Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2914 del 07/02/2020

Cassazione civile sez. II, 07/02/2020, (ud. 29/04/2019, dep. 07/02/2020), n.2914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23296/2015 proposto da:

F.A., F.M., F.R., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI, 99, presso lo studio dell’avvocato

STEFANIA RINALDI, rappresentati e difesi dall’avvocato EUGENIO

TRAVERSA;

– ricorrenti –

contro

G.P., F.I., F.J., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9C INT. 1, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO CANESTRELLI, rappresentati e difesi dagli

avvocati SEVERO CASSINA, PIERGIORGIO SANDRI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 230/2014 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 16/07/201,4;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/04/2019 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- F.A., M. e R., figlie ed eredi di P.G., convennero in giudizio G.P., coniuge di F.L., fratello delle attrici premorto alla madre, nonchè F.I. e J., succeduti alla stessa P. in rappresentazione del padre I., esponendo che la madre era deceduta ab intestato lasciando solo il saldo attivo del suo conto corrente, pari ad Euro 1254,66, ma avendo donato al figlio, con atto del 6 aprile 1989, l’intera quota di patrimonio ereditata dal marito F.V., deceduto il (OMISSIS). Le attrici chiesero pertanto la divisione della massa ereditaria da calcolare a seguito di collazione dei beni donati al fratello, e, in subordine, la riduzione della donazione del 1989 con reintegrazione della loro quota di legittima. Il Tribunale di Trento rigettò le domande.

La Corte d’appello di Trento confermò, con sentenza del 16 luglio 2014, la decisione del primo giudice. La Corte di merito, premesso che, come già evidenziato dal Tribunale, F.L., essendo premorto alla madre, non aveva potuto accettare l’eredità materna, e, pertanto, non poteva essere considerato nè coerede nè chiamato all’eredità della stessa, sottolineò che, in caso di successione per rappresentazione, la delazione ereditaria avviene direttamente nei confronti dei rappresentanti, che succedono iure proprio. Con la conseguenza, con riguardo al caso di specie, che l’accettazione, da parte degli appellati F.I. e J., figli di L. (la moglie G.P. non gli subentrava per rappresentazione), della eredità del padre non equivaleva automaticamente ad accettazione di quella della P., e che essi non potevano considerarsi eredi di costei, ai fini della collazione richiesta dalle appellanti, se non a seguito di accettazione. Correttamente, pertanto, il Tribunale aveva richiesto, ai predetti fini, la dimostrazione della qualità di eredi della P. in capo ai convenuti. Qualità che condivisibilmente, ad avviso della Corte di merito, il Tribunale aveva ritenuto non provata, mancando un’accettazione espressa dell’eredità da parte degli stessi, e non essendo configurabile una ipotesi di accettazione tacita.

Corretta era altresì la decisione del Tribunale di rigetto della domanda di riduzione per lesione di legittima per effetto della donazione effettuata in vita dalla P. in favore del figlio L., in mancanza di previa accettazione dell’eredità con beneficio di inventario da parte delle appellanti. Mentre, con riguardo alla presunta inapplicabilità di detto requisito in ipotesi di insussistenza di relictum, si trattava di domanda nuova e, come tale, inammissibile.

2.- Per la cassazione di tale sentenza ricorrono F.A., M. e R. sulla base di tre censure, illustrate anche da successiva memoria. Resistono con controricorso G.P. e F.I. e J..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 467,737 e 740 c.c.. Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere che i figli subentrati per rappresentazione a L. non avessero l’obbligo di conferire alla massa ereditaria ciò che era stato donato al loro ascendente non avendo acquisito la qualità di eredi. Siffatta interpretazione, in particolare, dell’art. 740 c.c., che espressamente dispone che “il discendente che succede per rappresentazione deve conferire ciò che è stato donato all’ascendente, anche nel caso in cui abbia rinunziato alla eredità di questo”, svuoterebbe di significato la portata di tale obbligo, contravvenendo non solo al dettato letterale della norma, ma altresì alla sua ratio, che è quella di evitare che i coeredi subiscano un pregiudizio dalla partecipazione alla successione dei rappresentanti in luogo del rappresentato.

2. – La doglianza è priva di fondamento.

La collazione postula l’accettazione dell’eredità anche nella ipotesi di rappresentazione. Induce a tale conclusione anzitutto la inesistenza di una diversificazione legislativamente prevista, nell’ambito dell’istituto della collazione, in ragione del fatto che l’obbligato sia il discendente diretto o colui che succede per rappresentazione. Basta, del resto, per convincersene porre mente alla rubrica dell’art. 740 c.c., che fa riferimento alle donazioni fatte all’ascendente dell’erede, presupponendo, dunque, tale qualifica.

Al riguardo, la Corte di merito ha correttamente rilevato che la formulazione dell’art. 467 c.c., secondo la quale la rappresentazione fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado dell’ascendente, deve intendersi non già nel senso che i discendenti siano titolari dei medesimi diritti del rappresentato, ma piuttosto nel senso che gli stessi vengano a trovarsi nella medesima posizione e nel medesimo grado del rappresentato solo ai fini della misura della delazione ereditaria (Cass., sent. n. 12496 del 2007; n. 20018 del 2004), la quale avviene peraltro direttamente nei confronti dei rappresentanti, che mantengono una posizione autonoma rispetto al rappresentato: ciò che comporta, nella specie, che l’avere gli appellati accettato l’eredità del rappresentato non equivaleva automaticamente all’accettazione per effetto della rappresentazione anche di quella della P..

Nè può riconoscersi alcun pregio al rilievo delle ricorrenti secondo il quale la omissione della accettazione dell’eredità da parte del rappresentante gli consentirebbe di trattenere l’intero importo della donazione, con lesione della quota di legittima. Ed infatti l’ordinamento appresta gli strumenti idonei a reintegrare detta quota anche in assenza di collazione, come si vedrà nel prosieguo della trattazione del ricorso all’odierno esame.

3.- Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 485 c.c., in relazione all’affermazione della Corte secondo la quale mancava la prova della qualità di eredi in capo agli appellati. In realtà I. e J. erano nel possesso di un bene ricompreso tra quelli oggetto di donazione, essendo cointestatari di una particella in cui avevano la propria abitazione, e, quindi, di un bene destinato a comporre l’asse ereditario, con la conseguenza che, non avendo compiuto l’inventario, a norma della invocata disposizione codicistica esse dovevano considerarsi eredi pure e semplici.

4.- Anche questa censura risulta immeritevole di accoglimento.

Va rilevato, in proposito, non solo che, come esattamente osservato dalla Corte di merito, le attuali ricorrenti non hanno fornito la prova del possesso dei beni in questione, ma altresì che la particella di cui si tratta è riferibile ai beni donati a F.L. dalla madre, e non ad un bene ereditario, sicchè in relazione ad essa non trova applicazione l’art. 485 c.c.. Infatti, la predetta disposizione, che considera erede puro e semplice il chiamato all’eredità il quale, essendo in possesso, a qualsiasi titolo, di beni ereditari, non faccia l’inventario entro i termini nella norma stessa previsti, non riguarda il donatario, chiamato per legge, che abbia ricevuto beni dal de cuius quando questi era in vita, con atto di liberalità. In tale caso, infatti, vi è un titolo (la donazione) che giustifica il trasferimento del bene, che, quindi, non entra a far parte dell’asse ereditario, salvo che non sia vittoriosamente esperita l’azione di riduzione o, nelle ipotesi di collazione, il donatario non scelga di conferire il bene stesso in natura (v. Cass., sent. n. 2014 del 1970).

5. – Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 564 c.c. e art. 345 c.p.c.. Il rigetto della domanda di divisione della massa ereditaria avrebbe dovuto comportare necessariamente l’accoglimento di quella subordinata di riduzione della donazione a favore di F.L. a prescindere dall’accettazione beneficiata dell’eredità da parte delle attuali ricorrenti. Avrebbe, pertanto, errato la Corte di merito nel ritenere che queste ultime non potessero agire in riduzione se non dopo aver accettato l’eredità con beneficio di inventario, fornendo in tal modo una interpretazione errata dell’art. 564 c.c.. Ciò in quanto nel caso di specie non vi era la necessità di tutela di terzi estranei alla successione che non potessero verificare la consistenza dell’asse ereditario, che costituisce la ratio della disposizione del richiamato art. 564 c.c.. Infatti l’intero asse ereditario era costituito dai beni donati a F.L. dalla madre, la cui consistenza era ben nota alle parti, con la conseguenza che era esclusa la esigenza di separare il patrimonio della de cuius da altri patrimoni al fine di accertare la misura della lesione della quota di legittima. Del resto, una volta esclusa la possibilità di agire per lo scioglimento della comunione ereditaria per inesistenza di relictum, le attuali ricorrenti non avrebbero potuto acquistare la qualità di eredi fino a quando non fosse stata ridotta la donazione di cui si tratta con reintegrazione delle rispettive quote di legittima, donde la esclusione nella specie della accettazione di eredità con beneficio di inventario quale condizione per l’esercizio dell’azione di riduzione. Tale questione, sollevata in sede di giudizio di appello, non era stata esaminata dalla Corte di merito, che la aveva erroneamente ritenuta nuova e pertanto inammissibile.

6.- La doglianza coglie nel segno nelle sue varie articolazioni.

Questa Corte ha già messo in evidenza che la chiara lettera dell’art. 564 c.c., comma 1 – che statuisce che l’accettazione beneficiata, quale condizione di proponibilità dell’azione di riduzione, non è necessaria allorquando la lesione della legittima sia determinata da disposizioni in favore di coeredi – è rispondente alla genesi storica dell’istituto, che riconosce nella redazione dell’inventario (quale elemento costitutivo dell’accettazione beneficiata) una forma di tutela in favore del terzo, al fine di consentirgli di valutare la consistenza dell’asse ereditario per rendere effettiva la garanzia che esso rappresentava per il soddisfacimento delle obbligazioni a carico del de cuius impedendo che, d’accordo con i coeredi, si effettuino sottrazioni od occultamenti e s’invochi poi, di fronte ad estranei, l’insufficienza dei beni esistenti: si assume dunque che detta esigenza non si ponga nel caso di azione esercitata nei confronti degli altri eredi che ben sono in grado di verificare la consistenza dell’asse (cfr. Cass., sent. n. 5768 del 2013).

Nella specie, in cui non vi erano beni da sottoporre ad inventario poichè l’asse ereditario era costituito dai beni donati a F.L., la consistenza di detti beni era ben nota ai figli di costui, che ne avevano accettato l’eredità, a maggior ragione, come rilevato dalle ricorrenti, vigendo nel Trentino il sistema tavolare, in cui la provenienza del bene da donazione risulta iscritta nel libro fondiario. Pertanto, non aveva alcuna ragion d’essere l’obbligo delle attuali ricorrenti di accettare l’eredità della madre con beneficio di inventario quale condizione per proporre l’azione di riduzione delle donazioni.

Esatto è altresì il rilievo, contenuto nel ricorso, secondo il quale, in caso di assenza di relictum, non è necessaria la qualifica di erede ai fini dell’esercizio dell’azione di riduzione. Invero, qualora il de cuius abbia integralmente esaurito in vita il suo patrimonio mediante atti di donazione, sacrificando totalmente un erede necessario, il legittimario che intenda conseguire la quota di eredità a lui riservata dalla legge non ha altra via che quella di agire per la riduzione delle donazioni lesive dei suoi diritti, giacchè, non sorgendo alcuna comunione ereditaria se non vi sia nulla da dividere, solo dopo l’esperimento vittorioso di tale azione egli è legittimato a promuovere od a partecipare alle azioni nei confronti degli altri eredi per ottenere la porzione in natura a lui spettante dell’asse ereditario (cfr. Cass., sent. n. 19527 del 2005). Il legittimario totalmente pretermesso, proprio perchè pretermesso dalla successione, non acquista per il solo fatto dell’apertura della successione, ovvero per il solo fatto della morte del de cuius, nè la qualità di erede, nè la titolarità dei beni ad altri attribuiti, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento, e quindi dopo il riconoscimento dei suoi diritti di legittimario (v. Cass., sent. n. 16635 del 2013).

Tale era la ragione per la quale le attuali ricorrenti avevano introdotto la domanda subordinata di riduzione della donazione per l’ipotesi in cui si fosse ritenuto non potersi far luogo a divisione della massa ereditaria per assenza di relictum. La Corte ha, tuttavia, errato nel ritenere nuova, e, pertanto, inammissibile la domanda nella parte relativa all’assenza di relictum che avrebbe consentito alle appellanti di proporla senza essere tenute ad accettare previamente l’eredità con beneficio di inventario – erroneamente rigettandola, per quanto appena chiarito, nella parte relativa alla asserita lesione della legittima per effetto della donazione per la mancata realizzazione della condizione della previa accettazione beneficiata dell’eredità materna – per essersi le appellanti stesse dapprima dichiarate eredi legittimarie lese e solo successivamente eredi pretermesse.

In realtà nessuna mutatio libelli è configurabile nella specie, non avendo le appellanti introdotto nel processo alcun tema di indagine nuovo siccome fondato su presupposti totalmente diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo del giudizio, tali da alterare il regolare svolgimento del contraddittorio. La pretermissione delle attuali ricorrenti dall’eredità non è stata rappresentata nel grado di appello come una circostanza o un’argomentazione diversa, non dedotta nel giudizio di primo grado, ma piuttosto come l’altro aspetto della lesione della quota di legittima operata dalla donazione disposta a favore di F.L. dalla madre, che aveva determinato l’azzeramento del relictum. Sicchè, appare logico e giuridicamente corretto che la azione a tutela della quota di legittima venisse formulata dalle sorelle F. in modo alternativo, quale divisione della comunione ereditaria per la eventualità in cui venisse riconosciuta l’esistenza di una massa ereditaria da dividere, e quale azione di riduzione della donazione in caso contrario.

7. – Conclusivamente, deve essere accolto il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo ed il secondo. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Trento – cui è demandato altresì il regolamento delle spese del presente giudizio – perchè la riesamini alla stregua dei principi di diritto enunciati sub 6.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo, rigetta il primo ed il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Trento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2020

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