Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29124 del 11/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/11/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 11/11/2019), n.29124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21749-2018 proposto da:

S.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO

DENZA 3, presso lo studio dell’avvocato SALVATI OTTONE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DARDANELLI 13, presso lo studio dell’avvocato ALESII LEONARDO, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 191/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

LUCIA.

Fatto

RILEVATO

Che:

– la Corte di appello di Roma confermava la sentenza di primo grado che aveva respinto l’opposizione di S.T. avverso il decreto ingiuntivo con il quale Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. aveva richiesto il pagamento della somma di Euro 63.720,98, oltre interessi legali, corrisposta al predetto a titolo di retribuzioni maturate dal giorno di esercizio del diritto di opzione (a seguito di dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimato dalla società al S.) fino a quello del pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione;

-la Corte territoriale, dopo aver descritto l’iter processuale scaturito dalla richiesta avanzata in via monitoria dal S. (emissione di decreto ingiuntivo e accoglimento dell’opposizione della società, poi confermata in cassazione, contestualmente a declaratoria di nullità della domanda di restituzione degli importi versati al lavoratore in esecuzione del provvedimento monitorio), riteneva provato l’avvenuto pagamento dell’importo chiesto dalla società in restituzione, rigettando l’opposizione del S.;

– avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il S. sulla base di due motivi, illustrati con memoria;

-la società resiste con controricorso;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 degli artt. 2697, 2721, 2726 e 2729 c.c.;

– a tal proposito rileva: 1) che la Corte d’appello aveva ritenuto provato il contestato pagamento, posto a base della domanda di restituzione, sulla base di un ragionamento logico giuridico basato su mere presunzioni, con violazione dell’onere della prova, non potendo evincersi la prova del dedotto pagamento dai documenti posti a fondamento del ragionamento presuntivo; 2) che le norme indicate erano state violate, non essendo le presunzioni ammissibili per i fatti per i quali non è ammessa la prova per testi (parte ricorrente richiama sul punto le regole sulla prova dei contratti); 3) che le presunzioni non potevano essere considerate gravi e concordanti;

– deduce, ancora, violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 ex art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte territoriale aveva ritenuto ammissibile l’azione della società nonostante la domanda di restituzione fosse stata già oggetto di pronuncia da parte della Corte d’appello di Roma nel giudizio definito con sentenza 5472/2010, in cui la Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. aveva chiesto la restituzione delle somme corrisposte al S. e la Corte aveva rilevato “deve dichiararsi la nullità della domanda…attesa l’assoluta mancanza di qualsivoglia allegazione in ordine alle somme effettivamente corrisposte”;

il primo motivo è inammissibile: 1) perchè la censura concerne l’ambito della rilevanza probatoria degli elementi acquisiti, mentre “La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 c.p.c., n. 5)” (Cass. n. 13395 del 29/05/2018); 2) perchè si tratta di censura non pertinente, essendo le disposizioni indicate attinenti alle limitazioni previste per la prova dei contratti, mentre nella specie si tratta di azione di restituzione e non di adempimento di contratto; 3) perchè, a fronte del ragionamento presuntivo compiuto dalla Corte territoriale, non risultano rappresentati con sufficiente specificità i profili di mancata conformità alle regole di detto ragionamento suscettibili di sindacato in sede di legittimità (Cass. n. 19485 del 04/08/2017);

quanto al secondo motivo, oltre a non essere corredato di allegazioni (manca la produzione della sentenza rispetto alla quale si sarebbe formato il giudicato), lo stesso è infondato poichè è pacifico, per affermazione dello stesso ricorrente, che la sentenza pregressa, nel dispositivo, ha dichiarato la nullità della domanda di restituzione e, pertanto, è inidonea a produrre gli effetti del giudicato sostanziale (cfr. Cass. n. 26377 del 16/12/2014: “La pronuncia “in rito” dà luogo soltanto al giudicato formale, con la conseguenza che essa produce effetto limitato al solo rapporto processuale nel cui ambito è emanata e, pertanto, non è idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la pronuncia d’inammissibilità della domanda di risarcimento danni da circolazione stradale per mancato rispetto dello “spatium deliberandi” accordato all’assicurazione L. 24 dicembre 1969, n. 990, ex art. 22, costituisce giudicato formale, e non preclude la riproposizione in altro giudizio)”;

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato;

le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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