Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29107 del 18/12/2020

Cassazione civile sez. un., 18/12/2020, (ud. 01/12/2020, dep. 18/12/2020), n.29107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4613/2019 proposto da:

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FEDERICO CESI 44, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PILATO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIO GHIA;

– ricorrente –

contro

ALTAREA ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN NICOLA DE’

CESARINI 3, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MACARIO,

rappresentata e difesa dagli avvocati MARCO DALLA ZANNA, e FRANCO

FABIANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4862/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/11/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2020 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli Avvocati Andrea Pivanti, per delega dell’avvocato Lucio

Ghia e Francesco Macario per delega degli avvocati Franco Fabiani e

Marco Dalla Zanna.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Altarea Italia S.r.l. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano, per quanto ancora rileva, Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., con atto notificato il 27 marzo 2013, e, dopo aver premesso di aver stipulato con la convenuta un contratto di Interest Rate Swap Step Up, del 4 maggio 2007, ed aver aggiunto che tra le parti erano insorti contrasti, ha lamentato la violazione di norme imperative contenute nel Testo unico della finanza, in Regolamenti Consob, nel Testo unico bancario, nella L. n. 108 del 1996 e nel codice civile, nonchè di disposizioni di diritto inglese, e chiesto accertarsi e dichiararsi la responsabilità extracontrattuale e precontrattuale della banca, ovvero la nullità o l’annullamento dell’operazione nonchè dei relativi Master agreement e Schedule, ovvero l’inadempimento e la responsabilità contrattuale della stessa banca, con conseguente risoluzione del menzionato contratto, ed altresì dei relativi Master agreement e Schedule, ovvero la condanna ad ulteriori ipotesi risarcitorie.

L’attrice ha dunque chiesto, in sede di precisazione delle conclusioni, condanna della convenuta al risarcimento e/o alla restituzione di Euro 8.204.921,61, pari ai differenziali negativi del contratto di IRS alla data del 30 dicembre 2015, oltre agli addebiti successivi per differenziali negativi e/o eventuale Mark to Market, con accessori e spese.

Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. ha resistito alla domanda, formulando anzitutto eccezione di difetto di giurisdizione, per essere la controversia devoluta alla giurisdizione inglese in forza dell’ISDA Master Agreement adottato dalle parti, che, alla sezione 13, stabiliva per un verso, attraverso il rinvio alla Schedule, l’applicazione della legge inglese, e, per altro verso, che fossero devolute alla giurisdizione inglese le controversie “relating to this Agreement”.

2. – Il Tribunale adito, con sentenza del 13 settembre 2016, accertata la responsabilità della banca per i danni conseguenti alla stipulazione del contratto di IRS ha condannato la medesima al pagamento, titolo di risarcimento del danno, in favore di Altarea Italia S.r.l., della somma di Euro 8.204.921,61, alla data del 31 dicembre 2015, oltre accessori e spese.

3. – Interposto appello dalla Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., nel contraddittorio con l’originaria attrice, che ha spiegato appello incidentale, la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 13 novembre 2018, ha respinto l’appello principale ed accolto in parte quello incidentale, condannando la banca a pagare la maggior somma di Euro 10.347.732,67 liquidati al 30 giugno 2017, oltre accessori e spese.

4. – La Corte territoriale ha in particolare ritenuto:

-) che Altarea Italia S.r.l. avesse in via principale spiegato una domanda di natura extracontrattuale e precontrattuale, avendo essa prospettato una violazione da parte della Banca di norme comportamentali da osservarsi nella fase antecedente e coincidente con la stipulazione del contratto;

-) che la previsione contenuta nell’ISDA Master Agreement dovesse essere interpretata alla luce del principio secondo cui le clausole di proroga della competenza giurisdizionale vanno intese in senso rigorosamente restrittivo, di guisa che la formula “relating to this Agreement”, contenuta nel testo contrattuale, non potesse estendersi alle controversie extracontrattuali, in conformità a quanto già ritenuto in altre occasioni dalla giurisprudenza di questa Corte;

-) che Altarea Italia S.r.l. avesse fatto valere un diritto proprio, e dunque fosse legittimata ad agire, quantunque il contratto fosse stato stipulato da tale società per conto di una controllata, Altacasale S.r.l., a copertura di un finanziamento erogato a quest’ultima da una banca terza, avendo azionato un diritto al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte della banca convenuta, di regole di condotta nella fase delle trattative culminate nella stipulazione del contratto;

-) che l’attribuzione ad Altarea Italia S.r.l. della qualità di operatore qualificato non esimeva la banca dall’osservanza degli obblighi imposti dall’art. 21 e 23 del Testo Unico della Finanza, con la conseguenza che essa banca avrebbe dovuto provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta, prova che invece non aveva fornito, in mancanza della produzione del contratto sottostante di finanziamento, rispetto al quale l’IRS doveva svolgere funzione di copertura, tanto più che dalla consulenza tecnica espletata era emerso che non risultava comprovata l’idoneità del contratto a svolgere detta funzione e che, anzi, l’IRS aveva una connotazione prevalentemente speculativa;

-) che non era risolutivo l’argomento svolto dalla Banca appellante, la quale, replicando alla motivazione addotta dal primo giudice, aveva sostenuto che il Mark to Market non potesse essere considerato elemento essenziale del contratto, nè sotto il profilo dell’oggetto, nè sotto quello della causa, giacchè l’addebito rivolto alla banca non consisteva nell’aver posto in essere un contratto nullo in quanto privo di un elemento essenziale, bensì di non aver osservato gli obblighi comportamentali imposti all’intermediario finanziario, non avendo esplicitato i criteri di calcolo del Mark to Market, che vanno indicati volta per volta in ossequio al dovere di trasparenza informativa gravante sull’intermediario;

-) che non era fondata la censura concernente il governo delle spese di lite;

-) che l’appello incidentale, ammissibile ai sensi dell’art. 334 c.p.c., era nei limiti indicati fondato, occorrendo riconoscere all’originaria attrice i differenziali negativi medio tempore addebitati.

5. – Per la cassazione della sentenza Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. ha proposto ricorso per cinque mezzi.

Altarea Italia S.r.l. ha resistito con controricorso.

Il procuratore generale ha concluso per il rigetto.

Sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene cinque motivi.

1.1. – Il primo motivo, svolto da pagina 6 a pagina 13 del ricorso, denuncia: “Difetto di giurisdizione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1”.

Secondo la ricorrente, il difetto di giurisdizione del giudice italiano discenderebbe dalla “corretta interpretazione del contratto quadro sottostante l’operazione in strumenti finanziari derivati dedotta in giudizio, identificantesi nella fattispecie in un “ISDA Master Agreement”, sottoscritto dalle parti… contestualmente alla relativa “Schedule” (appendice) e regolato in via esclusiva dalla legge e dalla giurisdizione inglesi”. La previsione contrattuale, difatti, fissava in via esclusiva, secondo la ricorrente, la competenza dei tribunali inglesi ogni qual volta fosse stata convenuta tra le parti, come nel caso in esame, l’applicazione della legge inglese.

Dopo essersi soffermata ad evidenziare che la clausola contrattuale in discorso doveva essere intesa nel senso che attribuisse al giudice inglese la competenza giurisdizionale esclusiva a conoscere delle controversie ivi considerate, la ricorrente soggiunge che, d’altronde, la Corte territoriale aveva errato nel ritenere che si versasse in ipotesi di responsabilità extracontrattuale, poichè “le assunte violazioni comportamentali della banca riguardano l’operazione finanziaria realizzata in esecuzione del contratto quadro, con configurazione sostanziale di assunta responsabilità contrattuale dell’intermediario e conseguente necessitata applicazione della deroga giurisdizionale pattizia”. Si sostiene, al riguardo, essere indubbio che, in presenza di un operatore qualificato-professionale, quale Altarea Italia S.r.l., non fosse ipotizzabile la sussistenza di una violazione da parte della Banca di norme comportamentali nella fase antecedente ed in quella coincidente con la stipulazione del contratto, e ciò fermo restando che la domanda attrice aveva ad oggetto principale, in forma concorrente e non subordinata, sia l’assunta responsabilità extracontrattuale che quella contrattuale.

1.2. – Il secondo mezzo denuncia: “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 334 c.p.c. in materia di costituzione in appello), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Si sostiene che Altarea Italia S.r.l., avendo notificato la sentenza di primo grado, tenuto conto degli effetti bilaterali della notificazione, non avrebbe potuto avvalersi della disciplina dell’impugnazione incidentale – di cui all’art. 334 c.p.c..

1.3. – Il terzo mezzo denuncia: “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 81 c.p.c., in materia di esercizio giudiziale dei diritti altrui) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

La censura ripropone l’eccezione di carenza di legittimazione attiva di Altarea Italia S.r.l., giacchè, secondo la ricorrente, gli effetti dell’operazione finanziaria oggetto del giudizio ricadevano su Altacasale S.r.l., la quale aveva beneficiato del finanziamento in funzione del quale, nel suo interesse, era stato stipulato dall’originaria attrice il contratto di IRS.

1.4. – Il quarto mezzo denuncia: “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 2697 c.c., in materia di onere della prova a carico della parte che agisce in giudizio), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Nel motivo, che si protrae da pagina 18 a pagina 22 del ricorso, si sostiene che la Corte territoriale, nel confermare la pronuncia di primo grado, non avrebbe considerato le caratteristiche soggettive dell’operatore con cui la banca aveva interagito, operatore qualificato e professionale, nè l’originaria indisponibilità materiale del contratto di finanziamento cui accedeva l’IRS, contratto di finanziamento intercorso tra soggetti terzi rispetto alle parti in causa, il tutto in piena conformità ad altre operazioni concluse tra le parti. Segue, a tali considerazioni, ed all’affermazione secondo Altarea Italia S.r.l. non sarebbe stata in grado di dimostrare i propri generici assunti ed avrebbe violato gli oneri probatori su di essa gravanti in via esclusiva, ivi compresa la produzione del contratto di finanziamento sottostante all’operazione finanziaria in questione, una ricostruzione della vicenda contrattuale menzionata, articolatasi, viene ripetuto, nella concessione di un finanziamento da una diversa banca ad una società controllata dall’attrice e nella stipulazione del contratto di IRS.

1.5. – Il quinto mezzo denuncia: “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla erronea valutazione dei mezzi di prova documentale disponibili ed alle risultanze effettive dell’ordinanza collegiale di accoglimento del reclamo proposto dalla banca in corso di causa e della c.t.u. di prime cure”.

La censura svolta alle pagine 22-63 ripercorre l’analitica illustrazione, dal punto di vista del ricorrente, della vicenda contrattuale in discorso e si sofferma in particolare sul rilievo che la Corte d’appello non si sarebbe confrontata, come già aveva fatto il Tribunale, con la motivazione posta a sostegno di un’ordinanza resa nel corso del giudizio di primo grado, in sede di domanda cautelare inizialmente promossa da Altarea Italia S.r.l. e risoltosi favorevolmente alla banca in sede di reclamo.

2. – Altarea Italia S.r.l. ha formulato eccezione di carenza di valida procura.

Ha osservato la controricorrente che la banca ricorrente aveva proposto l’impugnazione in esame in forza di una procura speciale conferita ai propri difensori in calce al ricorso dal “Direttore della Direzione Legale e Societario, Avv. D.P.”, nonchè in virtù del richiamo ad una procura generale alle liti.

In proposito viene sottolineato che la procura generale alle liti non è idonea alla proposizione del ricorso per cassazione e che quella speciale era invalida per carenza di poteri in capo al conferente, il quale neppure aveva specificato le proprie attribuzioni, limitandosi ad un richiamo ad una deliberazione del consiglio di amministrazione non allegata al ricorso, o comunque per mancata prova del potere del detto Direttore a conferire mandato per ricorrere per cassazione.

Secondo la controricorrente la carenza di poteri risulterebbe confermata da una visura camerale concernente la ricorrente, dalla quale non risulterebbe l’attribuzione di poteri di rappresentanza legale al delegante avvocato D.P., ed inoltre dallo statuto della banca.

2.1. L’eccezione va disattesa.

Nel proporre ricorso per cassazione la banca ricorrente ha richiamato due procure, una procura generale alle liti ed una procura speciale contenuta nello stesso ricorso e rilasciata al difensore della società dal “Direttore della Direzione Legale e Societario, Avv. D.P.”, Direttore dotato dei relativi poteri, secondo quanto affermato in ricorso, in forza di una richiamata, ma inizialmente non prodotta, Delibera del consiglio di amministrazione della società.

Ora, ai fini del ricorso per cassazione occorre la procura speciale, ai sensi dell’art. 365 c.p.c., sicchè non è evidentemente idonea la procura generale richiamata in ricorso.

Viceversa, quanto alla procura speciale in discorso, rilasciata dal direttore della “Direzione Legale e Societario”, investito del potere, secondo la ricorrente, dal consiglio di amministrazione della società, vale in generale osservare, che, in tema di rappresentanza processuale della persona giuridica, colui che conferisce la procura alle liti ha l’obbligo di indicare la fonte del proprio potere rappresentativo e, ove tale potere derivi da un atto soggetto a pubblicità legale, la controparte che lo contesti è tenuta a provare l’irregolarità dell’atto di conferimento, mentre, in caso contrario, spetta a chi ha rilasciato la procura dimostrare la validità e l’efficacia del proprio operato (Cass. 30 settembre 2014, n. 20563).

Nel caso in esame, in cui il potere del conferente non deriva da un atto soggetto a pubblicità legale, la ricorrente, avvalendosi della previsione dettata dall’art. 372 c.p.c., ed effettuando la notifica ivi prevista, ha, a seguito dell’eccezione di controparte, prodotto la deliberazione del consiglio di amministrazione richiamata in ricorso, dalla quale effettivamente risulta l’attribuzione del potere al Direttore dell’area menzionata di conferire procure alle liti, ivi compreso per il giudizio di legittimità.

Sicchè, come si premetteva, l’eccezione di difetto di procura, per carenza del relativo potere in capo al conferente, è in definitiva priva di fondamento.

3. – Il ricorso va respinto.

3.1. – Il primo motivo è infondato.

L’ISDA Master Agreement utilizzato dalle parti, unitamente alla relativa Schedule, assoggetta il rapporto alla legge inglese e, all’art. 13, devolve conseguentemente al giudice inglese le controversie “relating to this Agreement”.

In presenza di tale previsione contrattuale, l’affermazione, da parte della Corte d’appello, della propria giurisdizione discende dall’esercizio di attività interpretativa indirizzata tanto nei riguardi del testo contrattuale, quanto in quello della domanda formulata.

La sentenza impugnata, cioè, ha in breve ritenuto:

-) per un verso che l’espressione, riferita alle eventuali insorgende controversie tra le parti del contratto di IRS, “relating to this Agreement”, dovesse essere intesa nel senso che la sua efficacia si estendeva alle sole controversie attinenti al contratto e non anche a quelle di natura pre – ed extra-contrattuale;

-) per altro verso che Altarea Italia S.r.l. avesse proposto in via principale una domanda avente ad oggetto “l’accertamento della responsabilità “extra-contrattuale e pre-contrattuale” e la conseguente condanna risarcitoria”, con conseguente estraneità della controversia menzionata all’ambito oggettivo di applicazione della clausola poc’anzi richiamata.

Orbene, quanto al primo aspetto del ragionamento svolto dalla Corte territoriale, non v’è che da ripetere quanto già affermato da queste Sezioni Unite nell’interpretare il significato dell’art. 13 dell’ISDA Master Agreement: “Occorre… ribadire… che la formula “relating to this Agreement” in relazione all’accordo), contenuta nell’ISDA Master Agreement…, non induce, nella sua letterale traduzione, il riferimento a tutte le controversie, sia contrattuali che extracontrattuali, comunque collegate all’adozione contrattuale degli strumenti derivati, nel cui ambito è stata invocata la disciplina generale dell’ISDA. Piuttosto, è sufficiente richiamare le regole ermeneutiche proprie del diritto interno, ed in particolare quelle di cui agli artt. 1362,1364 e 1370 c.c., per concludere in senso diametralmente opposto… ossia che la clausola di cui all’art. 13 ISDA Master Agreement, proprio per il suo senso letterale, estende la sua efficacia alle sole controversie attinenti al contratto, non anche a quelle di natura extra-contrattuale” (così, sulla scia di Cass., Sez. Un., 27 febbraio 2012, n. 2926, Cass., Sez. Un., 18 settembre 2014, n. 19675, il cui indirizzo è stato poi ulteriormente confermato da Cass., Sez. Un., 19 gennaio 2017, n. 1311).

Quanto al secondo aspetto del ragionamento poc’anzi riassunto, la Corte d’appello ha osservato:

-) che l’originaria attrice, Altarea Italia S.r.l., aveva proposto un cumulo condizionale di domande legato da vincolo di subordinazione, principale quella di responsabilità pre-contrattuale (per essere stata “prospettata da Altarea una violazione da parte di Bnl di norme comportamentali nella fase antecedente e nella fase coincidente con la stipulazione del contratto”), subordinate, e tra loro coordinate, le altre;

-) che la verifica della giurisdizione andava rapportata alla domanda principale, avuto riguardo al petitum sostanziale ed alle ragioni della domanda.

Ed in effetti, deve osservarsi che, come sostenuto nella sentenza impugnata, Altarea Italia S.r.l. ha proposto:

a) una domanda di responsabilità pre-contrattuale, i.e. extracontrattuale, per violazione degli obblighi informativi e dei doveri di cortettezza e trasparenza gravanti sull’intermediario, quantunque si trattasse di operatore qualificato, ai sensi dell’art. 21 del Testo Unico della Finanza;

b) una domanda di nullità o di annullamento dell’IRS e dei correlati Master agreement e Schedule, per violazione di norme imperative e di applicazione necessaria nell’ordinamento italiano, e, cumulativamente, una domanda di risoluzione per inadempimento contrattuale da parte della banca, con le pronunce accessorie;

c) una domanda risarcitoria nei confronti della banca rapportata agli importi corrispondenti ai cd. costi occulti o commissioni implicite connesse all’IRS, oltre ad ulteriori voci di danno (di tanto riferisce la stessa sentenza impugnata alle pagine 11-14).

Nè può dubitarsi che, come ritenuto dalla Corte d’appello, la domanda riassunta sub a) dovesse essere intesa quale principale, giacchè essa è stata espressamente avanzata, per l’appunto, “in via principale”, con richiamo alla responsabilità extracontrattuale e precontrattuale ed agli artt. 2049-2055 c.c., con conseguente subordinazione delle domande ulteriori.

Tanto premesso, la statuizione del giudice di appello è conforme alla giurisprudenza di queste Sezioni Unite:

-) sia per quanto attiene allo scrutinio in punto di giurisdizione in riferimento alla domanda principale, l’unica, del resto, su cui il giudice di merito si è concretamente pronunciato (v. Cass., Sez. Un., 27 febbraio 2012, n. 2926; Cass., Sez. Un., 26 aprile 2017, n. 10233);

-) sia per quanto attiene alla verifica della giurisdizione in base al petitum sostanziale ed alla causa petendi (v. di recente, Cass., Sez. Un., 9 gennaio 2020, n. 156, espressione sul punto di un orientamento consolidato).

Ciò detto, l’inquadramento della domanda riassunta sub a) nei termini indicati, ossia quale domanda di responsabilità pre-contrattuale, i.e. extra-contrattuale, è svolto anch’esso in piena armonia con il noto principio secondo cui, “in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario… può dar luogo a responsabilità pre-contrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (cd. “contratto quadro”…); può dar luogo, invece, a responsabilità contrattuale… ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del “contratto quadro”” (Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724).

Di guisa che, in una decisione già rammentata, anch’essa concernente una controversia insorta a seguito della stipulazione di derivati, si è ad esempio confermato che la domanda aveva “ad oggetto innanzitutto la responsabilità extra-contrattuale… da comportamenti tenuti nella fase precedente la stipula degli strumenti derivati. Al riguardo, occorre ribadire la configurabilità della responsabilità extra-contrattuale in tema di intermediazione finanziaria per violazione dei doveri d’informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni, affermata nella giurisprudenza di questa Corte”.

In definitiva, esclusa l’applicabilità della clausola dettata dal contratto stipulato attraverso l’impiego dell’ISDA Master Agreement, il giudice di merito ha condivisibilmente ritenuto che la domanda fondata su un titolo pre-contrattuale, dunque extra-contrattuale, appartenesse alla giurisdizione del giudice italiano, tanto più che in situazione sostanzialmente analoga queste Sezioni Unite hanno già individuato un criterio di radicamento della giurisdizione del giudice italiano nella circostanza che l’evento dannoso si sia verificato in Italia, ai sensi dell’art. 5, n. 3), del Regolamento CE 22 dicembre 2000 n. 44/2001, perchè la regola del locus commissi delicti trova applicazione anche in materia di responsabilità precontrattuale (Cass. 27 febbraio 2012, n. 2926).

3.2. – Il secondo motivo è infondato.

Vero è che, in forza del principio che la ricorrente sembra aver voluto richiamare, la notificazione della sentenza di primo grado fa decorrere il termine breve per l’appello di cui all’art. 325 c.p.c., anche a carico del notificante (p. es. Cass. 28 luglio 2020, n. 16015), ma l’operatività di detto principio non esclude affatto l’applicazione della regola generale stabilità dall’art. 334 c.p.c., secondo cui le parti contro le quali è stata proposta impugnazione possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine.

E cioè, la parte che abbia notificato la sentenza di primo grado, come in questo caso è accaduto, rimane sì assoggettata al termine breve per la proposizione dell’impugnazione principale, ma, una volta che detta impugnazione principale sia stata proposta dalla controparte, ben può avvalersi della regola dettata dalla menzionata norma, posta allo scopo di favorire l’accettazione della sentenza in situazione di reciproca soccombenza, giacchè chi è parzialmente soccombente, ma è in definitiva disposto a prestare acquiescenza alla sentenza, non è in tal modo costretto ad appellare dal timore che lo faccia l’altra parte all’ultimo momento utile (Cass., Sez. Un., 7 novembre 1989, n. 4640).

In conclusione, dunque, non v’è ragione alcuna, qualora il destinatario dell’appello abbia in precedenza notificato la sentenza di primo grado, per disapplicare la regola generale secondo cui l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile tutte le volte che quella principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza che l’impugnato, in mancanza dell’altrui gravame, avrebbe accettato (di recente Cass. 9 luglio 2020 n. 14596).

3.3. – Il terzo motivo è inammissibile.

Come si è in precedenza osservato, la Corte territoriale si è espressamente soffermata sul motivo d’appello in proposito formulato dalla banca, ed ha osservato che la società originaria attrice aveva fatto valere un diritto proprio, ossia il diritto al risarcimento del danno derivante dalla violazione di regole di condotta collocate in fase di trattative e di stipulazione del contratto, contratto che proprio essa Altarea Italia S.r.l. aveva stipulato: secondo il giudice di merito, infatti, l’attrice “assume di aver subito danni da tale violazione, avendo corrisposto di differenziali negativi maturati a suo carico, e la circostanza che lo scopo del contratto fosse quello di offrire copertura al rischio di fluttuazione dei tassi in relazione ad un contratto stipulato da una società controllata da Altarea non vale a mutare tale prospettazione”.

E, secondo quanto si diceva, la ricorrente per cassazione si è limitata a riproporre l’eccezione di difetto di legittimazione attiva che la Corte d’appello aveva disatteso, senza realmente misurarsi con la ratio decidendi che la stessa Corte d’appello ha svolto al fine di disattendere l’impugnazione.

3.4. – Il quarto motivo è inammissibile.

Nuovamente, nel sostenere che la sentenza impugnata non avrebbe considerato le caratteristiche soggettive dell’operatore con cui la banca aveva interagito, nonchè l’originaria indisponibilità materiale del contratto di finanziamento cui accedeva l’IRS, la ricorrente non si è cimentata con la motivazione svolta dalla Corte d’appello e che si riassume in ciò:

-) che all’attrice, Altarea Italia S.r.l., che pure era un operatore qualificato, si applicavano nondimeno gli artt. 21 e 23 del Testo Unico della Finanza, con la conseguenza che la banca, a fronte della domanda attrice, avrebbe dovuto provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta, prova che invece non aveva fornito, in mancanza della produzione del contratto sottostante di finanziamento;

-) che, quanto all’indisponibilità del documento, a parte la “scarsa verosimiglianza della predisposizione di un IRS di copertura senza l’acquisizione del finanziamento primario oggetto della copertura, si deve ritenere che ove ciò fosse accaduto, Bnl sarebbe stata ugualmente e a fortiori responsabile per aver predisposto uno strumento non adeguato alle finalità che il cliente aveva rappresentato”.

Argomento, quest’ultimo, che non è punto toccato dal motivo di ricorso per cassazione.

3.5. – Il quinto motivo è inammissibile.

Basterà osservare che la censura spiegata ai sensi del numero 5 dell’art. 360 c.p.c., è inammissibile giacchè si versa in ipotesi di “doppia conforme” ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c..

Ciò esime dall’aggiungere che il fatto cui si riferisce il citato numero 5 è uno specifico fatto storico, principale o secondario, dotato dell’attributo della decisività (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053), sicchè la previsione in discorso certo non può essere impiegata per dolersi della “erronea valutazione dei mezzi di prova documentale disponibili” nonchè delle “risultanze effettive dell’ordinanza collegiale di accoglimento del reclamo proposto dalla banca in corso di causa e della c.t.u. di prime cure”: aspetto, quest’ultimo, riguardo al quale ancora una volta la ricorrente non si occupa, per di più, della motivazione contenuta nella sentenza impugnata, laddove essa ha affermato che non era “certamente obbligatorio per il Tribunale in sede di decisione di merito confutare la motivazione dei provvedimenti assunti in corso di causa, ed essendo, in ogni caso, tali motivazioni non decisive ai fini del merito”.

4. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 22.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 1 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2020

 

 

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