Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29130 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 03/07/2018, dep. 13/11/2018), n.29130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G.N. 12066/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici domicilia in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

EUROLOGISTICA S.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa in forza di procura speciale posta a

margine del controricorso dall’Avv. Carlo Romeo, elettivamente

domiciliata presso il suo studio in Roma Viale delle Milizie, 76;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 21/8/2011 della Commissione tributaria

regionale della Toscana, depositata in data 31 marzo 2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

luglio 2018 dal Consigliere Gianluca Grasso.

Fatto

RITENUTO

che la Eurologistica S.p.a. impugnava l’avviso di pagamento con il quale era stata richiesta la restituzione delle somme indebitamente compensate, oltre interessi e indennità di mora, per un importo complessivo di Euro 35.508,10, deducendo l’erronea interpretazione del termine di cui al D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, alla luce dei principi generali del diritto e dell’art. 152 c.p.c., comma 2, la violazione dei principi di collaborazione e buona fede di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 10, per non avere l’Ufficio emanato un provvedimento attestante la regolarità della dichiarazione e l’utilizzabilità del credito ai sensi del D.P.R. n. 277 del 2000, artt. 3 e 4, nonchè il decorso del termine quinquennale di prescrizione del credito dell’amministrazione finanziaria in materia di accisa di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 15;

che la Commissione tributaria provinciale di Firenze, in accoglimento del primo motivo di ricorso, con sentenza n. 62/15/2008, depositata il 24 ottobre 2008, annullava l’avviso di pagamento, compensando le spese di lite;

che, con sentenza n. 21/08/2011, depositata in data 31 marzo 2011, la Commissione tributaria regionale della Toscana respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane in quanto i termini previsti dalla L. n. 448 del 1998, art. 4,comma 3, come modificato dal D.P.R. n. 277 del 2000, art. 7, devono essere considerati come ordinatori e non perentori;

che l’Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo;

che la Eurologistica S.p.a. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3 e dell’art. 152 c.p.c.. Si sottolinea, al riguardo, che la Commissione tributaria regionale della Toscana, nella sentenza impugnata, confermando la sentenza di prime cure, ha ribadito la natura ordinatoria dei termini previsti dalla L. n. 448 del 1998, art. 4, comma 3, come modificato dal D.P.R. n. 277 del 2000, art. 7. Secondo la Commissione, tale interpretazione sarebbe giustificata dal disposto del medesimo art. 4, secondo cui il soggetto può utilizzare il credito in compensazione entro l’anno solare in cui è sorto per effetto delle disposizioni di cui al comma 2 e che per l’eventuale eccedenza l’interessato può presentare richiesta di rimborso entro sei mesi successivi a tale anno. L’Amministrazione denuncia l’erroneità della decisione poichè il principio generale di cui all’art. 152 c.p.c. vige nell’ambito del diritto processuale per il compimento degli atti del processo mentre, nell’ambito del diritto sostanziale, vige l’opposto principio che tutti i termini sono perentori, salva diversa disposizione di legge. Si evidenzia, inoltre, che la ratio del D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3, risiede nel fatto che, trattandosi di un beneficio fiscale, sono stati previsti una serie di adempimenti contabili, documentali e temporali a salvaguardia degli interessi erariali e delle esigenze di corretta gestione dell’istituto. Il regolamento introduce, al riguardo, una procedura speciale di esercizio del diritto di credito attraverso la compensazione, che consente una accelerazione rispetto ai tempi previsti per il rimborso. Conseguentemente, una volta che il contribuente abbia scelto la procedura della compensazione, ciò determina l’obbligo di osservare tutte le prescrizioni fissate dal citato regolamento di attuazione, compresa l’osservanza dei termini ivi indicati a pena di decadenza. Gli operatori che intendono usufruire dei crediti di imposta previsti devono presentare entro il 30 giugno successivo alla scadenza di ciascun anno solare apposita dichiarazione contenente l’indicazione del numero di autoveicoli in ordine ai quali compete il beneficio, i dati delle fatture di acquisto del gasolio, il numero totale dei litri di gasolio consumati per i quali si chiede il rimborso. Decorsi sessanta giorni dal ricevimento della dichiarazione da parte dell’ufficio doganale, senza che al soggetto sia stato notificato il provvedimento di diniego, l’istanza si considera, accolta, e l’esercente può utilizzare l’importo a credito spettante in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 e del D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3. L’ipotesi contemplata dal D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3, si colloca in una fase procedimentale successiva alla presentazione dell’apposita dichiarazione (con la quale viene espresso l’intendimento di utilizzare in compensazione il credito maturato) che produce un effetto impeditivo della decadenza. A partire dallo spirare dell’anno solare nel corso del quale avrebbe dovuto essere effettuata la compensazione, si configura la decorrenza di un termine decadenziale semestrale, distinto dal generale termine di decadenza biennale, di cui all’art. 14 del Testo unico accise, la cui operatività è preclusa dall’avvenuto esercizio del diritto da parte dei soggetti legittimati, mediante la presentazione dell’apposita dichiarazione;

che il motivo è fondato;

che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, il beneficio del credito di imposta per il trasporto merci di cui al D.L. n. 265 del 2000, conv. con la L. n. 343 del 2000, può essere esercitato, ai sensi del D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4,comma 3, entro il 31 dicembre dell’anno solare in cui è avvenuto il consumo, mediante la compensazione prevista dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, ovvero entro il 30 giugno dell’anno solare successivo, mediante istanza di rimborso in denaro della quota non compensata (Cass. 7 marzo 2018, n. 5413; Cass. 17 marzo 2017, n. 6937; Cass. 18 maggio 2012, n. 7879);

che la categoricità della formula letterale dell’art. 4 cit. (“gli esercenti… utilizzano il credito in compensazione entro…”) e la ratio di contenere nel tempo l’esercizio dell’agevolazione a fini di certezza del gettito fiscale indicano che il doppio termine è imposto a pena di decadenza, pur in assenza di un’espressa qualificazione in tal senso;

che l’agevolazione in esame contempla, pertanto, due modalità di rimborso del credito d’imposta in favore dell’avente diritto: a) entro il 31 dicembre dell’anno solare in cui è avvenuto il consumo, mediante la compensazione prevista dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 (cfr. D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3); b) entro il 30 giugno dell’anno solare successivo a quello in cui è avvenuto il consumo, mediante istanza di rimborso in denaro del credito d’imposta ovvero il rimborso, sempre in denaro, della differenza fra l’ammontare complessivo del credito d’imposta e la parte di quest’ultimo utilizzata in compensazione entro l’anno solare precedente (D.P.R. n. 277 del 2000, art. 3, comma 1 e art. 4,comma 3);

che tale criterio, anche a fini di certezza del bilancio pubblico, risponde allo scopo di far coincidere la compensazione con il periodo d’imposta relativo al consumo che dà origine al beneficio (e, quindi, con l’annualità in cui deve avvenire il saldo dell’accisa relativa a quel consumo), con la possibilità di slittamento, nei limiti del semestre successivo, del solo rimborso degli importi residui, entro il quale la partita di dare/avere deve essere definita;

che tale interpretazione è imposta dal rilievo che le leggi che dispongono agevolazioni tributarie sono di stretta interpretazione, sicchè devono esser applicate, rigorosamente, nei termini e nei modi stabiliti anche in rapporto all’interesse della certezza del gettito fiscale rilevante ai fini del bilancio dello Stato (Cass. n. 5413 del 2018);

che non si applica, nel caso di specie, il principio enunciato dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. U, 30 giugno 2016, n. 13378, successivamente ribadito da Cass. 11 maggio 2018, n. 11507) per cui in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43,se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante;

che, come specificato dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. U, 30 n. 13378 del 2016), il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze, come accade nel caso di specie, con riferimento al beneficio del credito di imposta per il trasporto merci, alla luce delle disposizioni richiamate (D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 3), che impongono il doppio termine a pena di decadenza (analogamente è a dirsi nell’ipotesi prevista nel D.M. 22 luglio 1998, n. 275, il quale, all’art. 6, stabilisce che il credito di imposta è indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è concesso, Cass. 14 novembre 2012, n. 19868);

che, nel caso di specie, il credito carbon-tax è relativo all’anno 2000, la società ha presentato la relativa dichiarazione nel giugno 2001, per cui la compensazione avrebbe dovuto essere effettuata entro il 31 dicembre 2001. Il contribuente ha invece utilizzato il credito in compensazione mediante modello F24 in data 18 marzo 2002 quando avrebbe potuto presentare solo un’istanza di rimborso per l’eccedenza non compensata;

che il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata. Non occorrendo accertamenti di fatto, la causa è decisa nel merito, con il rigetto dell’impugnazione avverso l’avviso di pagamento;

che le spese devono essere integralmente compensate tra le parti poichè, a fronte dei dubbi circa la natura perentoria del doppio termine di compensazione e di rimborso – stante l’assenza di un’espressa comminatoria di decadenza – il chiarimento giurisprudenziale è intervenuto dopo i gradi di merito con la pronuncia Cass. n. 7879 del 2012.

P.Q.M.

accoglie il ricorso e per l’effetto rigetta l’impugnazione avverso l’avviso di pagamento; compensa tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 3 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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