Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2913 del 15/02/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2913 Anno 2016
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

Data pubblicazione: 15/02/2016

SENTENZA

sul ricorso 13672-2010 proposto da:
OLTOLINA S.P.A. (c.f. 00223450131), FINGEST HOLDING
S.R.L. (c.f. 01303760332), in persona dei rispettivi
legali rappresentanti pro tempore, elettivamente
domiciliate in ROMA, VIA MARCELLO PRESTINARI 15,
presso l’avvocato PATRIZIA MARINO, che le rappresenta
2016
131

e difende unitamente all’avvocato DANIELE GIUSTO,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –

.,
contro

I

LEASINT S.P.A. (c.f./p.i. 01682080153), già INTESA

A
i

LEASING S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ARCHIMEDE 138, presso l’avvocato ANTONIO STANIZZI,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
NIVES PARIMBELLI, giusta procura speciale per Notaio
dott. ALFONSO AJELLO di MILANO – Rep.n. 544591 del

controricorrente

3.6.2010;

avverso la sentenza n. 530/2010 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 25/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/01/2016 dal Consigliere Dott. LOREDANA
NAZZICONE;
udito, per le ricorrenti, l’Avvocato P. MARINO che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito,

per la controricorrente,

l’Avvocato M.

FERRARI, con delega, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

\

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Milano con sentenza del 25
febbraio 2010 ha confermato la sentenza del tribunale
della stessa città, la quale aveva respinto la domanda
proposta dalle odierne ricorrenti contro la Intesa Leasing
s.p.a. e volta al risarcimento del danno per l’indebita
di un credito in sofferenza per 248.705,00 al 28
febbraio 2003.
La

corte

territoriale

ha

ritenuto

che

la

documentazione prodotta dimostrasse la doverosità, della
segnalazione del credito a sofferenza, posta la situazione
di grave difficoltà economica nei pagamenti della Oltolina
s.r.1., non essendo, invece, richiesta la definitiva
irrecuperabilità della stessa.
Infatti, le segnalazioni erano state precedute
dall’intimazione di risoluzione per inadempimento del
contratto di

leasing,

seguita bensì – alla data del 20

febbraio 2003 – dal pagamento di canoni pregressi, ma non
dal rilascio dell’autorizzazione permanente di addebito in
conto dei canoni, mediante il modello “rid”: condizione
cui, invece, la concedente aveva subordinato la ripresa
del rapporto, evidenziando che, inoltre, in tal caso la
somma sarebbe stata considerata in conto del risarcimento
del danno. Essa, dunque, si era dichiarata disposta a
rinunciare

al

credito maturato ed alla penale, pur di

ottenere maggiore sicurezza della riscossione futura, e la
consegna di tali modelli “rid” – contrariamente
all’assunto delle appellanti – non costituiva una mera
modalità di pagamento, ma la legittima condizione per il
ripristino dei contratti di leasing.
La condizione di inadempimento, pertanto, non
presentava affatto carattere di occasionalità, ma era al
contrario reiterata, autorizzando una diagnosi negativa
circa le condizioni patrimoniali della debitrice; né
l’insussistenza di una situazione di sofferenza poteva
R.G. 1367212010

3

1I cons

segnalazione alla centrale dei rischi della Banca d’Italia

ritenersi emergere dal bilancio al 31 dicembre 2002, come
preteso dalla

sia perché ignoto alla controparte

lessee,
h

al momento delle segnalazioni di febbraio e marzo 2003,
sia

perché

dalla

contraddette

situazione

sopra

evidenziata.
Contro questa sentenza viene proposto ricorso per
cassazione dalle soccombenti, affidato a tre motivi;

resiste l’intimata con controricorso. Entrambe le parti
hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, si deduce la violazione o
la falsa applicazione della circolare della Banca d’Italia
dell’il febbraio 1991, n. 139, e successivo aggiornamento,
in relazione agli art. 53, l ° comma, lett.
comma, lett. b)

b),

67, 1 °

e 107, 2 ° comma, d.lgs. n. 385 del 1993,

in quanto nella predetta normativa regolamentare è
previsto che l’appostazione a sofferenza implica, da parte
dell’intermediario, la valutazione della complessiva
situazione finanziaria del cliente e non deriva
automaticamente da un ritardo: laddove la corte del merito
ha fondato il suo convincimento su circostanze inidonee a
configurare una incapacità non transitoria, considerato
che ad ogni inadempimento contestato era sempre seguita la
riattivazione del contratto. Infatti, la società di
leasing,

pur dopo l’intimazione della risoluzione, aveva

permesso sempre la prosecuzione del rapporto,
evidentemente non reputando esistere un’incapacità nei
pagamenti. La mancata consegna dei “rid” non è, poi,
idonea a dimostrare lo stato di incapacità patrimoniale,
ma costituiva mera modalità di pagamento.
Con il secondo motivo, si lamenta la violazione e la
falsa applicazione degli art. 1362, 2 ° coma, 1175 e 1375
c.c., posto che la concedente aveva sempre offerto la
possibilità di ripristino dei contratti, comportamento in
sé significativo del giudizio positivo sulla condizione
finanziaria della utilizzatrice: onde condizionare poi il
R.G. A3672/2010

4

neon

L

ripristino del contratto al rilascio dei “rid” si palesava
contrario a buona fede.
Con il terzo motivo, si deduce, ai sensi dell’art.
360, 1 ° comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di documenti e
l’omessa ammissione di prove, nonché il travisamento del
bilancio al 31 dicembre 2002, non sussistendo alcun
positive in questo presenti, mentre comunque era onere
della controparte acquisire detto bilancio ed informarsi
sulle condizioni patrimoniali dell’utilizzatrice. Inoltre,
la corte del merito non ha ammesso la prova sui capitoli,
volti a provare la circostanza decisiva della mancata
attivazione dell’intermediario al fine di effettuare
indagini conoscitive; ed ha errato nell’indicare l’importo
oggetto della segnalazione, neppure tenendo conto del
versamento della somma di E 58.000,00.
2. – I primi due motivi, che possono essere
congiuntamente trattati in quanto intimamente connessi,
sono infondati.
2.1. – Rilevano, al riguardo, la deliberazione CICR
del 16 maggio 1962, che ha istituito il Servizio per la
centralizzazione dei rischi bancari gestito dalla Banca
d’Italia; la deliberazione CICR del 29 marzo 1994, emessa
ai sensi degli art. 53, l ° comma, lett. b), 67, l ° comma,
lett. b) e 107, 2 0 comma, d.lgs. n. 385 del 1993, che
disciplina il servizio; le Istruzioni emanate dalla Banca
d’Italia di cui alla Circolare dell’il febbraio 1991, n.
139, e successivi aggiornamenti.
Secondo l’art. 5 di queste ultime, nel testo di cui
all’8 ° aggiornamento applicabile ratione temporis (ma, sul
punto, non mutato sino ad oggi), che riguarda le “modalità
di segnalazione” delle sofferenze, va qui ricondotta
“l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti
in stato di insolvenza, anche non accertato
giudizialmente,

o

in

situazioni

sostanzialmente

equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni
RG. !3672/200

5

11 cons

elemento che potesse contraddire le risultanze contabili

di perdita formulate dall’azienda. Si prescinde, pertanto,

dall’esistenza di eventuali garanzie (reali o personali)
poste a presidio dei crediti. / L’appostazione a
sofferenza implica una valutazione da parte
dell’intermediario

della

complessiva

situazione

finanziaria del cliente e non può scaturire
pagamento del debito”.
2.2. – Orbene, costituisce principio costantemente
affermato da questa Corte quello secondo cui, ai fini
della segnalazione alla centrale dei rischi, la nozione di
insolvenza non si identifica con quella propria
fallimentare, ma si concretizza in una valutazione
negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come

“deficitaria”,
economica”,

ovvero come di

“grave difficoltà

senza, quindi, alcun riferimento al concetto

di incapienza o irrecuperabilità (Cass. 16 dicembre 2014,
n. 26361; 9 luglio 2014, n. 15609; 10 ottobre 2013, n.
23093; 12 ottobre

n. 21428): dunque, pur

2007,

oggettivamente derivata dal modello di cui all’art. 5
1.f., si tratta tuttavia di una nozione levior rispetto a
quella dell’insolvenza fallimentare (cfr. Cass. 1 0 aprile
2009, n. 7958; 12 ottobre 2007, n. 21428, cit.).
2.3. – Lamenta parte ricorrente che, nella specie,
non vi fosse una simile situazione di “sofferenza”.
Tuttavia, la corte del merito non si è limitata
all’astratto richiamo ai suddetti principi (che, per la
verità, entrambe le parti condividono), ma ne ha fatto
concreta applicazione, laddove ha ritenuto che
l’inadempimento non avesse affatto il carattere della
occasionalità, proprio perché, nonostante le reiterate
riattivazioni dell’accordo, l’utilizzatrice continuava ad
essere gravemente morosa: conseguentemente inferendone
che i ripetuti inadempimenti potessero essere
legittimamente assunti come sintomatici di una difficoltà
perdurante al pagamento.
R.G.13672/2010

6

automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel

Si tratta di una valutazione che, da un lato, non
viola le richiamate disposizioni laddove applica il
principio ricordato, mentre, per il resto, costituisce un
giudizio di merito insindacabile in questa sede.
2.4. – Ha aggiunto, in particolare, la sentenza
impugnata individuandovi un indice dello stato predetto
condizione cui la riattivazione era stata subordinata,
ossia il rilascio dei cd. R.I.D., quale mezzo di pagamento
idoneo a sostanziare la seria volontà e capacità di
adempiere.
Neppure sotto tale profilo la sentenza merita la
censura avanzata dalla parte ricorrente.
Occorre, invero, osservare che il cd. modulo “rid”,
o “rapporto interbancario diretto”, consiste
nell’autorizzazione del cliente, attuata mediante apposito
modulo, alla banca ad operare un determinato addebito
periodico a carico del proprio conto corrente. Si tratta
di ordini di pagamento impartiti dal cliente per svariate
esigenze dei commerci, nell’ambito di rapporti
interbancari diretti, in cui si pone, da una parte, la
banca del debitore (c.d. banca domiciliataria) e,
dall’altra parte, la banca del creditore (c.d. banca
assuntrice o di allineamento).
Ad esso, come dimostra la prassi, si ricorre sovente
nei contratti di durata,

attribuendovisi funzione

rafforzativa del credito (cfr., ad es., in tale
prospettiva, l’art. 70 d.P.R. n. 207 del 2010, con
riguardo al pagamento del compenso alla società organismi
di attestazione, cd. SOA): mediante l’assunzione e la
comunicazione a controparte dell’avvenuta autorizzazione
di addebito in conto corrente bancario per l’intero
corrispettivo si persegue un fine di garanzia del credito
in senso atecnico (dato che non entra in gioco un secondo
patrimonio).

R.G. 13672t2010

7

11 con

– che l’utilizzatrice aveva omesso di rispettare la

Il rifiuto di consegnare tali moduli – consegna cui,
secondo l’insindacabile apprezzamento del giudice del
merito, il

lessor

aveva subordinato la ripresa

dell’efficacia del contratto – costituiva dunque, come la
corte del merito ha ritenuto senza alcun vizio logico o
giuridico, ulteriore elemento che evidenziava la
3. – Il terzo motivo è in parte infondato ed in
parte inammissibile.
La corte territoriale ha escluso che il bilancio
dell’esercizio 2002 fosse sufficiente a provare al lessor
l’inesistenza della situazione di sofferenza, in quanto
non conosciuto da controparte quando, a febbraio-marzo
2003, operò la segnalazione, aggiungendo come comunque
esso fosse contraddetto dalla situazione sopra
evidenziata. Tale seconda, sintetica affermazione non è,
tuttavia, di per sé idonea a privare di fondamento la
prima, incontestabile, in quanto fondata sul dato
cronologico.
La parte del motivo che lamenta la mancata
ammissione di prova orale non è autosufficiente, non
chiarendo neppure di quale prova si tratti, se
testimonianza o interrogatorio formale; mentre l’allegato
errore della corte del merito nell’indicare l’importo del
credito resta irrilevante, non risultando il punto
sottoposto alla medesima.
Infine, la somma non corrisposta quale canoni
insoluti fu correttamente indicata nella segnalazione,
posto che il pagamento di un importo pregresso era in
attesa di imputazione, come tale non compensabile a
rettifica dell’importo da segnalare (Istruzioni, cap. I,
Sez. 1.5).
In definitiva, il procedimento logico-giuridico
sviluppato nell’impugnata decisione a sostegno delle
riportate conclusioni è coerente e razionale, nonché
frutto di un esame puntuale delle risultanze di causa; si
R.G. 13672/2010

8

situazione di difficoltà ad adempiere.

palesa come, nella fattispecie concreta, la segnalazione
del credito “in sofferenza” avvenne per fini conformi a
quelli della doverosa informativa al sistema creditizio,
rispecchiando esattamente la situazione oggettiva di
incapacità finanziaria rilevante.
Per

il

resto,

sotto l’egida

del

vizio di

la situazione con criteri valutativi diversi da quelli
della sentenza impugnata, ma il controllo previsto dal
vizio di motivazione del giudizio di fatto, consentito al
giudice di legittimità, non equivale alla revisione del
ragionamento decisorio del primo.
Infatti, il motivo sottopone alla Corte questioni di
fatto e valutazione di prove già compiute, senza vizi
logici o giuridici, dal giudice del merito ed unicamente
allo stesso spettanti, onde l’argomentare della corte
territoriale non è altrimenti sindacabile, dovendosi
ricordare che, con la proposizione del ricorso per
cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione
contrapponendone uno difforme l’apprezzamento in fatto dei
giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di
valutazione disponibili ed in sé coerente (e muitis, cfr.,
in motivazione, Cass., ord. 21 giugno 2012, n. 10347; ord.
14 giugno 2012, n. 9764; 1 0 giugno 2012,

n.

8877; 10

gennaio 2012, n. 86; ord., 6 aprile 2011, n. 7921; 12
agosto 2004, n. 15693; 7 agosto 2003, n. 11936).
4. – Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte
ricorrente al pagamento delle spese di lite del giudizio
di legittimità, che liquida, in favore della
controricorrente, in E 8.200,00, di cui C 200,00 per
esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori
come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
20 gennaio 2016.

motivazione, parte ricorrente vorrebbe piuttosto misurare

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