Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29147 del 21/12/2020

Cassazione civile sez. I, 21/12/2020, (ud. 27/11/2020, dep. 21/12/2020), n.29147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29364/2017 proposto da:

L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMO n. 144,

presso lo studio dell’avvocato SORRENTINO STUDIO LEGALE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE DI MEO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1518/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 18/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/11/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza ex art. 702 bis c.p.c., il Tribunale di Ancona rigettava il ricorso proposto da L.S. avverso il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

Interponeva appello il L. e la Corte di Appello di Ancona, con la sentenza impugnata, n. 1518/2017, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione L.S. affidandosi a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Il ricorso è stato chiamato una prima volta all’adunanza camerale di questa medesima sezione del 12.7.2019 e, all’esito della Camera di consiglio, è stato rinviato a nuovo ruolo con ordinanza interlocutoria n. 26621/2019, in attesa della decisione delle Sezioni Unite relativamente all’applicabilità, con efficacia retroattiva, delle disposizioni introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni in L. n. 132 del 2018.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il secondo motivo, che per ragioni logiche merita di essere esaminato prima degli altri, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 16, ed il vizio della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè la Corte di Appello non avrebbe valutato la sussistenza del danno grave di cui alla lett. b) e della situazione di violenza generalizzata di cui dell’art. 14 cit., lett. c).

La censura è parzialmente fondata.

La sentenza impugnata esamina la situazione esistente in Gambia, Paese di provenienza del ricorrente, escludendo la sussistenza di un contesto di pericolo diffuso, rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), senza tuttavia indicare le fonti internazionali consultate.

L’omissione si risolve in una violazione della disposizione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che impone al giudice di esaminare la domanda di protezione internazionale “… alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa. La Commissione nazionale assicura che dette informazioni, costantemente aggiornate, siano messe a disposizione delle Commissioni territoriali, secondo le modalità indicate dal regolamento da emanare ai sensi dell’art. 38 e siano altresì fornite agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative”.

Le Country of Origin Information (cosiddette “C.O.I.”) assumono dunque un ruolo centrale nell’istruzione e nella decisione delle domande di protezione internazionale, poichè la relativa decisione deve essere assunta, per precisa disposizione normativa, sulla base delle notizie sul Paese di origine, o di transito, del richiedente che siano tratte da fonti informative specifiche ed aggiornate. Il giudice di merito, pertanto, non può esimersi dal dar conto, in motivazione, della C.O.I. in concreto consultata e dell’informazione specifica da essa tratta, poichè l’omissione non consente di verificare l’attendibilità e la pertinenza dell’informazione utilizzata per la decisione e si riflette, pertanto, in una valutazione di scienza privata, in aperta violazione dell’obbligo di collaborazione istruttoria previsto e declinato dal già richiamato del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Merita, al riguardo, di essere affermato il seguente principio, che costituisce la specificazione ulteriore di un orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte: “Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13449 del 17/05/2019, Rv. 653887; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13255 del 30/06/2020, Rv. 658130). A tal fine, il giudice di merito è tenuto ad indicare l’autorità o ente dalla quale la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di idoneità, precisione e aggiornamento della fonte, previsti dal richiamato del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3”.

L’accoglimento, nei termini indicati, della seconda censura implica l’assorbimento del primo motivo – con il quale il ricorrente si duole del fatto che la Corte di Appello abbia ritenuto non credibile la sua storia personale senza esprimere alcuna valutazione in concreto sul suo contenuto, ma limitandosi ad un generico rinvio alla decisione di rigetto assunta dal giudice di prime cure – e del terzo motivo, con cui il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

La sentenza va quindi cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Ancona, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Ancona, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020

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