre che di Angela,
rimasta contumace la prima, il giudice adito, accoglieva la domanda attorea, condannando le
convenute all’immediato rilascio della porzione immobiliare in contesa.

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avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 551 depositata il 5 maggio 2007.

In virtù di rituale appello interposto da Angela VOZELLA, con il quale oltre ad insistere
nell’eccezione di estinzione del giudizio, nel merito, ribadiva le difese svolte in primo grado, la
Corte di appello di Genova, nella resistenza del CEPOLLINA, rigettava il gravame.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale osservava — per quanto qui di interesse —

che il piccolo locale in contestazione era stato interamente ricavato all’interno del magazzino di
via Boragine, insistendo del tutto dentro la sua volumetria. In tal senso deponeva anche la
documentazione catastale, sulla base della quale era stata articolata la denuncia successoria;
d’altra parte lo stesso titolo successorio faceva riferimento alle mappe catastali.
Concludeva che le stesse dichiarazioni successorie erano state richiamate nell’atto di
trasferimento da Antonio Cepollina ai Vozella, inconferenti i riferimenti alla servitù per
destinazione del padre di famiglia per essere stato l’attore del tutto privato del possesso del bene,
al pari del richiamo alla pertinenzialità, tale non potendo essere considerato il wc rispetto al
negozio.
Avverso la indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione Angela VOZELLA, articolato su
tre motivi, al quale ha replicato il solo CEPOLLINA con controricorso, non anche Elvira VOZELLA,
pur regolarmente intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 810, 832, 948 e
2697 (per mero errore indicato l’art. 2976) c.c., oltre a vizio di motivazione su un punto decisivo
della controversia, in particolare, dopo avere riportato passi della decisione di prime cure e le
relative critiche formulate in appello, la Vozella nel ripercorrere l’iter argomentativo della corte di
merito, censura l’equivoco se non oscuro significato delle frasi che vengono utilizzate per
descrivere il trasferimento della proprietà, sia mediante il testamento sia attraverso il contratto di

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che gli accertamenti espletati in sede di ispezione, nonché i rilievi dei luoghi avevano evidenziato

compravendita. Eguali considerazioni vengono svolte quanto alla pertinenzialità. Prosegue la
ricorrente assumendo che dalla sentenza non emergerebbero gli elementi del convincimento,
giacchè la circostanza che il locale si trovi nel perimetro del locale dell’originario attore non
giustificherebbe le conclusioni, dal momento che il gabinetto era stato costruito dal comune dante

uno dei suoi due depositi in locale a destinazione commerciale ed allocava il wc all’interno del
vano che conservava l’originaria destinazione di deposito, all’evidente scopo di non diminuirne la
nuova e di maggior pregio area commerciale, la sola alla quale il wc veniva collegato con una
porta. In altri termini, la corte territoriale non spiegherebbe perché un vano non accessibile da un
locale cui si ritiene appartenga possa essere ritenuto parte di esso, soprattutto dal momento che
la realizzazione del wc è stata fatta proprio dal comune dante causa di entrambi i locali e posto a
servizio esclusivo dell’area commerciale. A conclusione di questa prima parte del motivo viene
posto il seguente quesito di diritto: “Statuisca la Suprema Corte quale sia, in relazione a domanda

di rivendica di proprietà di bene immobile, l’onus probandi incombente sull’attore in causa,
statuendo in particolare se tale onere si estrinsechi nella dimostrazione, a titolo derivativo, della
titolarità del diritto di proprietà in capo ai precedenti danti causa fino a risalire ad un acquisto a
titolo originario, o il compimento dell’usucapione; stabilisca altresì la Suprema Corte se siano o
meno idoneo mezzo di prova, in proposito, due schede catastali formate da soggetto terzo
rispetto alle parti in causa”.

causa dei fratelli CEPOLLINA, prima della successione testamentaria, allorchè aveva trasformato

Prosegue la ricorrente evidenziando vizio di omessa motivazione laddove la corte di merito non
avrebbe analizzato la volontà del testatore di cui alle disposizioni e traendo errate conclusioni dal
mancato riferimento ai vani accessori.
Relativamente alla pretesa erronea affermazione della corte distrettuale secondo cui “ai Vozella
poteva essere trasferito soltanto ciò che il loro dante causa aveva ricevuto in eredità”, la
ricorrente formula il seguente quesito di diritto: “Statuisca la Suprema Corte, in relazione a

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domanda di rivendica di proprietà di bene immobile, qual sia l’onere probatorio in capo al
convenuto al fine di neutralizzare la domanda attorea, ed in particolare se esso convenuto abbia
o meno l’onere di provare il proprio diritto di proprietà sul bene rivendicato ex adverso, mediante
dimostrazione, a titolo derivativo, della titolarità del diritto di proprietà in capo ai precedenti danti

Il mezzo conclude la critica di omessa e/o insufficiente motivazione sul ragionamento della corte
territoriale secondo cui “il confine che si ricava dalle mappe catastali non può essere nato in
epoca successiva al titolo in forza del quale la proprietà viene oggi rivendicata”: definisce oscuro
il ragionamento essendo pacifico che le mappe erano successive al titolo di acquisto.
Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 817 e 818
c.c., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, con riferimento alla parte della
sentenza della corte territoriale che ha rigettato l’eccezione dell’appellante volta ad ottenere
declaratoria del vincolo pertinenziale tra il negozio di corso Roma ed il vano accessorio destinato
a gabinetto di decenza, non avendo indicati gli elementi sulla base dei quali avrebbe tratto il
proprio convincimento. Il mezzo culmina nei seguente quesito di diritto: “Statuisca la Suprema

Corte se, nel caso di originario unico proprietario di un complesso fondo immobiliare, costituito da
un fondo commerciale e da un magazzino a mero deposito, il quale abbia destinato durevolmente
e continuativamente un piccolo vano adibito a locale wc a servizio esclusivo del fondo
commerciale stesso, tale piccolo vano wc costituisca pertinenza di esso fondo ai sensi dell’art.
817 c.c., soggetta al regime di cui all’art. 818 c.c., anche a seguito di successiva attribuzione dei
due fondi a diversi proprietari”.
Il terzo motivo, con il quale è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1062 c.c.,
oltre a vizio di motivazione, con riferimento alla parte della sentenza che ha rigettato la domanda
dell’appellante per la declaratoria di avvenuta costituzione di servitù per destinazione del padre di
famiglia, pone il seguente quesito di diritto: “Statuisca la Suprema Corte se con riferimento a

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causa fino a risalire ad un acquisto a titolo originario, o il compimento dell’usucapione”.

caso quale quello di specie (fondi appartenenti in origine allo stesso proprietario, da lui posti in
una situazione di oggettiva subordinazione o di servizio, l’uno — piccola porzione — rispetto
all’altro, atta ad integrare di fatto il contenuto di una servitù prediale, con sussistenza di opere
visibili e permanenti evidenzianti, in termini in equivoci, la relazione di asservimento; persistenza

e difetto di disposizioni in ordine alla servitù) abbia luogo la creazione di servitù per c. d.
destinazione del padre di famiglia a mente dell’ad. 1062 c.c.”.
I motivi vanno esaminati congiuntamente perché censurano, sotto profili diversi ma fra loro
interagenti, la rilevanza decisiva che la sentenza impugnata ha attribuito alla scheda
testamentaria nell’individuare i due locali, e per l’effetto l’inconferenza del riferimento alla servitù
per destinazione del padre di famiglia. Essi sono fondati.
Occorre premettere che all’azione di rivendica del vano bagno, esperita dall’originario attore, è
stata opposta, dal contraddittore, domanda riconvenzionale di accertamento di una servitù.
Va al riguardo evidenziato che non è contestato dalle parti che il vano in questione, ricavato
all’interno del locale di via Boragine, di proprietà dell’attore, sia stato realizzato dall’originario
proprietario di entrambi i locali confinanti (ottenuta dallo stesso concessione dal Comune il
26.6.1964), precedentemente costituenti un’unica proprietà immobiliare, e che lo stesso abbia
chiesto ed ottenuto dal Comune di Loano tutte le autorizzazioni necessarie per destinare il locale
con accesso da via Roma ad attività commerciale, traggono però opposte ed argomentate
conclusioni conferenti alle rispettive tesi dall’atto di successione (seguendone quindi le vicende
dispositive dalla devoluzione testamentaria alla vendita ai convenuti) e da quello di
frazionamento.
Tale comune richiamo comportava che la Corte di merito avrebbe dovuto procedere ad una più
accurata disamina delle risultanze istruttorie, in particolare della destinazione dei locali e del
frazionamento, di cui è menzione negli atti difensivi dell’una e dell’altra parte, che corredava

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di tale situazione nel momento in cui i due fondi cessino di appartenere al medesimo proprietario,

anche l’accertamento tecnico di ufficio. La motivazione al riguardo addotta dalla corte di merito
deve ritenersi pertanto carente, poiché, senza fornire specifica risposta alle articolate
argomentazioni hinc et inde esposte, nè procedere ad un’analitica revisione critica dei vari
elementi valorizzati dal giudice di primo grado, si è limitata alle generiche considerazioni circa la

cenno alla circostanza che pacificamente il dante causa dei ricorrenti, Antonio Cepollina, aveva
ricevuto in eredità un locale destinato a negozio, che per il suo esercizio necessita del servizio,
vano che pertanto costituisce parte integrante del locale come previsto nel titolo, e ciò avrebbe
potuto spiegare rilevanza decisiva. Né è stata data una risposta logica al rigetto della domanda di
accertamento di una servitù, pur proposta in via riconvenzionale nel giudizio di revindica.
In altri termini, la Corte d’appello non ha adeguatamente motivato la decisione di cui si tratta,
essendosi limitata a osservare che la costituzione del diritto in questione non risultava dal
testamento e conseguentemente dal contratto di vendita, e che una simile servitù non poteva
desumersi nella vicenda de qua, per cui era stata male invocato l’istituto: questa perentoria
negazione, nella sentenza impugnata, non è stata in alcun modo spiegata, per confutare le
ragioni che gli appellanti avevano fatto valere, sulla scorta della documentazione acquisita agli
atti di causa.
Va pertanto accolto il ricorso; ne consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio
per nuovo esame ad altra sezione della corte di provenienza, cui si demanda anche il
regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso;

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oggettiva insistenza del vano nel locale con accesso da via Boragine, omettendo al riguardo ogni

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad altra
sezione della Corte di appello di Genova.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio detta 2^ Sezione Civile, il 23 ottobre 2013.

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