Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29135 del 11/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/11/2019, (ud. 03/05/2019, dep. 11/11/2019), n.29135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20947-2018 proposto da:

M.N., S.A., D.G., L.A.,

C.O., O.N., DU.AU., CU.CL.,

LA.UM., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE

AVEZZANA 6, presso lo studio dell’avvocato MATTEO ACCIARI,

rappresentati e difesi dall’avvocato BRUNO GUARALDI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il

15/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott.sa MILENA

FALASCHI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte di appello di Perugia, con decreto n. 7160/2017 del 15 dicembre 2017, accogliendo il ricorso proposto da C.O., Du.Au., Cu.Cl., La.Um., M.N., S.A., O.N., D.G. ed L.A., della L. n. 89 del 200, ex art. 3, ha condannato il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti a titolo di equa riparazione della somma di Euro 4.500,00 con gli interessi dalla data della domanda; condannava altresì il predetto Ministero al rimborso in favore dei ricorrenti delle spese processuali che si liquidavano in Euro 405,00.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia C., Du., Cu., La., M., S., O., D. e L. propongono ricorso per Cassazione, fondato su due motivi.

Il Ministero dell’economia e delle finanze resiste con controricorso.

Su proposta del relatore, che riteneva che potesse essere dichiarato fondato il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Atteso che:

– con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., dell’art. 2233 c.c. e del D.M. Giustizia n. 55 del 2014, per aver la Corte di Appello omesso di riconoscere i compensi difensivi per uno di essi ed aver accordato somme inferiori al minimo previsto dalla tariffa forense.

Il motivo è fondato nei termini di seguito illustrati.

Va preliminarmente escluso che nella specie possa trovare applicazione la disposizione di cui al D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140, art. 1, comma 7, giacchè rispetto a questo, il D.M. n. 55 del 2014, è prevalente, in quanto lex posterior regolativa e lex specialis.

Ciò posto, il D.M. 10 marzo 2014, n. 55, “Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 13, comma 6”, indica i parametri medi del compenso professionale dell’avvocato, dai quali il giudice si può discostare, purchè si mantenga tra il minimo ed il massimo risultanti dall’applicazione delle percentuali di scostamento, in più o in meno, previste da tale decreto, art. 4, comma 1, e sulla scorta di apposita e specifica motivazione.

La liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessive Euro 405,00, si pone effettivamente al di sotto dei limiti imposti dal decreto, avuto riguardo ai parametri tariffari contemplati dal D.M. n. 55 del 2014.

Infatti, pur applicando la massima riduzione ai singoli importi per ciascuna voce, ai sensi del citato D.M., art. 4, comma 1, la somma totale liquidabile per il primo ricorso di cui al decreto n. 6626/12, sarebbe di Euro 510,00, così computata: Euro 255,00 per la fase di studio della controversia (a fronte di Euro 510,00 come importo medio ordinario); Euro 255,00 per la fase introduttiva del giudizio (a fronte di Euro 510,00 quale importo medio ordinario).

Per il ricorso n. 6624/12 la somma totale liquidabile sarebbe di Euro 1.198,50, così computata: Euro 255,00 per la fase di studio della controversia (a fronte di Euro 510,00 come importo medio ordinario); Euro 255,00 per la fase introduttiva del giudizio (a fronte di Euro 510,00 quale importo medio ordinario); Euro 238,50 per la fase istruttoria (per effetto della riduzione del 70%, applicabile per tale voce, rispetto alla somma ordinaria prevista in tabella di Euro 945,00); Euro 405,00 per la fase decisionale (a fronte di Euro 810,00 quale importo medio ordinario).

Secondo la Suprema Corte infatti, “In caso di riunione di più cause, la liquidazione di un compenso unico, prevista dalle abrogate tariffe professionali, esclusivamente per gli onorari, può aver luogo soltanto per l’attività difensiva prestata dal momento della riunione” (Cass. 28 maggio 2018 n. 13276.).

Per tali ragioni il compenso totale dovuto dovrebbe essere – nel minimo – di Euro 1.708,5, risultante dalla somma dei compensi per il primo ricorso di Euro 510,00 con i compensi del secondo ricorso di Euro 1.198,50, computata una sola volta la voce per la fase decisionale.

Quanto al profilo della censura attinente alla mancata applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 2, secondo cui: “Quando in una causa l’avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 5 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di venti”, va data continuità all’orientamento di questa Corte, già applicato nella vigenza dell’abrogato D.M. n. 127 del 2004, art. 5, comma 4, a tenore del quale con riguardo alla liquidazione degli onorari a carico della parte soccombente, il riconoscimento della maggiorazione del venti per cento della parcella unica nel caso di assistenza e difesa di più parti aventi la stessa posizione processuale non comporta l’introduzione di un minimo inderogabile della tariffa, bensì importa l’esercizio di un potere discrezionale del giudice, non sindacabile in sede di legittimità (Cass. 26 marzo 2019 n. 8299; Cass. 10 gennaio 2017 n. 269; Cass. 21 luglio 2011 n. 16040; Cass. 2 febbraio 2007. n. 2254);

– con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ex art. 360, n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 93 c.p.c., e dell’art. 112 c.p.c., per aver la Corte territoriale omesso di pronunziare sulla richiamata antistarietà.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo.

L’accogliendo del primo motivo, infatti, determina la rimessione della valutazione al giudice di merito per la liquidazione delle spese relative all’intera vicenda processuale, con conseguente assorbimento della seconda censura sulla distrazione.

In definitiva, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Il provvedimento impugnato va, pertanto, cassato in relazione alle spese, con rinvio a diversa Sezione della Corte di appello di Perugia, che provvederà a rideterminare le spese processuali e regolamenterà anche le spese relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa la decisione impugnata in relazione alla quantificazione delle spese processuali e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, a diversa Sezione della Corte di appello di Perugia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 3 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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