Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29154 del 21/12/2020

Cassazione civile sez. I, 21/12/2020, (ud. 27/11/2020, dep. 21/12/2020), n.29154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15445/2019 proposto da:

M.S.A.H., rappresentato e difeso dagli avvocati ROCCO

BARBATO, e MASSIMILIANO CORNACCHIONE, e domiciliato presso la

cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI CASERTA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2238/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/11/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza ex art. 702 bis c.p.c., del 1.6.2017 il Tribunale di Napoli rigettava il ricorso proposto da M.S.A.H. avverso il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

Interponeva appello il richiedente e la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, n. 2238/2019, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione M.S.A.H. affidandosi a sette motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 132 c.p.c., D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 9, art. 10 della Direttiva 2013/32/UE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè la Corte di Appello avrebbe omesso di motivare, o comunque motivato in modo soltanto apparente, la decisione di rigetto della protezione internazionale.

La censura è infondata.

Il ricorrente aveva riferito di esser stato coinvolto in scontri tra i sostenitori degli opposti partiti (OMISSIS) e (OMISSIS) e di essere fuggito dal (OMISSIS) (suo Paese di origine) a causa del timore per la propria incolumità dipendente dalle minacce e aggressioni subite. Il Tribunale aveva ritenuto la storia non credibile e la Corte di Appello, nel confermare la valutazione del primo giudice, aggiunge che il ricorrente, da un lato, non aveva proposto alcuna specifica censura a confutazione del giudizio di non attendibilità del racconto del giudice di prima istanza e, dall’altro lato, aveva totalmente frainteso il decisum del Tribunale, erroneamente affermando che il racconto fosse stato ritenuto credibile (cfr. pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata). Non si ravvisa, pertanto, alcun profilo di inesistenza, o di mera apparenza, della motivazione, poichè la Corte territoriale ha fatto riferimento alla valutazione del Tribunale di non attendibilità del racconto, condividendola, ed ha poi aggiunto ulteriori argomentazioni in relazione alla carenza di specificità ed all’infondatezza dei motivi di appello.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 132 c.p.c., D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 9, art. 10 della Direttiva n. 2013/32/CE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso la sussistenza, in Bangladesh (Paese di provenienza del richiedente), di una situazione di violenza generalizzata.

La censura è fondata.

La sentenza impugnata esamina la situazione esistente in Bangladesh escludendo la sussistenza di un contesto di pericolo diffuso, rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), senza tuttavia indicare le fonti internazionali consultate.

L’omissione si risolve in una violazione della disposizione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che impone al giudice di esaminare la domanda di protezione internazionale “… alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa. La Commissione nazionale assicura che dette informazioni, costantemente aggiornate, siano messe a disposizione delle Commissioni territoriali, secondo le modalità indicate dal regolamento da emanare ai sensi dell’art. 38 e siano altresì fornite agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative”.

Le Country of Origin Information (cosiddette “C.O.I.”) assumono dunque un ruolo centrale nell’istruzione e nella decisione delle domande di protezione internazionale, poichè la relativa decisione deve essere assunta, per precisa disposizione normativa, sulla base delle notizie sul Paese di origine, o di transito, del richiedente che siano tratte da fonti informative specifiche ed aggiornate. Il giudice di merito, pertanto, non può esimersi dal dar conto, in motivazione, della C.O.I. in concreto consultata e dell’informazione specifica da essa tratta, poichè l’omissione non consente di verificare l’attendibilità e la pertinenza dell’informazione utilizzata per la decisione e si riflette, pertanto, in una valutazione di scienza privata, in aperta violazione dell’obbligo di collaborazione istruttoria previsto e declinato dal già richiamato del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Merita, al riguardo, di essere affermato il seguente principio, che costituisce la specificazione ulteriore di un orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte: “Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13449 del 17/05/2019, Rv. 653887; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13255 del 30/06/2020, Rv. 658130). A tal fine, il giudice di merito è tenuto ad indicare l’autorità o ente dalla quale la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di idoneità, precisione e aggiornamento della fonte, previsti dal richiamato del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3”.

L’accoglimento, nei termini indicati, della seconda censura implica l’assorbimento degli altri motivi, con i quali il ricorrente lamenta, rispettivamente:

con il terzo motivo, l’omesso esame dei presupposti per la concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria;

con il quarto motivo, la violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria;

con il quinto motivo, l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie ai fini del riconoscimento dello status;

con il sesto motivo, l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria;

– con il settimo motivo, l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

La sentenza va quindi cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Napoli, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Napoli, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020

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