Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29154 del 11/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/11/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 11/11/2019), n.29154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4404-2018 proposto da:

DISCO LIVE D.M. DI V.R. & C. SAS, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato FRANCO DEL MONTE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 156/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 19/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SPENA

FRANCESCA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza data 1 giugno – 19 settembre 2017 numero 156 la Corte d’Appello di Potenza confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta dalla società DISCO LIVE D.M. DI V.R. & C SaS (in prosieguo: la società) per il conseguimento dell’agevolazione contributiva di cui alla L. n. 407 del 1990, art. 8, comma 9, in riferimento all’assunzione del dipendente F.I.;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che la società non aveva assolto all’onere, che cadeva a suo carico, di provare che l’assunzione non fosse stata effettuata per sostituire lavoratori licenziati nel precedente semestre per giustificato motivo o riduzione del personale: in data 30 giugno 2011 era stato licenziato per giustificato motivo oggettivo il lavoratore C.V.I., che svolgeva attività di barista sicchè la società avrebbe dovuto dimostrare che la assunzione del F. in data 27 ottobre 2011, con mansioni di aiuto barista, non fosse finalizzata a sostituirlo.

La società aveva assunto esservi un’ontologica diversità di prestazioni tra la figura del barista e quella dell’aiuto barista neo-assunto; tuttavia non aveva fornito alcuna prova concreta (ad esempio attraverso testi) della effettiva diversità dei compiti in concreto svolti.

Inoltre, tenuto conto che la figura dell’aiuto barista presupponeva la presenza di un barista, la società avrebbe dovuto provare di avere alle sue dipendenze almeno un barista; a tal fine era stato ordinato il deposito del Libro Unico del Lavoro relativo all’anno 2011 ma la società aveva depositato soltanto le buste paga di alcuni dipendenti.

Dalle buste paga risultava l’esistenza di un’altra lavoratrice con mansioni di barista, B.F., tuttavia inquadrata nel medesimo livello (quinto) dell’aiuto barista F.I., il che doveva far ritenere, nonostante il diverso profilo, che la lavoratrice offrisse una prestazione equivalente a quella del neo- assunto;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso la società, articolato in due motivi, cui ha opposto difese l’INPS con controricorso;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che la società ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c. – violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. ed omessa valutazione di una prova ammessa in grado di appello.

Ha esposto che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, essa aveva ottemperato all’ordine di deposito del Libro Unico dei dipendenti relativo all’anno 2011; la Corte territoriale erroneamente assumeva che erano state depositate soltanto le buste paga di alcuni dipendenti in quanto il Libro Unico del lavoro era composto dalle buste paga dei lavoratori.

Ha denunziato, come ulteriore errore della Corte di merito, la confusione tra l’inquadramento attribuito al neo-assunto e quello della dipendente-barista, B.F.; quest’ultima era stata inquadrata nel quinto livello, benchè il suo profilo appartenesse al superiore livello quarto, perchè assunta con contratto di inserimento, come risultava dalla scheda anagrafica allegata alla busta paga;

– con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – violazione e falsa applicazione della L. n. 407 del 1990, art. 8, insufficienza argomentativa, motivazione illogica, scorrettezza giuridica.

La censura afferisce alla valutazione di mancanza di prova del diritto agli sgravi; la società ha assunto di avere dimostrato che nell’organigramma aziendale vi era la barista B.F. e che il neo assunto F.I. avrebbe dovuto svolgere le mansioni di aiuto barman sicchè la sua assunzione non era intervenuta per sostituire il lavoratore licenziato.

che ritiene il Collegio si debba dichiarare il ricorso inammissibile;

che invero i due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la stretta connessione, contestano l’accertamento di merito, compiuto in sentenza, della omogeneità tra le mansioni svolte dal dipendente per il quale si assumeva il diritto agli sgravi ed il dipendente licenziato nel precedente semestre, nonostante la diversità del profilo professionale.

La affermazione del mancato adempimento della società all’ordine di deposito del Libro Unico del Lavoro nel percorso argomentativo della sentenza non assume una valenza decisiva, tanto che la Corte territoriale ha preso in esame le buste paga depositate ed ha dato atto della presenza in organico di una dipendente con profilo professionale di barista ritenendo comunque che tale profilo, in presenza di un inquadramento nel livello inferiore dell’aiuto barista, non fosse in sè decisivo.

Tale valutazione di fatto avrebbe potuto essere censurata in questa sede di legittimità unicamente con la deduzione di un vizio di motivazione, la cui deducibilità è, tuttavia, in radice esclusa, a mente dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5 – dal giudizio conforme in fatto reso nei due gradi di merito.

Peraltro il ricorso non espone alcun fatto storico non esaminato nella sentenza impugnata, benchè oggetto di discussione tra le parti, avente rilevanza decisiva: il fatto che la dipendente B.F., con profilo di barista, fosse stata assunta con contratto di inserimento seppur legittima l’inquadramento nel livello inferiore a quello di destinazione non assume alcun rilievo rispetto al giudizio concreto, espresso in sentenza, di omogeneità delle sue mansioni rispetto a quelle di F.I.. In sostanza, i motivi di censura non inficiano la ratio decidendi della sentenza, secondo cui la società non aveva fornito “alcuna prova concreta (p. es. attraverso una prova testimoniale) della effettiva diversità di compiti svolti dal lavoratore estromesso ( C.) e quello neo assunto ( F.)” (così in sentenza, pagina 5, secondo capoverso);

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c.;

che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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