Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29154 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 13/11/2018), n.29154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15132-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.L., BU.VA., elettivamente domiciliati in ROMA VIA

FRANCESCO DE SANCTIS 4, presso lo studio dell’avvocato FABIO FRANCO,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE

TENCHINI;

– controricorrenti –

e contro

IMMOBILIARE LA PRECISA SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 59/2012 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 22/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/10/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. L’agenzia delle entrate (anche quale incorporante l’agenzia del territorio) propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 59/29/12 del 21 dicembre 2012, con la quale la commissione tributaria regionale della Toscana, in rigetto degli appelli riuniti proposti dalle due agenzie fiscali, ha ritenuto illegittimi: – l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni emesso dall’agenzia delle entrate in revoca dell’agevolazione “prima casa” (Iva 4%) fruita da B.L. e Bu.Va. in occasione dell’acquisto 20 luglio 2006, presso la Immobiliare La Precisa Srl, di un fabbricato di civile abitazione in Comune di Pietrasanta; l’avviso di accertamento catastale con modificazione di classamento e di rendita notificato dall’agenzia del territorio a seguito del medesimo accertamento di cui sopra (con passaggio dalla categoria (OMISSIS), classe (OMISSIS), vani (OMISSIS), RC (OMISSIS), alla categoria (OMISSIS), classe (OMISSIS), vani (OMISSIS), RC (OMISSIS)).

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: contrariamente a quanto sostenuto dalle due agenzie fiscali, i locali “sottotetto” e “seminterrato” non dovevano essere conteggiati nè ai fini della superficie utile per classificare l’immobile come di lusso ai sensi del D.M. LLPP 2 agosto 1969, art. 5, nè ai fini del numero dei vani utili per la classificazione catastale e relativa attribuzione di rendita; – ciò perchè tali vani non risultavano abitabili, in quanto di altezza inferiore a quella minima (mt.2,70) prescritta, a tal fine, dal regolamento urbanistico comunale; quanto al livello di finitura “al civile” dei locali, l’ufficio non ne aveva dimostrato la sussistenza già al momento della stipula del contratto di compravendita.

Resistono con controricorso i contribuenti B. e Bu., mentre nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dalla Immobilare La Precisa srl – già parte nei giudizi di merito – nei cui confronti questa corte ha disposto l’integrazione del contraddittorio con ordinanza interlocutoria 16 febbraio 2018.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3, comma 1, – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 44,45 e 46, disciplinante la consistenza catastale delle unità immobiliari. Per avere la commissione regionale erroneamente ritenuto irrilevanti, a tal fine, i sei locali posti al piano seminterrato ed i locali posti al piano primo del fabbricato in oggetto, nonostante che: – i primi (ancorchè denominati “cantine”) fossero risultati, nel sopralluogo, rifiniti al civile, con luce diretta ed adibiti a cucina, studio e stanza-armadi; – i secondi (ancorchè denominati “soffitta”) fossero anch’essi risultati rifiniti al civile, in parte provvisti di impianto di riscaldamento ed adibiti a vani utili. Ciò deponeva, al contrario, per la rilevanza di tali vani ai sensi del D.P.R. cit., in quanto locali con “destinazione principale nell’uso ordinario dell’unità immobiliare” (art. 45), ovvero locali con destinazione accessoria di servizio e disimpegno (art. 46).

p. 2.2 Il motivo – sufficientemente specifico e pienamente mirato sulla ratio decidendi adottata dal giudice di merito, così da risultare esente dai profili di inammissibilità preliminarmente opposti dai controricorrenti – è fondato.

La commissione tributaria regionale ha ritenuto la illegittimità dell’avviso di riclassificazione emesso dall’agenzia del territorio sul presupposto che i locali posti nel seminterrato e nel sottotetto del fabbricato fossero irrilevanti ai fini catastali, in quanto inidonei ad integrare la nozione di “vano”. E ciò sia perchè qualificati come “cantine” o “soffitte”, sia perchè non abitabili in base alla regolamentazione urbanistica locale (altezza inferiore al minimo stabilito).

Va però considerato – ed in ciò effettivamente si ravvisa la violazione normativa denunciata – che la disciplina di riferimento si incentra non sul concetto urbanistico di “abitabilita”, bensì su quello di “utilita”; da ciò consegue che, ai fini di stabilire la consistenza catastale dell’immobile, rilevano tutti i locali (vani) utilizzabili, sebbene sulla base di un’incidenza numerica di rendita diversa a seconda che tale utilizzabilità risponda ad una funzione principale ovvero accessoria.

Secondo il D.P.R. n. 1142 del 1949 cit., art. 44: “di ciascuna unità immobiliare accertata si determina la consistenza computandola in base agli elementi unitari di misura indicati negli articoli seguenti quale risulta al momento dell’accertamento”; stabilisce quindi l’art. 45 che: “Per la misura della consistenza dell’unità immobiliare con destinazione ordinaria ad uso di abitazione si assume come elemento unitario il vano utile. Si considera vano utile quello che ha destinazione principale (camera, stanza, salone, galleria e simili), nell’uso ordinario della unità immobiliare”.

Soggiunge inoltre l’art. 46 che: “I vani aventi destinazione ordinaria accessoria dei vani principali si calcolano per tanti vani utili quanti, per ogni categoria, sono fissati dagli usi locali. Si considerano vani accessori quelli necessari al servizio o al disimpegno dei vani principali (latrine, bagni, dispense, ripostiglio, veranda, ingresso, corridoio, e simili), nonchè quelli che, pur non essendo strettamente necessari alla utilizzazione dei vani principali, ne integrano la funzione (soffitte, cantine, bucatai, spanditoi, stalle, granai, porcili, pollai e simili). Sono compresi fra gli accessori quelli che, pur avendo destinazione principale nell’uso ordinario dell’unità immobiliare, hanno superficie minore di quella minima prestabilita in ogni zona censuaria per ciascuna categoria e classe. La cucina è considerata vano utile, qualunque ne sia la superficie, purchè sia fornita degli impianti relativi alla sua speciale destinazione nel modo ordinario per la categoria e classe cui appartiene l’unità immobiliare. In mancanza di usi locali i vani accessori si computano per un terzo di vano utile se sono strettamente necessari al servizio od al disimpegno dei vani principali, per un quarto di vano utile in caso diverso”.

Deriva pertanto, in ragione della normativa applicabile, che ad essere irrilevanti erano proprio i criteri discretivi individuati dalla commissione tributaria regionale, posto che sulla qualificazione nominale dei vani e sul requisito della loro abitabilità secondo le regole urbanistiche locali doveva prevalere il criterio-base del “vano utile” secondo la destinazione ordinaria dell’immobile. Nel senso della iscrivibilità a catasto edilizio dell’immobile fin “da quando lo stesso possa essere considerato “fabbricato” in ragione dell’ultimazione dei lavori relativi alla sua costruzione (non essendo nemmeno essenziale a tali fini il rilascio del certificato di abitabilità) ovvero da quando lo stesso sia stato antecedentemente utilizzato”, si è espressa (in materia di Ici) Cass. 8781/15.

La sentenza dovrà dunque essere cassata con rinvio, così da accertare in fatto la rispondenza dei locali “seminterrato” e “sottotetto” in esame a tale diversa nozione normativa di vano utile.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1142 del 1949 cit., artt. 6 segg., nonchè del D.M. LLPP 2 agosto 1969, art. 5. Per avere la commissione tributaria regionale sovrapposto, sia ai fini catastali sia ai fini della classificazione di lusso, i diversi profili della “utilita” e della “abitabilita” dei vani; così da non considerare che, correttamente computando la superficie dei suddetti locali del seminterrato e del piano primo, il fabbricato assumeva una superficie utile globale di 239 m2, dunque superiore a quella massima prevista, per gli immobili non di lusso, dal citato D.M. LLPP 2 agosto 1969 (200 mq.).

Con gli ulteriori due motivi di ricorso l’agenzia delle entrate rispettivamente lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “insufficiente e contraddittoria motivazione” (terzo motivo), ovvero “omesso esame” (quarto motivo, ove si ritenesse applicabile la nuova disciplina del ricorso per cassazione di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1) di fatti decisivi del giudizio, costituiti dalle caratteristiche di lusso del fabbricato e dai presupposti della nuova attribuzione catastale; il tutto come attestato dalla relazione di stima redatta, in esito a sopralluogo, dall’agenzia del territorio.

p. 3.2 Anche il secondo motivo di ricorso – pur esso indenne dalle proposte censure di inammissibilità – è fondato, così da meritare di essere accolto, con assorbimento dei motivi ulteriori.

E’ infatti dato riscontrare, in proposito, un’ulteriore violazione normativa, là dove la commissione tributaria regionale ha ritenuto che i locali in questione fossero irrilevanti, non solo ai fini dell’attribuzione della diversa rendita catastale (sul che già si è detto: sopra, p. 2.2) ma anche ai fini della loro qualificazione come “di lusso”, e della conseguente spettanza dell’agevolazione “prima casa”.

Contrariamente a questa conclusione, va invece qui riaffermato il principio per cui anche ai fini di stabilire la superficie utile ai sensi del D.M. LLPP 2 agosto 1969, art. 5, occorre avere riguardo al criterio della effettiva utilizzabilità dei locali (“superficie utile complessiva”), e non al requisito (non menzionato dalla norma) della loro abitabilità ovvero “agibilita” urbanistica.

Stabilisce il D.M. LLPP 2 agosto 1969 cit., che si considerano di lusso: “Le case composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale avente superficie utile complessiva superiore a mq. 200 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) ed aventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta”.

Si tratta di disposizione più volte esaminata da questa corte di legittimità, dal cui costante indirizzo è dato in particolare desumere (v., tra le altre, Cass. nn. 18480/16; 10191/16; 25674/13; 23591/12; 10807/12; 22279/11 ed altre) che: “In tema di benefici fiscali per l’acquisto della prima casa, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dall’agevolazione per l’acquisto della “prima casa” di cui Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 3, ci si deve riferire alla nozione di superficie utile complessiva di cui al D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969 n. 1072, ossia a quella che residua una volta detratta dall’estensione globale, la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina, verificando la potenziale ed astratta utilizzabilità dei locali alla luce di parametri oggettivi e tendenzialmente stabili nel tempo, quali l’areazione, la presenza di finestre, di luci e il collegamento al resto dell’abitazione mediante scale interne o ascensori; a prescindere dall’abitabilità da un punto di vista urbanistico, dalle finiture di tali locali, dal loro concreto uso, nonchè dal nome utilizzato per indicarli (soffitta, sottotetto, mansarda, lavatoio etc.; oppure cantina, seminterrato, taverna, ripostiglio etc.)”.

Ne segue, anche sotto questo profilo, la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, affinchè il giudice di merito riconsideri la fattispecie alla luce del su riportato indirizzo, così da verificare l’effettiva incidenza dei locali in questione (anche) sulla qualificazione del fabbricato compravenduto come di lusso e sulla conseguente spettanza dell’agevolazione prima casa.

Vale da ultimo ancora osservare come, contrariamente a quanto sostenuto dai controricorrenti, non sussista nella specie un giudicato interno preclusivo di tale riconsiderazione nel merito. Atteso che, sulla base della normativa richiamata, la sussistenza dello stato di finitura al momento dell’atto di trasferimento non esplica effetto dirimente nè ai fini dell’attribuzione della nuova rendita catastale (riferita al momento dell’accertamento), nè ai fini della classificazione come di lusso del fabbricato (potendo i locali in questione risultare effettivamente utilizzabili, al momento del trasferimento, pur in assenza di completa finitura).

P.Q.M.

la Corte:

– accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri;

– cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Toscana in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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