Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29155 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 28/12/2011), n.29155

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.A., A.L., A.R., A.C.

M., tutti elettivamente domiciliati in Roma, via Alessandro

Farnese 7 presso lo studio dell’avv. Berliri Claudio e dell’avv.

Cogliati Dezza Alessandro che li rappresentano e difendono giusta

procura speciale ad litem apposta in margine al ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, sez. 38 Milano, n. 47, depositata il

26.6.2008.

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.

Stefano Olivieri;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

PREMESSO

– La CTR della regione Lombardia sez. 38 Milano con sentenza 26.6.2008 n. 47 ha accolto l’appello proposto dall’Ufficio finanziario ed in riforma della impugnata sentenza ha dichiarato legittimo l’avviso di liquidazione ai fini INVIM emesso in relazione a compravendita immobiliare stipulata il 26.1.1990 dai contribuenti A.A., R., L.D. e C.M. con la società Nuova Artoni a r.l., e fondato sulla rettifica di valore del bene accertata con sentenza della CTR milanese in data 22.1.2002 passata in giudicato;

– i Giudici territoriali ritenevano fondato l’appello in quanto il vizio di nullità della sentenza passata in giudicato (violazione del contraddittorio per omessa comunicazione ai contribuenti del ricorso in appello proposto dall’Ufficio), avrebbe dovuto essere fatto valere mediante i normali mezzi di impugnazione, non essendo decorso – al momento della notifica dell’avviso di liquidazione fondato su detta sentenza – il termine ex art. 327 c.p.c., comma 2 per la proposizione del ricorso per cassazione;

– avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso i contribuenti censurandola per violazione e falsa applicazione “degli artt. 360 e 327 c.p.c.” e per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 55 e 56 ;

– ha resistito la Agenzia delle Entrate instando per il rigetto del ricorso;

– i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Rilevato:

– che la relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ha concluso per la inammissibilità del ricorso osservando quanto di seguito trascritto:

“………il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Costituiscono principi giurisprudenziali non controversi in tema di giudicato i seguenti enunciati:

1- il principio di rilevabilità di ufficio delle eccezioni, salvo quelle la cui rilevabilità è rimessa specificamente alla iniziativa di parte, consente al Giudice di legittimità di pronunciare ex officio sulla esistenza di un giudicato qualora essa emerga da atti comunque prodotti nel corso del giudizio di merito (cfr. Corte cass. SU 25.5.2001 n. 226) ovvero anche dai documenti prodotti avanti il Giudice di legittimità qualora il giudicato si sia formato successivamente alla definizione dei gradi di merito (cfr. Corte cass. SU n. 13916/2006), e sempre che il giudice di merito non abbia avuto modo di pronunciarsi sulla questione, ovvero si sia pronunciato nel senso della inammissibilità o del rigetto della eccezione e tale pronuncia abbia costituito specifico motivo di impugnazione (Corte cass. SU n. 226/2001 cit.; id. 1^ sez. 7.2.2007 n. 2721 in motivazione);

2- l’interprelazione del giudicato (cd. esterno) formatosi fra le stesse parti in un giudizio diverso da quello nei quale esso è invocato,………, è incensurabile in sede di legittimità, salvo che per violazione dell’art. 2909 c.c. ovvero delle norme e dei principi di diritto in tema di res indicata, ovvero ancora per vizi attinenti alla motivazione, i quali vanno specificamente dedotti, non essendo sufficiente il mero richiamo all’art. 2909 c.c. o all’art. 324 c.p.c., e restando comunque escluso che possa, censurarsi direttamente, l’accertamento coperto dal giudicato, sollecitando nuove e difformi decisioni sulle questioni giù decise (Cass., sez. lav., 8.8,1996, n. 7264; Cass. sez. lav. 13.5.1995, n. 5243; Cass., sez. 2^, 19-12-1994, 10935)…… (cfr. Corte cass. SU 28.4.1999 n. 277; id. 1^ sez. n. 2721/2007 cit. secondo cui la essenza ed effettiva portata della sentenza divenuta immodificabile deve ricavarsi non solo dal dispositivo, ma anche dai motivi che la sorreggono costituendo utili elementi di interpretazione le stesse domande delle parti, il cui rilevo ai fini ermeneutici…può tuttavia avere una funzione integratrice della ricerca degli esatti confini del giudicato…).

Nella specie i ricorrenti denunciando la errata valutazione compiuta dai Giudici di appello della sentenza della CTR lombarda n. 14/2002 divenuta irrevocabile (titolo presupposto dell’avviso di liquidazione impugnato) hanno indicato in rubrica, ai fini dell’accertamento della violazione di norme di diritto sostanziale, norme di diritto processuale attinenti rispettivamente alla norma contenente l’elenco tassativo dei vizi di legittimità deducibili con ricorso per cassazione (art. 360 c.p.c.) ed al termine perentorio per la proposizione delle impugnazioni (art. 327 c.p.c. norme che non costituiscono idoneo parametro di verifica del vizio denunciato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), con il quale, peraltro, viene fatta valere la nullità (per violazione del contraddittorio) e la inesistenza del giudicato e dunque la invalidità/inesistenza dell’atto (giurisdizionale) presupposto dell’avviso di liquidazione impugnato.

Orbene in relazione al vizio di nullità della sentenza passata in giudicato (pacificamente riconosciuto anche dai Giudici di appello) la esposizione del motivo è dal tutto carente, non essendo dato individuare il vizio di legittimità in cui sarebbero incorsi i Giudici di merito i quali non hanno ritenuto fondato il ricorso dei contribuenti in applicazione del principio di conversione delle nullità della sentenza in motivo di gravame: art. 161 c.p.c., comma 1 (il giudicato si è validamente formato, nonostante il vizio di nullità processuale, per mancata tempestiva impugnazione della sentenza ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2). Ne segue che il motivo in esame è da ritenersi, da un Iato, privo del requisito della specificità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4) e, dall’altro, inconferente rispetto al decisum essendosi limitati i ricorrenti ad evidenziare la nullità processuale determinatasi nel processo in cui si è formato il giudicato, senza investire con la censura la ratio decidendi della sentenza di appello incentrata sulla applicazione del predetto principio di diritto (cfr. Corte cass. sez. lav. 13.10.1995 n. 10695; id. 2^ sez. 9.10.1998 n. 9995; id. 1^ sez. 24.2.2004 n. 3612; id. 5^ sez. 3.8.2007 n. 17125).

Relativamente al dedotto vizio di inesistenza del giudicato (in quanto risulta omessa la indicazione delle parti – attuali ricorrenti – nella intestazione del provvedimento giurisdizionale), occorre rilevare che la CTR ha esaminato tale questione, riproposta ex art. 346 c.p.c., pervenendo ad affermare che la omessa indicazione di tutte le parti nella intestazione della sentenza integrava un mero errore materiale, atteso che la pronuncia riguardava l’atto di appello dell’Ufficio (specificamente indicato nella intestazione) e tale atto investiva la sentenza di primo grado con riferimento a tutte le parti che erano state presenti nel giudizio di primo grado.

Tanto premesso, ai fini della verifica di ammissibilità del motivo di ricorso per cassazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) le parti ricorrenti sono onerate, non soltanto alla specifica indicazione della prova o del documento (mediante individuazione della sede processuale in cui la prova è stata richiesta o prodotta: Corte cass. sez. lav. 7.2.2011 n. 2966; id. 1^ sez. 13.11.2009 n. 24178;

id. 3^ sez. ord. 4.9.2008 n. 22303; id. 3^ sez. 25.5.2007 n. 12239) e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto (Corte cass. 1^ sez. 17.52006 n. 11501), ma devono provvedere alla completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti/documenti in modo da rendere immediatamente apprezzabile da parte della Corte il vizio dedotto (Corte cass. SU 24.9.2010 n. 20159; id. 6^ sez. ord. 30.7.2010 n. 17915; id. 3^ sez. 4.9.2008 n. 22303; id. 3^ sez. 31.5.2006 n. 12984;

id. 1^ sez. 24.3.2006 n. 6679; id. sez. lav. 21.10.2003 n. 15751; id.

sez. lav. 12.6.2002 n. 8388).

Orbene la mera riproduzione della “intestazione” della sentenza passata in giudicato (e non anche delle altre parti essenziali – svolgimento del fatto, motivazione e dispositivo – della sentenza), non consente alla Corte di effettuare la verifica predetta, tanto più che nella decisione della CTR, impugnata per cassazione, è stata espressamente disattesa la eccezione volta a contestare la estensione agli attuali ricorrenti della efficacia del giudicato in quanto asseritamente formatosi inter alios, avendo sostenuto i Giudici di appello – in base all’esame dell’integrale provvedimento giurisdizionale – che detta pronuncia era stata resa anche nei confronti dei contribuenti e che l’omissione rilevata nella intestazione era da ascriversi a mero errore materiale, statuizione che non risulta specificamente investita dal motivo di ricorso per cassazione che, anche per tale ragione, va incontro alla sanzione della inammissibilità;

– la inammissibilità del primo motivo travolge anche il secondo motivo (con il quale i ricorrenti sul presupposto – indimostrato – della “inesistenza” del provvedimento giurisdizionale posto a fondamento dell’avviso impugnato, eccepiscono il passaggio in giudicato della decisione di primo grado a loro favorevole formatosi in quel giudizio) in quanto meramente conseguenziale all’accoglimento del primo…………”.

Ritenuto:

– che le argomentazioni esposte e le conclusioni della relazione debbono essere condivise non apparendo dirimenti in contrario gli argomenti svolti dai ricorrenti nella memoria difensiva: ed infatti premesso che la questione dell’asserito passaggio in giudicato della sentenza di prime cure – favorevole agli attuali ricorrenti – resa nel giudizio definito con la sentenza della CTR 21.1.2002 n. 14 passata in giudicato e della cui estensione agli attuali ricorrenti si controverte nel presente giudizio, è evidentemente subordinata alla verifica dei limiti soggettivi degli effetti prodotti da quest’ultima pronuncia, ne segue che: a) se la pronuncia di appello n. 14/2002 era stata resa anche nei confronti degli A. in difetto di rituale instaurazione del contraddittorio, bene avrebbe dovuto essere impugnata – con ricorso per cassazione – una volta portata a conoscenza delle parti attraverso la notifica dell’avviso di liquidazione INVIM per far valere la nullità con conseguente regressione del giudizio al precedente grado di merito (tanto in applicazione del principio di conversione delle nullità processuali – tra cui la violazione dell’art. 101 c.p.c. – in motivi di impugnazione); b) se invece la sentenza n. 14/2002 non era stata resa nei confronti degli A. (id est se costoro non erano parti del rapporto tributario dedotto e deciso in quel giudizio), allora risulta evidente che l’accertamento della inesistenza del giudicato formatosi nei loro confronti (ed indicato quale atto presupposto nell’avviso di liquidazione INVIM notificato ai contribuenti), qualora non veicolato dall’actio nullitatis, avrebbe dovuto essere fatto valere nel presente giudizio contestando specificamente la statuizione dei Giudici di appello (CTR Lombardia n. 47/2008) secondo cui il giudicato in questione sarebbe stato emesso nei confronti degli A. in quanto “per un evidente errore della segreteria, l’intestazione della sentenza reca soltanto il nome della società acquirente, Ma nella realtà essa è stata emessa, e ciò risulta dalla predetta intestazione, nel procedimento di appello contro la sentenza 20 maggio 1994 che aveva deciso i ricorsi riuniti sia dei venditori che dell’acquirente…”, e non pare dubbio che per soddisfare al requisito di autosufficienza del ricorso occorreva trascrivere il contenuto della sentenza in questione onde consentire alla Corte di verificare i limiti soggettivi della pronuncia, essendo all’uopo del tutta inidonea la trascrizione della sola intestazione (che la intestazione non rechi anche il nome degli A. è pacifico, avendolo riconosciuto anche i Giudici di appello che, però, hanno ascritto tale omissione ad un mero errore materiale).

Ritenuto:

– che il ricorso deve essere, pertanto, rigettato con conseguente condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

la Corte: rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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