Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29119 del 18/12/2020

Cassazione civile sez. II, 18/12/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 18/12/2020), n.29119

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20835/2019 proposto da:

P.K., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA

TORTOLINI N. 30, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FERRARA,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTERO PRO

TEMPORE, QUESTURA ROMA IN PERSONA DEL QUESTORE PRO TEMPORE;

– intimati –

avverso il provvedimento del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositato il

24/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. Il Giudice di pace di Roma, con provvedimento del 24 giugno 2019, convalidava il provvedimento emesso in data 21 giugno 2019 nei confronti di P.K., nata in (OMISSIS), “con il quale, non essendo stato possibile il respingimento immediato, (il Questore di Udine) ha disposto che lo straniero fosse trattenuto, per il tempo strettamente necessario, presso il Centro di permanenza temporanea e di assistenza di (OMISSIS)”.

2. Contro il provvedimento ricorre per cassazione P.K.. Gli intimati Ministero dell’interno e Questura di Roma non hanno proposto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il ricorso è articolato in un unico motivo, con cui si contesta “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b) e art. 14, come modificato dal D.L. n. 241 del 2004, nonchè dell’art. 737 c.p.c. e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7, art. 10, comma 5 e art. 35, come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 15, nonchè all’art. 9 della direttiva n. 2013/32/CE del Consiglio del 26 giugno 2013”: il Giudice di pace ha convalidato il decreto di trattenimento che è stato adottato sulla base di un provvedimento di espulsione manifestamente arbitrario in quanto emesso nonostante la “pendenza del giudizio civile svoltosi in primo grado innanzi al Tribunale di Trieste volto al riconoscimento della protezione internazionale, proseguito in appello e tuttora pendente innanzi la Corte di cassazione”; il Giudice di pace doveva quindi rilevare la manifesta arbitrarietà della presupposta espulsione e quindi non convalidare il relativo trattenimento.

Il motivo è fondato. Questa Corte ha chiarito che “in materia di immigrazione, la proposizione del ricorso del richiedente asilo avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale sospende l’efficacia esecutiva di tale provvedimento, con la conseguenza che, secondo l’interpretazione data dalla Corte di Giustizia all’art. 2, paragrafo della Direttiva CEE n. 115 del 2008, non scatta l’obbligo per il richiedente di lasciare il territorio nazionale, permanendo la situazione di inespellibilità sino all’esito della decisione sul ricorso” (Cass. 22415/2015). Si è poi affermato (v. Cass. 18737/2017 e Cass. 12476/2018) che, ove, come nella specie, la sospensione del provvedimento impugnato, di rigetto della richiesta di asilo, non sia disposta con provvedimento giudiziale, ma sia “direttamente prevista dalla legge (D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4, come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma 1, lett. c), che non stabilisce quando cessi”, deve concludersi “nel senso di ritenerne la cessazione alla fine dell’intero giudizio, e quindi col passaggio in giudicato”. Invero, in origine, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, al comma 6, prevedeva che il reclamo non aveva effetto sospensivo, ma che la sospensione potesse essere chiesta alla Corte d’appello; detta previsione è stata soppressa dal D.Lgs. n. 150 del 2011, che, all’art. 19, ha previsto l’applicazione, alle predette controversie promosse ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, del rito sommario di primo grado, con conseguente assoggettamento ad appello dell’ordinanza del Tribunale. Il D.Lgs. n. 142 del 2015, ha modificato il testo dell’art. 19, con l’inserzione, del comma 4, con il quale era previsto che “la proposizione del ricorso sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato”, tranne in alcune ipotesi particolari.

2. Per quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata l’ordinanza di convalida impugnata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di merito, decidendo nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., va annullato il decreto del Questore del 21 giugno 2019.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, tanto per la fase di merito che per il presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento del Questore del 21 giugno 2019. Condanna gli intimati in solido al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, che liquida in Euro 1.200, di cui Euro 200 per esborsi, e del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2020

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