Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29129 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 03/07/2018, dep. 13/11/2018), n.29129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 616/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello

Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via

dei Portoghesi 12.

– ricorrente –

contro

Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. (C.F. (OMISSIS)), in persona del

curatore pro tempore.

– intimato –

Avverso la sentenza n. 75/15/2011 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il giorno 21 ottobre 2011.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 3

luglio 2018 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. impugnò la cartella di pagamento spiccata a seguito di controllo automatizzato del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, eseguito dall’Agenzia delle Entrate, in relazione ad indebite compensazioni ed omesso versamento di ritenute alla fonte per l’anno d’imposta 2000.

Respinta l’impugnazione in primo grado, il fallimento propose appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che con sentenza depositata il 9 settembre 2011, accogliendo il gravame, dichiarò la nullità della cartella impugnata.

Avverso la detta sentenza, Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; il fallimento intimato non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo deduce la ricorrente la violazione della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 8, comma 10, lett. e), del D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277, art. 1, comma 1, e art. 4, comma 2, nonchè del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17, comma 1, in quanto il giudice di merito ha erroneamente ritenuto che il contribuente avesse diritto a compensare il credito d’imposta maturato, nonostante nella relativa dichiarazione avesse omesso per mero errore – di indicare siffatto credito.

Con il secondo motivo lamenta la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 300, art. 36-bis, nonchè del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54-bis e art. 60, comma 6, e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, commi 2 e 5, poichè la commissione tributaria regionale ha ritenuto che il controllo automatizzato non potesse essere utilizzato in presenza di un mero errore di compilazione della dichiarazione fiscale, essendo necessaria, comunque, la comunicazione preventiva di un avviso bonario.

2. Entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente stante la loro stretta connessione, sono fondati per quanto si dirà.

2.1. Com’è noto, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, comma 1, “I contribuenti titolari di partita iva eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’inps e delle altre somme a favore dello stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva”.

Così, questa Corte ha affermato che il credito d’imposta di cui alla L. n. 449 del 1997, art. 11, deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è accordato: detta indicazione costituisce una dichiarazione di volontà sicchè, in caso di omissione, non opera il principio della generale emendabilità delle dichiarazioni fiscali, salvo che il contribuente dimostri l’essenzialità ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 c.c. e ss. (Cass. 12/01/2018, n. 610).

E ancora, proprio in tema di credito di imposta per il trasporto merci di cui al D.L. n. 265 del 2000, convertito con modificazioni dalla L. n. 343 del 2000, si è chiarito che esso può essere esercitato, ai sensi del D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277, art. 4, comma 3, nel testo in vigore ratione temporis, entro l’anno solare in cui è sorto, attraverso la compensazione prevista dal del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, ovvero entro i sei mesi successivi a tale anno, mediante istanza di rimborso in denaro della quota non compensata; tale doppio termine deve ritenersi sancito a pena di decadenza, pur in assenza di un’espressa qualificazione in tale senso (Cass. 17/03/2017, n. 6937).

2.2. Dunque, anche per il credito di imposta pari all’incremento dell’accisa applicata al gasolio per autotrazione, riconosciuto dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 10, comma 10, lett. e), – nel testo ratione temporis applicabile come modificato dalla L. 23 dicembre 1999, n. 488, deve ritenersi che presupposto imprescindibile ex lege per procedere alla compensazione tra crediti e debiti fiscali del contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, comma 1, è che nella relativa dichiarazione fiscale il preteso credito fosse stato effettivamente indicato, dovendo nel caso di omessa dichiarazione del credito, il medesimo contribuente procedere – sempre che non si sia verificata alcuna decadenza – ad inoltrare apposita domanda di rimborso all’amministrazione.

2.3. Va soggiunto che già le Sezioni Unite di questa Corte – in un caso concernente l’omessa dichiarazione ai fini IVA -, hanno affermato che è sempre consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta eventualmente detratta dal contribuente e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonchè da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell’anagrafe tributaria, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54-bis e 60 (Cass. s.u. 08/09/2016, n. 17758; vedi anche Cass. 23/02/2018, n. 4392).

Dunque, anche nell’ipotesi di una compensazione operata dal contribuente in maniera indebita, in difetto dell’indicazione dei crediti vantati in dichiarazione – quale è esattamente la vicenda in esame -, deve ritenersi che l’amministrazione finanziaria abbia la facoltà di procedere senz’altro all’iscrizione a ruolo dell’imposta dovuta e alla consequenziale emissione della cartella di pagamento, trattandosi di un controllo formale che non tocca la posizione sostanziale della parte contribuente, restando del tutto esclusi profili valutativi e/o estimativi.

2.5. Per altro verso, è dato osservare che in tema di riscossione delle imposte, la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo (Cass. 21/11/2017, n. 27716).

E’ dunque legittima la cartella di pagamento che non sia preceduta dalla comunicazione dell’esito della liquidazione, rispettivamente prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, comma 3, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis, comma 3, sia perchè le norme citate non prevedono alcuna sanzione, in termini di nullità, per il suo inadempimento, sia perchè tale comunicazione, avendo la funzione di evitare al contribuente la reiterazione di errori e di consentirgli la regolarizzazione di aspetti formali, è un adempimento rivolto esclusivamente ad orientare il comportamento futuro dell’interessato ed esula, quindi, dall’ambito dell’esercizio del diritto di difesa e di contraddittorio nei confronti dell’emittenda cartella di pagamento (Cass. 26/09/2014, n. 20431; Cass. 29/12/2010, n. 26361).

2.5. Ha doppiamente errato, allora, la commissione regionale nel ritenere, per un verso, che l’amministrazione non potesse avvalersi della cartella di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, a fronte della sicura circostanza che risultava omessa (nella relativa dichiarazione fiscale), l’indicazione dei crediti di cui pure la contribuente invocava la compensazione, non essendo nella vicenda in esame l’Agenzia chiamata ad alcuna attività valutativa od estimativa, e per altro verso, che detta cartella avrebbe dovuto, a pena di invalidità della stessa, essere proceduta da un avviso bonario.

3. In definitiva, in accoglimento di entrambi i motivi, la sentenza impugnata deve andare cassata, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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