Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29111 del 11/11/2019
Cassazione civile sez. VI, 11/11/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 11/11/2019), n.29111
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16223-2018 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA
dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati
CLEMENTINA PULLI, NICOLA VALENTE, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA;
– ricorrente –
contro
B.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALDINIEVOLE 8,
presso lo studio dell’avvocato BEATRICE CECI, che la rappresenta e
difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 15/2018 del TRIBUNALE di VITERBO, depositata
il 18/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA
MARIA LEONE.
Fatto
RILEVATO
CHE:
Il tribunale di Viterbo con la sentenza n. 15/2018, in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva dichiarato il diritto di B.L. alla pensione di inabilità a decorrere dal 14.3.2016 con condanna dell’Inps al pagamento dei ratei maturati e maturandi della prestazione.
Avverso detta decisione l’Inps proponeva ricorso affidato a due motivi cui resisteva con controricorso la B. che anche depositava successiva memoria.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1- Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., L. n. 118 del 1971, art. 12,artt. 414 e 416 c.p.c., in relazione all’art. 445 bis c.p.c., per aver. Il Giudice, dichiarato il diritto della ricorrente alla prestazione sulla base della ctu espletata, senza aver accertato la presenza degli ulteriori requisiti non sanitari (reddito).
2)- Con il secondo motivo è denunciata la violazione dell’artt. 115 e 116 c.p.c., e della L. n. 118 del 1971, art. 12, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.), per aver, il tribunale, erroneamente ritenuto provato il requisito reddituale.
Entrambi i motivi possono essere trattati congiuntamente poichè attengono all’ambito di operatività del procedimento di cui all’art. 445 bis c.p.c., ed alla finalità dello stesso. Questa Corte ha di recente chiarito che “Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonchè di pensione di inabilità e di assegno di invalidità ai sensi della L. n. 222 del 1984, la pronuncia emessa in esito al giudizio di cui all’art. 445 bis c.p.c., u.c., è per legge destinata a riguardare solo un elemento della fattispecie costitutiva (il c.d. requisito sanitario), sicchè quanto in essa deciso non può contenere un’efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, che è destinata a sopravvenire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio-economici (Cass. n. 27010/2018).
L’orientamento richiamato delinea i limiti del procedimento in questione ed i poteri del giudice, diretti all’accertamento del solo requisito sanitario. La scelta del legislatore ha infatti finalizzato il nuovo procedimento all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni medico-legali, lasciando all’Inps la gestione della successiva fase di concreto accertamento degli ulteriori requisiti socio economici strettamente connessi alla prestazione richiesta.
Il ricorso merita dunque accoglimento nei motivi relativi alla erronea declaratoria del diritto alla specifica prestazione, dovendosi quindi ritenere assorbita la censura inerente la mancata valutazione della eccezione sull’assenza del requisito reddituale, non essendo, quest’ultima, onere del giudice.
Chiarito il limite dell’accertamento reso dal giudice nel procedimento in questione, deve darsi atto che comunque la finalità di quest’ultimo era stata realizzata e conseguito positivamente l’oggetto della domanda originaria allorchè l’indagine peritale aveva accertato la sussistenza del requisito sanitario utile alla prestazione indicata dalla parte ricorrente. In ragione di ciò deve quindi accogliersi il ricorso di legittimità e cassare la sentenza nella parte in cui ha dichiarato la ricorrente meritevole della prestazione con condanna dell’Inps al pagamento della stessa, restando fermo il requisito sanitario accertato.
Attese le precedenti oscillazioni giurisprudenziali di merito e la recente pronuncia di legittimità, le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate.
Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013), trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).
P.Q.M.
La Corte/decidendo sul ricorso, cassa la sentenza nella parte in cui ha dichiarato il diritto della B. alla prestazione ed ha condannato l’Inps al pagamento dei ratei della stessa. Resta fermo l’accertamento del requisito sanitario. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019