Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29120 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 13/11/2018), n.29120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8758-2011 proposto da:

Z.M., elettivamente domiciliata in Roma, via Sergio Forti

n. 23, presso lo studio dell’Avv. Mocci Mauro che, anche

disgiuntamente all’Avv. Repetti Rossella, la rappresenta e difende

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui è elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

Z.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 45/66/10 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI MILANO, depositata il 22 febbraio 2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21 giugno 2018 dal cons. ROBERTO MUCCI.

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR di Milano rigettava il gravame interposto da Z.M. avverso la sentenza della CTP di Bergamo di reiezione dell’impugnazione proposta dalla medesima avverso l’avviso di accertamento (OMISSIS) notificatole il 21 dicembre 2005, relativo al periodo d’imposta 1999, per un importo complessivo di oltre Euro 2.500.000,00 a titolo di maggiore IRPEF, IRAP, IVA, contributi previdenziali e mod. 770, oltre sanzioni, emesso a seguito di accertamenti all’esito dei quali era emersa la qualità della Z. di socio occulto (unitamente a A.P., A.F. e O.M.) della ditta individuale FE.MA. Montaggi di O.M. (quest’ultima solo formalmente titolare della ditta), l’omessa dichiarazione ai fini IRPEF per l’anno 1999 e l’omessa fatturazione di prestazioni di servizi e cessioni di beni;

2. la CTR riteneva: a) provata, alla stregua delle emergenze del p.v.c., la diretta partecipazione della Z. alla gestione della FE.MA. mediante l’utilizzo di più conti bancari, nonchè con la presenza diretta della stessa nella ditta, di cui era ritenuta da taluni dipendenti la formale titolare; b) applicabile nella specie, ratione temporis, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472; c) irrilevante l’intervenuta definizione dell’anno d’imposta 1999 ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, poichè le contestazioni attenevano a dichiarazioni del tutto omesse da FE.MA., per le quali non risultavano prodotte istanze nè di definizione automatica, nè di integrazione semplice, comunque precluse trattandosi di evasione totale;

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione Z.M. affidato a cinque motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso e ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo.

Diritto

RITENUTO

che:

4. quanto ai motivi del ricorso principale;

4.1. con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 148 c.p.c.: la CTR avrebbe omesso di rilevare d’ufficio la nullità della notifica dell’avviso di accertamento poichè la relata risultava apposta in epigrafe e non in calce all’atto;

4.2. con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c.: la CTR, nel qualificare la ricorrente quale co-gestore di fatto della ditta FE.MA., non avrebbe considerato che, tra i vari sommari informatori sentiti dai verbalizzanti (clienti, fornitori, dipendenti), “solamente due/tre di essi accennavano alla persona dell’esponente e ne accennavano non quale soggetto attivo sotto il profilo gestionale-decisionale della ditta FE.MA., ma quale soggetto che si accompagnava al vero dominus della ditta FE.MA. A.P.” (p. 12 del ricorso) con il quale all’epoca la Z. conviveva;

4.3. con il terzo motivo si deduce vizio motivazionale sulla ritenuta rilevanza dei rapporti bancari ai fini della prova della gestione di fatto dell’impresa da parte della ricorrente, laddove la CTR non avrebbe considerato le risultanze, favorevoli alla ricorrente, scaturenti dalle menzionate dichiarazioni degli informatori;

4.4. con il quarto motivo si deduce vizio motivazionale ancora sulla conducenza delle sommarie informazioni rese dai dipendenti della ditta FE.MA., che avrebbero scambiato la Z. per la titolare della ditta “solo perchè donna e perchè insieme a A.P., non perchè manifestasse potere decisionale” (p. 15 del ricorso);

4.5. con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c.: la CTR avrebbe omesso di motivare sulle risultanze delle sommarie informazioni limitandosi ad aderire acriticamente all’operato dei verbalizzanti;

5. il ricorso principale va complessivamente rigettato;

5.1. il primo motivo è senz’altro infondato, essendo qui sufficiente richiamare il principio secondo cui “La notifica dell’avviso di accertamento, la cui relata sia stata apposta sul frontespizio di quest’ultimo anzichè in calce ad esso, non può dichiararsi nulla qualora non siano oggetto di specifica contestazione la completezza e conformità dell’atto notificato contenente, in ogni foglio, il numero della pagina e l’indicazione del numero complessivo di esse, atteso che, in tale modo, viene garantita all’interessato l’integrità dell’atto notificato, con il conseguente prodursi degli effetti sananti del raggiungimento dello scopo” (da ultimo, Sez. 6-5, 14 novembre 2016, n. 23175); del resto, come chiarito da Sez. U, 5 ottobre 2004, n. 19854 (e successive conformi: tra le ultime, Sez. 5, 24 aprile 2015, n. 8374 e Sez. 5, 15 gennaio 2014, n. 654), “La natura sostanziale e non processuale (nè assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione, per l’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c.. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo – avvenga prima della scadenza del termine di decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere di accertamento”;

5.2. i successivi motivi, dal secondo al quinto – da esaminarsi congiuntamente poichè tutti riguardanti la valutazione delle risultanze istruttorie operata dalla CTR -, sono inammissibili;

5.3. in particolare, deve affermarsi l’inammissibilità del secondo e quinto mezzo con i quali, nonostante le relative rubriche siano formalmente intestate alla violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, si sollecita – in disparte l’evidente genericità delle doglianze e la carenza di autosufficienza delle stesse, mancando la riproduzione delle sommarie informazioni raccolte dagli organi accertatori ed invocate dalla Z. a sostegno della sua asserita estraneità alla gestione della ditta FE.MA. – una non consentita rivalutazione, nella presente sede, degli apprezzamenti in fatto della CTR;

5.4. analoghe ragioni conducono all’inammissibilità del terzo e quarto mezzo, pur formulati in termini di vizi motivazionali ex art. 360 c.p.c., n. 5, esprimenti altrettante doglianze che si palesano altresì infondate, avendo la CTR motivato – sinteticamente, ma esaustivamente – la ritenuta qualità gestoria di fatto della Z. nella ditta FE.MA. sulla base di plurimi convergenti elementi, individuati con riferimento sia all’utilizzo di più conti bancari, sia alla presenza della stessa nella ditta desunta dalle dichiarazioni rese da taluni dipendenti; tali elementi risultano invero solo genericamente contrastati dalla ricorrente;

6. la reiezione dei motivi di ricorso principale comporta l’assorbimento dell’incidentale, espressamente qualificato come condizionato.

7. In conclusione, il ricorso principale va rigettato, con assorbimento dell’incidentale condizionato, dal che consegue la condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale condizionato, e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in complessivi Euro 12.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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