Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29117 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 13/11/2018), n.29117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26108-2011 proposto da:

Nereide Srl, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Ginaldi Paola e

Orlando Guido, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma

Piazza Cola di Rienzo n. 69, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli

Venezia Giulia n. 7/10/11, depositata il 10 febbraio 2011;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 giugno

2018 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Letta la memoria depositata dall’Avv. Paola Ginaldi per la

contribuente.

Letta la memoria depositata dagli Avv.ti dello Stato Laura Montoni e

Gianni De Bellis per l’Agenzia delle entrate.

Fatto

RILEVATO

Che:

– Nereide Srl impugna per cassazione, con quattro motivi, la decisione della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia in epigrafe, che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto, in relazione agli avvisi di accertamento e agli atti di contestazione per Iva ed Irap per gli anni 2004 e 2005, non dovute le ritenute d’acconto per rapporti di lavoro subordinati, e legittima, invece, la ripresa a tassazione per operazione indebitamente considerate non imponibili D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 9;

– resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale con due motivi;

– la contribuente deposita memoria con cui chiede sia dichiarata la cessazione della materia del contendere per intervenuta cancellazione della società dal registro delle imprese, eccezione contrastata dall’Agenzia delle entrate con ulteriore memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– va disattesa, in primo luogo, l’istanza di cessazione della materia del contendere per l’intervenuta cancellazione della società dal registro delle imprese successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione;

– secondo i principi già affermati da questa Corte – e a cui si intende dare continuità – l’intervenuta estinzione nelle more del giudizio non incide sulla legittimazione processuale, verificandosi una ipotesi assimilabile alla successione in capo agli ex soci – fermo restando che, in tale evenienza, l’impugnazione va proposta da o contro questi ultimi – ma può, in ipotesi, refluire sull’interesse ad agire dei creditori sociali (Sez. U, n. 6070 del 2013; Cass. n. 9094 del 07/04/2017; Cass. n. 15035 del 16/06/2017), con la precisazione che “la possibilità di sopravvenienze attive o anche semplicemente la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio non consentono di escludere l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell’interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti” e che, inoltre, alla stregua del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 (e art. 2495 c.c.), “si può dubitare che la stessa eccezione di “difetto di responsabilità” (in una qualunque delle sue accezioni) per mancato ricevimento di somme in sede di distribuzione possa essere introdotta nel giudizio relativo alla pretesa erariale nei confronti della società quale fatto impeditivo della pretesa avanzabile nei confronti del socio”, trattandosi di questione che, da un lato, presuppone in ogni caso una iscrizione a ruolo nei confronti del socio e, dall’altro, estranea al giudizio perchè supponente “un ampliamento del thema decidendum ulteriore rispetto alla verifica della fondatezza della pretesa tributaria” (Cass. n. 9672 del 19/04/2018);

– ne deriva che l’avvenuta cancellazione dal registro delle imprese della società, dopo la proposizione del ricorso per cassazione, debitamente comunicata dal suo difensore, è irrilevante ai fini della prosecuzione del giudizio (v. recentemente Cass. n. 2625 del 02/02/2018);

– il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione di norme di diritto” e, in ispecie, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9,nn. 5 e 6, reputando che la non imponibilità costituisca una qualità oggettiva per esser state le operazioni eseguite in zona portuale;

– il motivo è infondato;

– la CTR, infatti, ha correttamente ricondotto la fattispecie in giudizio (di pesatura delle merci) al dettato di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 5, che qualifica come servizi internazionali, in regime di non imponibilità, “i servizi di carico, scarico, trasbordo, manutenzione, stivaggio, disistivaggio, pesatura, misurazione, controllo, refrigerazione, magazzinaggio, deposito, custodia e simili, relativi ai beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea ovvero relativi a beni in importazione”, che, dunque, postula espressamente che i beni sino destinati all’esportazione o all’importazione; ha poi rilevato che dalle fatture acquisite al giudizio non emergeva in alcun modo se la pesatura aveva riguardato merci “nazionali” ovvero “per esportazioni/importazioni”, da cui, trattandosi di onere probatorio incombente sul contribuente e da questi in alcun modo assolto, la legittimità della ripresa a tassazione;

– il secondo motivo denuncia omessa motivazione su errori relativi alle operazioni fatturate; il terzo motivazione sulla “questione delle ricevute fiscali”, in riferimento ai clienti occasionali per i quali è stata fatturata ogni singola prestazione;

– i motivi sono inammissibili e per più di una ragione;

– le censure, in primo luogo, sono inammissibili per novità delle questioni, che non risultano trattate in alcun modo nella sentenza impugnata nè indicate nelle conclusioni ivi in epigrafe, avendo il ricorrente, in tale evenienza, l’onere, a pena di inammissibilità, “non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa” (Cass. n. 8206 del 22/04/2016);

– le doglianze, inoltre, sono carenti per autosufficienza, attesa l’omessa riproduzione, nel corpo del ricorso, della documentazione asseritamente rilevante e su cui esse si fondano;

– il quarto motivo denuncia “violazione di legge”;

– il motivo è inammissibile attesa l’assoluta genericità della censura e, comunque, ove si voglia interpretare come contrasto tra dispositivo e motivazione (nel primo si dichiara non dovute le ritenute d’acconto, nella seconda si annulla, in parte qua, l’atto impositivo) è infondato, emergendo con chiarezza l’univoco dictum della decisione;

– passando al ricorso incidentale, l’Agenzia delle entrate denuncia, con il primo motivo, omessa o insufficiente motivazione in ordine all’annullamento della ripresa per l’omesso versamento delle ritenute d’acconto per i lavoratori subordinati, per non aver considerato la CTR la documentazione prodotta dall’Ufficio;

– il secondo motivo denuncia, sulla medesima questione, violazione degli artt. 2702 e 2709 c.c., art. 2724 c.c., n. 1, art. 2727 c.c., art. 215 c.p.c., n. 2 e D.Lgs. n. 546 del 199, art. 7, per aver violato la CTR la disciplina in tema di efficacia probatoria nel giudizio tributario delle dichiarazioni rese da terzi;

– i motivi, da esaminare unitariamente, per connessione logica, sono inammissibili, non avendo l’Agenzia delle entrate colto la ratto della decisione impugnata;

– la CTR, infatti, non ha escluso, in sè, l’esame degli elementi probatori introdotti dall’Agenzia, ma, più radicalmente, ha ritenuto che un siffatto accertamento – sulla natura del rapporto di lavoro, se autonomo o subordinato – non possa essere esaminato nel processo tributario, poichè debba avvenire “nella sede sua naturale che è quella del processo del lavoro, in cui gli attori dovranno essere pure il presunto datore di lavoro, il presunto lavoratore dipendente e gli enti assistenziali, quali Inps ed Inail, direttamente interessati alla questione” e che, abbandonato il procedimento avviato nella competente sede, il quale “avrebbe dovuto rappresentare il punto centrale dell’accertamento”, “nulla può contestarsi al ricorrente, che legittimamente assume la regolarità della procedura adottata nel rapporto di collaborazione con le due ditte individuali”;

– la CTR, in altri termini, ha ritenuto che un tale accertamento esuli dall’ambito di cognizione del giudice tributario, neppure ponendosi, dunque, una questione di corretta o sufficiente valutazione del materiale probatorio;

– respinto il ricorso principale e quello incidentale, le spese vanno compensate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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