Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29129 del 18/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/12/2020, (ud. 05/11/2020, dep. 18/12/2020), n.29129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 235 del ruolo generale dell’anno 2019,

proposto da:

ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, (C.F.: (OMISSIS)), in

persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.:

(OMISSIS));

– ricorrente –

nei confronti di:

FERMANA CALCIO S.r.l., (C.F.: (OMISSIS)), in persona

dell’amministratore unico, legale rappresentante pro tempore,

B.G., rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Sciubba,

(C.F.: (OMISSIS)) e Francesco Pascucci, (C.F.: (OMISSIS));

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Firenze n.

1817/2018, pubblicata in data 19 giugno 2018;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 5 novembre 2020 dal consigliere Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Fermana Calcio S.r.l. ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., in relazione ad un procedimento di esecuzione forzata promosso nei suoi confronti dal locale agente della riscossione (Equitalia Centro S.p.A., nelle cui posizioni giuridiche soggettive è oggi subentrata l’ADER). L’opposizione è stata in un primo tempo dichiarata inammissibile dal Tribunale di Firenze, ma la decisione è stata cassata con rinvio da questa Corte (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 27527 del 30/12/2014).

Il Tribunale di Firenze, in sede di rinvio, la ha accolta.

Ricorre ADER, sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso Fermana Calcio S.r.l..

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376, e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile e/o manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

La società controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2, e nota spese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, della L. n. 890 del 1982, art. 8, dell’art. 140 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

L’amministrazione ricorrente sostiene che, diversamente da quanto affermato dal tribunale, la notificazione degli avvisi di intimazione che avevano preceduto il pignoramento sarebbe stata in realtà effettuata regolarmente, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, comma 1, lett. e).

Poichè la notificazione, in base a tale ultima disposizione, si perfeziona nell’ottavo giorno dall’affissione dell’avviso prescritto dall’art. 140 c.p.c., nell’albo comunale, la circostanza che l’atto notificato, immediatamente dopo il decorso di tale termine, fosse stato ritirato dal messo notificatore, non poteva avere alcun rilievo ai fini della validità del procedimento di notificazione.

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato, anche se la motivazione della decisione impugnata, corretta nel dispositivo finale, va parzialmente corretta ed integrata, come segue.

Non è in realtà in discussione la circostanza che, nella specie, la società debitrice non fosse in assoluto irreperibile presso il luogo in cui le notificazioni degli avvisi di intimazione erano state in origine tentate, ma solo temporaneamente assente (cd. irreperibilità relativa) e, dunque, che non si versava nell’ipotesi di inesistenza di un ufficio o azienda del debitore nel comune in cui gli avvisi dovevano essere notificati.

Emerge chiaramente, del resto, sia dalla sentenza impugnata che dallo stesso ricorso dell’ADER (cfr., in particolare, a pag. 5 della sentenza nonchè alle pagg. 4 e 5 del ricorso), che le suddette notificazioni erano state effettuate ai sensi dell’art. 140 c.p.c., con l’esecuzione delle formalità previste dalla suddetta norma (deposito dell’atto presso la casa comunale; affissione dell’avviso di deposito presso la porta dell’abitazione, ufficio o azienda del destinatario; invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente la notizia dell’avvenuto deposito), formalità evidentemente possibili solo in caso di temporanea assenza del destinatario e delle persone autorizzate in sua vece a ricevere l’atto, non in caso di sua irreperibilità assoluta.

Ad ulteriore conferma di quanto appena esposto, può altresì rilevarsi che nella decisione impugnata è espressamente richiamata la sentenza della Corte Costituzionale 22 novembre 2012, n. 258, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, nella parte in cui prevedeva la possibilità di effettuare la notificazione della cartella di pagamento mediante il solo deposito dell’atto presso la casa comunale, come prescritto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, comma 1, lett. e), cioè senza tutte le (diverse) formalità prescritte dell’art. 140 c.p.c., anche in caso di temporanea assenza del destinatario (irreperibilità cd. relativa) e non esclusivamente nel caso di totale mancanza di una sua abitazione, ufficio o azienda nel comune (irreperibilità cd. assoluta).

Nella specie, dunque, per quanto emerge pacificamente dagli atti, ed in conformità ai principi desumibili dalla decisione della Corte Costituzionale appena richiamata, non può esservi alcun dubbio sul fatto che le notificazioni degli avvisi di intimazione sono state effettuate secondo le modalità dell’art. 140 c.p.c., (cioè con il deposito dell’atto presso la casa comunale, l’affissione dell’avviso di deposito presso la porta dell’abitazione, ufficio o azienda del destinatario e l’invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente la notizia dell’avvenuto deposito), a causa della temporanea assenza del destinatario (irreperibilità cd. relativa) e non mediante il solo deposito dell’atto presso la casa comunale e l’affissione dell’avviso di deposito presso l’albo del comune per otto giorni, come prescritto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, comma 1, lett. e).

Stando così le cose, le censure di cui al motivo di ricorso in esame risultano in primo luogo inammissibili – in quanto esse non colgono adeguatamente il senso e le ragioni poste a base della decisione impugnata – essendo fondate sul falso presupposto secondo cui le notificazioni per cui è causa sarebbero avvenute secondo le modalità previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, comma 1, lett. e), e cioè con la sola affissione all’albo del comune, per otto giorni, dell’avviso del deposito dell’atto da notificare presso la casa comunale.

Dette notificazioni sono, al contrario, avvenute secondo le modalità previste dall’art. 140 c.p.c., con la conseguenza che l’avviso di deposito doveva essere (e, di fatto, è stato) affisso presso la porta dell’ufficio o azienda della società ed a quest’ultima doveva esserne (e ne è di fatto stata) data notizia mediante invio di lettera raccomandata.

La notificazione, in tale ipotesi, si perfeziona solo con il ricevimento della raccomandata contenente la notizia dell’avviso di deposito (ricevimento nella specie mancato), ovvero con il decorso di dieci giorni dalla spedizione della stessa per il caso di mancata ricezione di essa (secondo quanto previsto a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 14 gennaio 2010 n. 3; cfr., ad es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7809 del 31/03/2010, Rv. 612326 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4748 del 25/02/2011, Rv. 616155 – 01; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 19772 del 02/10/2015, Rv. 637033 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 6089 del 04/03/2020, Rv. 657125 – 01).

E’ dunque conforme ai principi di diritto fin qui esposti l’affermazione del tribunale, secondo cui l’atto da notificare depositato presso la casa comunale è stato ritirato dal messo notificatore prima che fosse avvenuto il perfezionamento della notificazione stessa, dalla quale ha poi fatto coerentemente derivare la sua invalidità, dal momento che il destinatario non era stato posto nella condizione di venire a conoscenza dell’atto da notificare. Tale ultima conclusione in diritto, peraltro, non risulta neanche oggetto di specifica censura, non avendo la ricorrente, come già osservato, adeguatamente colto l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata ed essendosi dunque essa limitata a sostenere che il ritiro dell’atto da parte del messo notificatore era in realtà avvenuto solo in un momento successivo a quello di avvenuto perfezionamento della notificazione. Sotto tale ultimo aspetto, dunque, il ricorso risulta altresì manifestamente infondato in diritto.

Il descritto vizio della notificazione deve qualificarsi in termini di nullità e non di inesistenza giuridica, diversamente da quanto affermato dal tribunale, in base ai principi affermati da Cass., Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016, Rv. 640603 – 01 (conf.: Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2174 del 27/01/2017, Rv. 642740 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 20659 del 31/08/2017, Rv. 645697 – 01; Sez. 5, Ordinanza n. 3816 del 16/02/2018, Rv. 646941 – 01; Sez. L, Ordinanza n. 14840 del 07/06/2018, Rv. 649243 – 01).

La diversa qualificazione del vizio della notificazione degli avvisi di intimazione, quale nullità in luogo che inesistenza giuridica, non ha peraltro concreto rilievo ai fini della decisione, in quanto resta comunque ferma la nullità del pignoramento conseguente alla invalidità della notificazione degli avvisi di intimazione.

Come anticipato, pertanto, la decisione impugnata sul punto deve essere confermata, sebbene con la correzione di motivazione appena indicata.

2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione degli artt. 112 e 392 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

L’amministrazione ricorrente sostiene che l’eccezione di nullità della notificazione di una delle cartelle di pagamento (dalla quale il tribunale ha fatto discendere la nullità del pignoramento anche in relazione all’unica cartella per cui l’avviso di intimazione doveva ritenersi regolarmente notificato) era stata sollevata dalla società debitrice esclusivamente con il ricorso in riassunzione del giudizio ai sensi dell’art. 392 c.p.c., a seguito della cassazione con rinvio della prima decisione del tribunale, e non con l’atto introduttivo del giudizio di merito dell’opposizione.

Il motivo è inammissibile e, comunque, manifestamente infondato.

Nel ricorso, infatti, l’amministrazione ricorrente, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, richiama esclusivamente una parte del contenuto del ricorso introduttivo del giudizio di merito dell’opposizione (in particolare il paragrafo 3 di detto ricorso), che non consente di valutare adeguatamente il complessivo ed effettivo oggetto dell’opposizione e stabilire se l’assunto posto a base della censura in esame sia fondato.

D’altra parte, dall’esame del ricorso introduttivo della fase di merito dell’opposizione (prodotto in copia dalla società controricorrente) emerge in realtà che la nullità della notificazione delle cartelle di pagamento che avevano preceduto gli avvisi di intimazione era stata espressamente eccepita dalla società debitrice (nel paragrafo 1 del ricorso stesso), anche con specifico riguardo alla cartella di pagamento di cui si discute.

3. IL ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo, con distrazione in favore dei difensori della società controricorrente, che hanno reso la prescritta dichiarazione di anticipo.

PQM

La corte:

rigetta il ricorso;

condanna l’amministrazione ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 12.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore degli avvocati Pietro Sciubba e Francesco Pascucci.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2020

 

 

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