Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29132 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 28/12/2011), n.29132

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21874-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 110/18/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di NAPOLI del 22.4.08, depositata il 09/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO COSENTINO.

è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:

“L’Agenzia delle Entrate ricorre contro P.A. per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato gli avvisi di accertamento per IRPEF-IRAP 1998 (ove si accertava maggior imponibile per oltre 900 milioni di lire) e per IRPEF-IRAP- IVA 1999 (ove si accertava maggior imponibile per oltre 500 milioni di lire).

Il ricorso si fonda su un solo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, con cui si deduce il vizio di ultrapetizione nel quale sarebbe incorsa la sentenza gravata annullando totalmente gli avvisi di accertamento impugnati, nonostante che nei ricorsi proposti della contribuente contro gli atti impositivi non fosse stata svolta alcuna doglianza in relazione ad una delle riprese a tassazione ivi contenute e, precisamente, in relazione alla ripresa avente ad oggetto la deduzione di costi di manutenzione e riparazione operata oltre i limiti quantitativi fissati dall’art. 67 TUIR (vecchio testo).

Preliminarmente si rileva che la presente lite fiscale non può essere definita secondo la procedura agevolata di cui al D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, convertito con la L. n. 111 del 2011, essendo la stessa, in considerazione dell’ammontare degli imponibili accertati con gli atti impositivi impugnati, di valore superiore a Euro 20.000. Ciò posto, il ricorso deve giudicarsi inammissibile per mancanza di autosufficienza, poichè nel medesimo non è stato trascritto il testo dei ricorsi proposti dalla contribuente avverso gli atti impostivi impugnati, nè comunque si è riportato, quanto meno per riassunto, 1′ esatto tenore di tale testo (il cui contenuto viene riepilogato a pag. 4, righi 7-10, del ricorso nei seguenti termini: “I due ricorsi, oltre a lamentare la nullità degli avvisi per omessa sottoscrizione da parte del Capo dell’Ufficio e a censurare le altre riprese operate dall’ufficio, nulla deducevamo in merito”), cosicchè la Corte non è messa in condizione di rilevare dalla sola lettura del ricorso il fatto processuale (ossia la mancata contestazione, da parte della contribuente, della ripresa a tassazione di somme considerate indeducibili negli avvisi di accertamento) a cui la ricorrente ricollega il denunciato errar in procedendo. Se, infatti, è vero che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, quale indubbiamente il vizio di ultra o extrapetizione, è anche giudice del fatto ed ha il potere-dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale potere-dovere è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (Cass. 1170/2004, nella cui chiara motivazione si legge:

“il Comune ricorrente avrebbe dovuto anzitutto porre a base delle proprie doglianze in modo rituale l’originario ricorso della contribuente, precisandone l’esatto tenore eventualmente anche mediante sua integrale trascrizione nel ricorso per cassazione. Per costante giurisprudenza di questa Corte, il principio dell’autosufficienza de ricorso per Cassazione impone al incorrente di indicare tutte le circostanze e tutti gli elementi con incidenza causale sulla controversia, il cui controllo deve avvenire sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative. Detto principio trova applicazione anche allorchè il ricorrente per Cassazione lamenti la violazione di una norma processuale, sicchè egli ha l’onere di indicare tutti gli elementi di fatto che determinarono la dedotta violazione al fine di permettere la valutazione della decisività della questione. In applicazione del principio in discorso, il ricorrente che, come nella specie, lamenti la pronunzia ultra petita, da parte del giudice di merito, su una domanda, onde evitare una pronuncia di inammissibilità per lacunosità della censura, ha l’onere di riportare in ricorso tale domanda. In mancanza, la censura si risolve in un’affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione, in violazione del ridetto principio, che mira ad assicurare che il ricorso per Cassazione consenta, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere, costituendo il principio medesimo un particolare atteggiarsi del disposto normativo della specificità dei motivi di impugnazione (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4)” conformi, sent.

18715/04, 22298/04, 8575/05,9275/05, 16245/05).

In conclusione, si ritiene che il procedimento possa essere definito in camera di consiglio, con la declaratoria di inammissibilità del ricorso”; che la contribuente non si è costituita;

che la relazione è stata comunicata al P.M. e notificata alle parti;

che non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide le argomentazioni esposte nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile, senza regolazione di spese, in mancanza di costituzione della intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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