Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29145 del 21/12/2020

Cassazione civile sez. I, 21/12/2020, (ud. 27/11/2020, dep. 21/12/2020), n.29145

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17136/2019 proposto da:

E.I., elettivamente domiciliato in Sarzana (SP), Via 8

marzo 3, presso lo studio dell’avv. Federico Lera, che lo

rappresenta e difende per procura in calce al ricorso per

cassazione;

– ricorrente –

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso ex lege

dall’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1766/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 20/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/11/2020 dal Dott. Roberto Bellè.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

la Corte d’Appello di Genova ha rigettato l’appello proposto da E.I. avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa città che aveva disatteso la sua domanda di protezione internazionale;

E.I. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi;

il Ministero dell’Interno è ha depositato atto di costituzione in giudizio per l’eventuale partecipazione alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

con il primo motivo il ricorrente ha sostenuto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) sostenendo l’erroneità della valutazione di non credibilità svolta dalla Corte territoriale rispetto al racconto con cui egli aveva esposto di essere fuggito dalla Nigeria per minacce ricevuta dalla setta avversaria, che aveva ucciso anche suo padre;

la Corte territoriale ha in proposito evidenziato le contraddizioni che caratterizzavano l’esposizione dei fatti in quanto la pericolosità della setta non si accordava con l’allegazione in ordine all’essersi piegata la stessa al risarcimento del danno, mentre non era poi chiaro se davvero il ricorrente fosse appartenuto o meno ad una setta rivale;

il motivo, oltre a quanto si dirà rispetto al secondo motivo ed alla protezione sussidiaria, lamentando la mancanza di approfondimento sollecita una rilettura del racconto fornito, richiedendo una diversa valutazione di esso, certamente estranea al giudizio di legittimità (Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148), stante la pacifica pertinenza al giudice del merito del giudizio di fatto sull’attendibilità in tema di protezione internazionale (v. tra le molte, Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340);

con il secondo motivo è addotta (art. 360 c.p.c., n. 3) la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, sostenendosi che la Corte territoriale avesse omesso di procedere ad una completa ed aggiornata valutazione delle condizioni di sicurezza del paese di provenienza;

anche tale motivo, pur volendone leggere il contenuto anche alla luce delle plurime fonti richiamate nel primo motivo, si manifesta come inammissibile;

la Corte territoriale, dopo avere precisato che la zona di provenienza del ricorrente era lontana da quelle caratterizzate da maggiore violenza, ha affermato il ridursi della violenza nel sottostante Stato del Delta, notoriamente caratterizzato da disordini, rifacendosi ad una fonte Onu del dicembre 2017;

il ricorrente a fronte di ciò adduce una pluralità di fonti, di datazione diversa e con contenuti disparati, le quali, anche per difetto di specificità, non riescono ad intercettare un vizio di legittimità dell’argomentare della sentenza impugnata ed anzi si traducono ancora, a ben vedere, nonostante la rubricazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in una richiesta di riesame del giudizio di merito;

il terzo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in tema di protezione umanitaria;

il ricorrente in proposito si limita ad affermazioni generiche, che non rispondono, in senso impugnatorio, al rilievo della Corte di merito in ordine all’assenza di condizioni di vulnerabilità, anche di salute o di particolare integrazione sociale;

il ricorso si manifesta quindi come nel complesso inammissibile;

nulla sulle spese, in quanto il Ministero si è limitato alla mera costituzione in giudizio, senza svolgere attività difensiva.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020

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