Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29133 del 11/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/11/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 11/11/2019), n.29133

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11998-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MONTI LESSINI 3, presso lo studio dell’avvocato BRUNELLA ARIGANELLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIANCARLO GENTILE;

– ricorrente –

e contro

M.F., INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE

CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1670/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 06/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SPENA

FRANCESCA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 21 settembre – 6 ottobre 2017 numero 1670 la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la sentenza del Tribunale di Cosenza, che aveva accolto l’opposizione proposta da M.F. nei confronti di EQUITALIA SUD S.p.A. e dell’INAIL per l’impugnazione della iscrizione ipotecaria comunicata in data 1 febbraio 2011, a garanzia, tra l’altro, dei premi posti in riscossione con tre cartelle esattoriali (notificate in data 25 maggio 2004, 31 gennaio 2005, 4 gennaio 2006);

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che le cartelle esattoriali risultavano notificate e non opposte, come accertato nel primo grado; tuttavia, con la opposizione alla esecuzione ex art. 615 c.p.c., non soggetta al termine di quaranta giorni di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, potevano farsi valere i fatti estintivi successivi alla notificazione della cartella, come la prescrizione dei

crediti. L’appellante EQUITALIA assumeva essere applicabile a seguito della definitività della cartella esattoriale il termine decennale di prescrizione in luogo del termine quinquennale previsto dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9 e s.s.; tale deduzione era infondata, per quanto affermato dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nell’arresto del 17 novembre 2016 numero 23397.

che avverso la sentenza ha proposto ricorso AGENZIA DELLE ENTRATE- RISCOSSIONE, quale ente pubblico subentrato alle società del gruppo EQUITALIA, articolato in un unico motivo, avverso il quale gli intimati non hanno opposto difese;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti-unitamente al decreto di fissazione dell’udienza- ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che la parte ricorrente ha dedotto con l’unico motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20 e D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 17.

Ha assunto che con la trasmissione del ruolo all’Agente della riscossione si determinerebbe un effetto novativo dell’obbligazione posta in riscossione: le singole obbligazioni per contributi, sanzioni, accessori e spese- dovute a separate ragioni di credito- verrebbero inglobate in un unico credito, senza che sia possibile scorporarne le voci; con la conseguenza che la prescrizione non seguirebbe il regime originario dei crediti contributivi portati dal ruolo.

Ferma la inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. (come enunciata da Cass., SU, sentenza n. 23397/2016), il diritto ad azionare il credito da parte dell’Agente della riscossione, in assenza di disposizioni speciali, sarebbe dunque soggetto alla generale prescrizione di cui all’art. 2946 c.c..

A riscontro della rinnovata natura della obbligazione la parte ricorrente ha indicato vari indici normativi.

Ha dedotto che una univoca indicazione nel senso dell’applicazione ai crediti esattoriali della prescrizione ordinaria si trarrebbe dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, a tenore del quale l’ente creditore, dopo il discarico dell’Agente della riscossione per inesigibilità del credito iscritto, può riaffidarlo in riscossione ove individui significativi elementi reddituali e patrimoniali riferibili ai debitori, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione “decennale”. La norma era applicabile alla generalità dei crediti da iscriversi a ruolo e da essa emergeva la individuazione in dieci anni del termine di prescrizione dopo l’affidamento del ruolo all’agente della riscossione. Il legislatore delle leggi esattoriali si era ispirato al criterio dell’adozione di una disciplina uniforme della riscossione a mezzo ruolo e quando aveva inteso limitare l’ambito di applicazione di talune disposizioni alle sole entrate tributarie -ovvero alle imposte sui redditi- lo aveva previsto espressamente. Gli artt. 19 e s.s. erano tra l’altro contemplati nel capo secondo del D.Lgs. n. 112 del 1999, relativo ai principi generali dei diritti e degli obblighi del concessionario ed erano, dunque, applicabili alla generalità dei crediti da iscriversi a ruolo.

che ritiene il Collegio si debba dichiarare il ricorso inammissibile a mente dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1;

che le censure svolte con l’unico motivo non pongono in discussione il principio, enunciato dalle sezioni Unite di questa Corte nell’arresto del 17 novembre 2016 n. 23397, secondo cui la scadenza del termine per proporre opposizione avverso la cartella esattoriale non determina la conversione del termine di prescrizione breve (nella specie quinquennale, L. n. 335 del 1995, ex art. 3, commi 9 e 10) in termine decennale, secondo il regime dell’art. 2953 c.c.; si assume, piuttosto, che lo stesso effetto derivi dalla novazione della obbligazione prodotta dalla iscrizione a ruolo, in ragione della disciplina prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973.

L’assunto non è condivisibile.

Questa Corte si è già pronunciata in relazione ad analoghi ricorsi proposti dalla medesima Agenzia con ordinanze del 4.12.2018 n. 31352 e 6.12.2018 n. 31658 e successivamente con ordinanze numeri 6888, 10025, 10595, 10796, 10797 del 2019; il ricorso non offre elementi per la rimeditazione dei principi ivi espressi.

Non si individuano, in primo luogo, tratti di novità nella disciplina del credito iscritto a ruolo tali da far ritenere la estinzione del credito originario e la costituzione di un nuovo credito avente titolo nel ruolo.

Il legislatore individua i crediti per cui si procede come “credito” iscritto a ruolo a meri fini descrittivi, che non attestano alcun effetto giuridico.

Il preteso effetto di novazione “ex lege” dovrebbe trovare riscontro in una diretta disposizione normativa o, comunque, in una disposizione inequivoca,nella specie carente.

Le deduzioni svolte dalla parte ricorrente, in riferimento alla disciplina del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6 – nella parte in cui prevede il riaffidamento della riscossione del credito “a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale” – non valgono a porre in dubbio quanto già osservato in riferimento alla norma dalle Sezioni Unite di questa Corte nell’arresto n. 23397/2016.

Invero- anche a voler ammettere, come sostiene parte ricorrente, la applicabilità della procedura di discarico alla riscossione dei crediti previdenziali e la sua rilevanza anche esterna ai rapporti tra ente impositore ed agente della riscossione – resterebbe preclusivo il rilievo (cfr. sentenza citata, in motivazione, punto 19.6 e 19.7) che la norma fa riferimento al termine di prescrizione decennale, con espressione ellittica, unicamente in quanto trattasi del termine che si applica ordinariamente per la riscossione delle imposte, senza alcun possibile riferimento all’art. 2953 c.c. ed, a maggior ragione, ad un effetto novativo derivante dalla iscrizione a ruolo dei crediti (fiscali e previdenziali).

Da ultimo, l’effetto di novazione della obbligazione previdenziale non può farsi discendere dai principi di efficienza ed economicità della azione amministrativa, perchè tali principi si prestano, all’opposto, a sorreggere la ratio acceleratoria sottesa alla fissazione del termine breve di prescrizione oltre che alla generalizzazione per i crediti degli enti pubblici previdenziali del regime della riscossione mediante ruolo;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio, ex art. 375 c.p.c.;

che non vi è luogo alla refusione delle spese, per la mancata costituzione degli intimati;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi del L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 5 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 11 novembre 2019

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