Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29154 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 28/12/2011), n.29154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in Roma, viale delle

Milizie 34 presso lo studio dell’avv. Bisconti Marino che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale ad litem apposta in

margine al ricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, sez. 32 Roma, n. 51, depositata il 19.6.2008.

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.

Stefano Olivieri;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

PREMESSO

– con sentenza 19.6.2008 n. 51 la CTR del Lazio sez. 32 Roma ha rigettato l’appello dell’Ufficio rilevando che la pronuncia della sentenza del Tribunale Ordinario di Roma n. 20855/2001, emessa in relazione a fattispecie concernente un contratto di compravendita immobiliare, con la quale IAM s.r.l. veniva condannata al risarcimento del danno in favore delle parti convenute – tra cui il contribuente – attrici in riconvenzionale, “non riveste carattere di condanna al pagamento di somme o valori” e dunque non consente l’applicazione della imposta di registro nella misura proporzionale del 3% di cui al D.P.R. n. 131 1986, art. 8, lett. b) parte prima Tariffa all., ma “va inquadrato nella successiva lett. d) e cioè negli atti “non recanti trasferimento, condanna, od accertamento di diritto a contenuto patrimoniale” e quindi deve scontare l’imposta fissa di registro”: la ratio decidendi è incentrata sull’argomento secondo cui le somme riconosciute a favore dei convenuti “avrebbero dovute essere versate al momento della compravendila dalla società costruttrice al fine di estinguere le ipoteche” e che la società, alla stipula dell’atto pubblico, aveva ricevuto il pagamento dell’intero prezzo pattuito;

– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Agenzia delle Entrate (deducendo tre motivi corredati dei quesiti ex art. 366 bis c.p.c.: 1. violazione e falsa applicazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, lett. b, lett. d della Tariffa; 2. insufficiente e contraddittoria motivazione; 3. violazione dell’art. 2697 c.c.), al quale resiste il contribuente con controricorso e memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c., chiedendone il rigetto.

Rilevato:

– che la relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ha concluso per l’accoglimento del ricorso, quanto al primo motivo, assorbiti il secondo ed il terzo, e non occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti di fatto, per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2 con il rigetto del ricorso introduttivo proposto dal contribuente, osservando quanto di seguito trascritto:

“………il primo motivo è fondato.

Premesso che gli atti della autorità giudiziaria, in materia di controversie civili, sono soggetti ad imposta (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37) anche se non irrevocabili – salvo conguaglio o rimborso in dipendenza del successivo esito del giudizio -, la sentenza n. 20855/2001 emessa dal Tribunale Ordinario di Roma richiamata dalla ricorrente – ed il cui contenuto essenziale è stato debitamente riprodotto nella esposizione del motivo dalla Agenzia delle Entrate ai lini della verifica di ammissibilità ex art. 366 c.p.c. – non pone dubbi interpretativi in ordine alla natura irisarcitoria del diritto fatto valere in riconvenzionale dai convenuti in quanto correlato all’inadempimento delle obbligazioni ndr. assunte dalla società alienante di estinguere i mutui ipotecar gravanti sugli immobili compravenduti…; la reintegrazione del danno risarcibile viene disposta per equivalente dal Giudice civile sull’espresso riconoscimento di debito di valore (importo rivalutato sul quale sono dovuti anche i cd. interessi compensativi: cfr. sent.

Trib. Rom riportata a pag. 5 ricorso). Ne segue che la pronuncia va inquadrata tra gli atti della Autorità giudiziaria che recano condanna al pagamento di somme o di valori, per i quali l’art. 8, comma 1, lett. b), parte prima, Tariffa prevede l’applicazione della imposta di registro nella misura dell’8%.

La circostanza dedotta dal resistente – peraltro non chiaramente evincibile dalla sentenza della CTR – secondo cui la somma oggetto della pronuncia di condanna corrisponderebbe a quota parte del prezzo di compravendita corrisposto al rogito, sicchè, a dispetto della qualificazione giuridica del rapporto giuridico attribuita dal Giudice civile, dovrebbe ravvisarsi piuttosto una pronuncia restitutoria, con la conseguenza che – se anche tale importo dovesse assoggettarsi ad imposta di registro proporzionale – si profilerebbe una indebita duplicazione d’imposta, appare manifestamente priva di fondamento atteso che:

l’accertamento compiuto nella sentenza del Tribunale Ordinario di Roma, che fa stato nei confronti della parte che ha partecipato a quel giudizio, non può essere invocato nel diverso giudizio tributario a sostegno di una diversa qualificazione giuridica del rapporto incompatibile con quella ritenuta dallo stesso Giudice in sentenza, avuto riguardo alla giurisprudenza di questa Corte per cui il principio secondo cui quella di registro è imposta d’atto comporta, nel caso in cui l’alto da registrare sia una sentenza, che, per stabilire i presupposti e i criteri della tassazione, occorra fare riferimento al contenuto ed agli effetti che emergono dalla sentenza stessa, senza possibilità di utilizzare elementi ad essa estranei nè di ricercare contenuti diversi da quelli su cui si sia formato il giudicato (cfr. Corte cass. 5^ sez. 12.6.2003 n. 9456; id.

5^ sez. 27.10.2006 n. 23243; id. 5^ sez. 26.2.2009 n. 4601);

in ogni caso diverso è il presupposto d’imposta in quanto distinti, in relazione agli effetti dagli stessi prodotti (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20), sono gli atti giuridici rispettivamente assoggettati ad imposta: nella specie l’atto di compravendita ad effetti traslativi della proprietà, e la sentenza di condanna quale fonte di obbligazione al pagamento della somme liquidate a titolo risarcitorio.

Ne consegue la insussistenza di una duplicazione indebita di imposta;

avuto riguardo alle prime tre categorie di atti giudiziari contemplate dall’art. 8, lett. a) – c) prima parte Tariffa, si evince che le stesse hanno ad oggetto diritti a contenuto patrimoniale e si differenziano in relazione alla nota tripartizione degli effetti dei provvedimenti giurisdizionali (costitutivi, di accertamento e di condanna), mentre la categoria di cui alla successiva lett. d) assume rilievo meramente residuale in quanto costruita in negativo contemplando atti giudiziari privi delle caratteristiche sopra indicate: orbene le pronunce di condanna alla restituzione di somme di denaro rivestono entrambi i requisiti (effetto di condanna;

patrimonialità del diritto) previsti dall’art. 8, lett. b), Tariffa, rimanendo in conseguenza esclusa, nella fattispecie, l’applicazione della disposizione residuale di cui all’art. 8, lett. d), Tariffa (ulteriore conferma si ricava dalla prescrizione dell’art. 8, lett. e Tariffa, che assoggetta ad imposta fissa gli atti giurisdizionali che pronuncino la invalidità di atti o la risoluzione di contratti ancorchè portanti condanna alla restituzione in denaro o beni: la esplicita previsione si è resa infatti necessaria proprio al fine di sottrarre tali pronunce di condanna alla applicazione della imposta proporzionale disposta dal medesimo art. 8, precedente lett. b, Tariffa).

La questione dell’assoggettamento ad IVA del prezzo versato in esecuzione del contratto di compravendita (con conseguente applicabilità alla sentenza di condanna del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40, comma 1 e dell’art. 8 Tariffa Nota 2^ che esonera dall’imposta proporzionale gli atti giudiziari di condanna al pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti ad IVA) non risulta abbia costituito esame da parte della CTR e viene prospettata per la prima volta nel controricorso introducendo peraltro nuovi accertamenti di fatto preclusi nel giudizio di legittimità …………”.

Ritenuto:

– che debbono essere condivise le argomentazioni esposte e le conclusioni della relazione, non essendo dirimenti le osservazioni formulate dalla parte ricorrente nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c. volte meramente a ribadire i motivi di ricorso.

Ritenuto:

– che il ricorso dell’Agenzia va, pertanto accolto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che la sentenza impugnata va, dunque, cassata, con conseguente rigetto del ricorso introduttivo proposto dal contribuente in primo grado e condanna dello stesso alla rifusione delle spese del presente giudizio, compensate quelle dei gradi di merito.

P.Q.M.

la Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso proposto dal contribuente in primo grado. Condanna il resistente alla rifusione delle spese di lite che liquida, per il presente giudizio di legittimità, in Euro 2.500,00 oltre spese prenotate a debito, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese relative ai gradi merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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