Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29157 del 20/10/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/10/2021, (ud. 26/05/2021, dep. 20/10/2021), n.29157

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorsi iscritti ai nn. 25066/2013 e 8313/2015 R.G. proposti da:

Equitalia Centro s.p.a., in persona del legale, rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Maurizio Cimetti e

Giuseppe Parente, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.

Sante Ricci, sito in Roma, via delle Quattro Fontane, 161;

– ricorrente –

contro

G.G., rappresentato e difeso dagli avv. Giuliano

Cardellini, Alessandro Gostoli e Alessandro Galiena, con domicilio

eletto presso lo studio di quest’ultimo, sito in Roma, viale Libia,

4;

– controricorrente –

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– resistente, intimato –

avverso le sentenze della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna, nn. 42/02/13 e 1798/02/14, depositate,

rispettivamente, il 15 marzo 2013 e il 15 ottobre 2014;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26 maggio

2021 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– la Equitalia Centro s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 15 marzo 2013, che, in accoglimento dell’appello di G.G., ha annullato l’avviso di mora avente ad oggetto il pagamento delle somme indicate in una cartella di pagamento;

– dall’esame della sentenza impugnata si evince che la pretesa erariale in contestazione si fondava sul mancato versamento di imposte da parte della Nuova Arte Decorativa di S.A. & C. s.a.s., di cui il contribuente era stato socio illimitatamente responsabile;

– il giudice di appello ha escluso la responsabilità di quest’ultimo in ragione del fatto che nessuno dei prodromici atti della sequenza procedimentale gli era stato notificato e che tali atti erano stati notificati alla società e agli altri soci successivamente alla sua uscita dalla compagine sociale;

– il ricorso è affidato a sette motivi;

– resiste con controricorso l’Equitalia Nord s.p.a.;

– l’Agenzia delle Entrate non si costituisce tempestivamente, limitandosi a depositare atto con cui chiede di poter partecipare all’eventuale udienza di discussione;

– con separato ricorso la Equitalia Centro s.p.a. impugna altra sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 15 ottobre 2014, che, in accoglimento dell’appello di G.G., ha annullato il preavviso di fermo amministrativo di un motoveicolo e l’iscrizione ipotecaria su un bene immobile, emessi a seguito del mancato pagamento dell’importo indicato nella predetta cartella di pagamento;

– il giudice di appello ha accolto il gravame del contribuente in ragione dell’annullamento, in sede giudiziaria, dell’atto presupposto, individuato nell’avviso di mora;

– il ricorso è affidato a due motivi;

– resiste con controricorso G.G.;

– l’Agenzia delle Entrate non spiega alcuna attività difensiva;

Diritto

CONSIDERATO

che:

– occorre preliminarmente procedere alla riunione dei due ricorsi, nonostante si tratti di due gravami aventi ad oggetto distinti provvedimenti, atteso che la connessione esistente tra le due pronunce giustifica l’applicazione analogica dell’art. 335 c.p.c., potendo risultare determinante sul ricorso per cassazione contro la sentenza di appello che si è pronunciata sulla legittimità del fermo amministrativo e dell’iscrizione ipotecaria l’esito di quello riguardante la sentenza di appello vertente sulla legittimità dell’atto presupposto;

– ciò posto, con riferimento a quest’ultimo ricorso (iscritto al n. 25066/13 R.G.), va esaminata la questione, sollevata dalla controricorrente, della decadenza dal potere di impugnazione, in relazione al mancato rispetto del termine decadenziale previsto dall’art. 325 cpv c.p.c.;

– dall’esame degli atti si evince che la sentenza di appello è stata notificata all’odierna ricorrente, per mezzo del servizio postale, con atto ricevuto in data (OMISSIS) e che quest’ultima ha provveduto alla notifica del ricorso per cassazione, anch’essa per mezzo del servizio postale, con atto spedito il (OMISSIS);

– risulta, dunque, evidente che il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 325 cpv. c.p.c., per la proposizione del ricorso per cassazione non risulta essere stato rispettato;

– va, pertanto, dichiarata l’inammissibilità del ricorso;

– a ciò consegue il passaggio in giudicato della decisione dichiarativa della illegittimità dell’avviso di mora e, conseguentemente, il difetto di interesse dell’agente della riscossione in ordine al primo motivo relativo al ricorso (iscritto al n. 8313/2015 R.G.) avverso la sentenza n. 1798/02/14 (vertente sulla legittimità del preavviso di fermo), con cui è denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 295 e 327 c.p.c., per aver la sentenza impugnata omesso di sospendere il giudizio a seguito dell’impugnazione con ricorso in cassazione della sentenza che aveva annullato l’atto prodromico;

– inammissibile – e, comunque, infondato – e’, poi, il secondo motivo di tale ricorso con cui si deduce, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia;

– infatti, dall’illustrazione del motivo emerge che la censura ha per oggetto l’insufficienza della motivazione e non già l’assenza o apparenza della stessa;

– orbene, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – nella formulazione risultante a seguito della modifica apportata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv., con modif., nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis al caso in esame – l’insufficienza della motivazione non è più deducibile quale vizio di legittimità (cfr., ex multis, Cass., ord., 25 settembre 2018, n. 22598; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053);

– in ogni caso, il riferimento all’annullamento dell’annullamento giudiziale dell’atto prodromico risulta idonea a far comprendere l’iter logico-giuridico seguito;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo

– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso iscritto al n. 25066/2013 R.G.; rigetta il ricorso iscritto al n. 8313/2015 R.G.; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 4.500,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2021

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