Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29106 del 11/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/11/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 11/11/2019), n.29106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20368-2017 proposto da:

S.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DONATELLO,

23, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VILLA PIZZI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati PIER PAOLO

PERSICHINI, GERARDO PIZZIRUSSO;

– ricorrente –

contro

BANCA ADRIATICA SPA, (già NUOVA BANCA DELLE MARCHE SPA), in persona

dell’Amministratore delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FRANCESCO DENZA, 3, presso lo studio dell’avvocato MARCO BATTAGLIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato EMANUELE PALADINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 899/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 10/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- S.P. ha convenuto in giudizio avanti al Tribunale di Macerata la s.p.a. Nuova Banca delle Marche (all’epoca diversamente denominata), per la declaratoria di nullità di tre ordini di acquisto di titoli argentini (rispettivamente di data 25.02.1998; 12.02.1999; 29.08.2000) con connessa condanna alla restituzione delle somme così versate, nonchè, in via subordinata, per l’accertamento della violazione, da parte della convenuta, dei doveri gravanti sull’intermediario in materia di servizi di investimento, sempre con connessa condanna al risarcimento del danno patito.

Con sentenza depositata il 24 novembre 2008, il Tribunale ha accolto la domanda di responsabilità dell’intermediario per violazione di legge con riferimento ai primi due acquisti, respinte le altre domande.

2.- La Banca ha presentato appello avanti alla Corte di Appello di Ancona; S.P. ha proposto appello incidentale. Con sentenza depositata il 10 ottobre 2016, la Corte marchigiana ha accolto l’appello principale, respingendo invece quello incidentale.

3.- Per quanto qui ancora in interesse, la sentenza ha rilevato – con riferimento ai primi due primi ordini di acquisto l’interruzione del nesso di causalità tra la pur consumata violazione degli obblighi informativi da parte della Banca e il danno asserito dalla signora S.. “La consapevolezza della rischiosità dell’operazione non avrebbe dissuaso dall’acquisto” ha ritenuto al riguardo il giudice, per osservare che “allora la mancanza dell’avviso di non adeguatezza, che altra finalità non ha che richiamare l’attenzione sul rischio dell’operazione, non può di per sè stesso dimostrare che il cliente, se avvisato, non avrebbe passato l’ordine”; del resto, anche “successivamente” il cliente si è rivolto – ha aggiunto la Corte territoriale – “a titoli rischiosi”.

Con riferimento al terzo ordine di acquisto, poi, la stessa ha enunciato che, all’epoca, “erano stati consegnati al cliente il documento generale sui rischi, era annotato sull’ordine che si trattasse di titolo rischioso”; la cliente, del resto, “aveva già effettuato acquisti di titoli della medesima natura (brasiliani e turchi), di modo che non può ritenersi violato il dovere di informazione e neppure si pone un dubbio di adeguatezza”.

4.- Avverso questo provvedimento ha presentato ricorso S.P., affidandosi a tre motivi di cassazione.

Ha resistito, con controricorso, la Banca.

Quest’ultima ha anche presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5.- Il primo motivo di ricorso, che riguarda i primi due ordini di acquisto ed è intestato nel vizio dell’art. 360 c.p.c., n. 3, censura la decisione della Corte territoriale di ritenere nella specie interrotto il nesso causale tra violazione dei doveri incombenti sull’intermediario e danno patito dall’investitore.

In questa prospettiva, il ricorso segnala, in particolare, la decisione delle Sezioni Unite di questa Corte, 19 dicembre 2007, n. 26724, per cui, per individuare l’esistenza di un danno risarcibile e il nesso causale tra questo e la violazione dei propri doveri da parte dell’intermediario, deve attribuirsi rilievo “alle sole conseguenze della mancata astensione dell’intermediario medesimo dal compiere un’operazione non consentita”.

6.- Il motivo è fondato.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, “in tema di distribuzione dell’onere della prova nei giudizi relativi a contratti di intermediazione finanziaria, alla stregua del sistema normativo del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 21 e 23, e del Reg. Consob n. 11522 del 1998, la mancata prestazione delle informazioni dovute ai clienti da parte della banca intermediaria ingenera una presunzione di riconducibilità alla stessa dell’operazione finanziaria, dal momento che l’inosservanza dei doveri informativi da parte dell’intermediario costituisce di per sè un fattore di disorientamento dell’investitore che condiziona in modo scorretto le sue scelte di investimento; tale condotta omissiva è pertanto idonea a cagionare il pregiudizio lamentato dall’investitore, il che non esclude la possibilità di una prova contraria da parte dell’intermediario circa la sussistenza di sopravvenienze che risultino atte a deviare il corso della catena derivante dall’asimmetria informativa” (così, Cass., 16 febbraio 2018, n. 3914; cfr. pure, tra le altre, Cass., 18 maggio 2017, n. 12544; Cass., 17 novembre 2016, n. 23417). Non rientra nel novero delle circostanze atte a produrre una simile deviazione causale quella segnalata dalla sentenza impugnata, secondo cui “in tempi successivi” il cliente avrebbe posto in essere altri acquisti di “titoli rischiosi”; nè una generica sua propensione in tale direzione (per il rilievo, per cui la “propensione al rischio” dell’investitore è fattore “privo di valore inferenziale quanto alla circostanza che il cliente stesso, se informato, avrebbe proceduto all’acquisto, v. Cass., 4 aprile 2018, n. 8333; cfr., le altre, Cass., 6 marzo 2018, n. 5265; Cass., 4 ottobre 2018, 24393).

7.- Il secondo motivo, che riguarda il terzo ordine di acquisto, richiama sia il vizio di omesso esame di fatto decisivo, sia il vizio di violazione di legge, in relazione all’art. 2697 c.c., TUF, art. 21, e del Reg. Consob n. 11522 del 1998, artt. 28 e 29, nonchè degli artt. 1218,1224 c.c., e art. 42 c.p..

Ad avviso del ricorrente, la Corte ha errato nel ritenere assolto, da parte dell’intermediario, l’obbligo di informazione con riguardo al detto ordine.

“Nella specie” – avverte il motivo – “manca la prova che la banca resistente abbia adempiuto agli obblighi di condotta su di essa gravanti”. “La Corte di merito (e, prima ancora, il giudice di prime cure) ha errato nel ritenere assolto l’onere probatorio in capo all’intermediario con l’apposizione di una formula generica e descrittiva del tipo “titolo a rischio, operazione fuori dai mercati regolamentati””: “le avvertenze riportate sui moduli non sono di per sè sufficienti per ritenere assolto il dovere di informativa”.

D’altra parte – si aggiunge ancora -, la “Corte di merito ha omesso l’esame di un fatto decisivo della controversia, perchè non risulta valorizzata la mancata segnalazione della inadeguatezza dell’operazione e la mancata autorizzazione del cliente per procedere all’investimento”.

8.- In relazione a questo motivo, va osservato, prima di tutto, che la Corte marchigiana ha individuato un serie di profili che ha ritenuto rilevanti (la consegna del documento generale dei rischi; l’annotazione sull’ordine della rischiosità del concreto investimento; l’avere il cliente già effettuato investimento rischiosi in titoli brasiliani e turchi; cfr. sopra, l’ultimo capoverso del n. 3). Per poi trarne l’inferenza che, in ragione della compresenza fattuale di questi profili, “un dubbio di inadeguatezza” – rispetto all’ordine in questione – “neppure si pone”.

Ne deriva, all’evidenza, che, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, il vizio di omesso esame di fatto decisivo nella specie non ha proprio spazio per porsi.

9.- Quanto al vizio di violazione di legge, l’esame deve concretarsi sul punto dell’informazione segnata sull’ordine di investimento: se il documento generale sui rischi per definizione non riporta informazioni e chiarimenti sull’operazione che in concreto si sta per compiere, il rilievo del compimento di altre operazioni di tratto rischiosi,(brasiliane; turche) si pone in ogni caso (fuori, cioè, dalla sostanza dai rilievi svolti sopra, nel n. 6) come fatto intrinsecamente non informativo almeno sin quando non si acquisisca il dato che al tempo dell’operazione che viene concretamente a rilevare le dette operazioni a rischio non avessero già manifestato significativi sintomi di esiti negativi.

Ora, la circostanza, che è stata evocata dal ricorrente, per cui l’informazione annotata sull’ordine non è per sè decisiva ai fini dell’assolvimento dell’obbligo informativo, vale, per così dire, non a chiudere, quanto piuttosto ad aprire il problema. In effetti, se si ammette che l’informazione possa essere anche trasmessa a mezzo di annotazione sull’ordine di investimento (nè compaiono ragioni per escludere una simile eventualità), decisivi – per la valutazione di assolvimento dell’obbligo informativo – non possono che risultare i contenuti dell’informazione comunicata a mezzo dell’annotazione.

I giudici del merito hanno ritenuto idonea informazione quella riportata nella stringa annotata sull’ordine (cfr. nel penultimo capoverso del n. 7). Il Collegio stima ragionevole e non implausibile questa valutazione.

Anche la censura di violazione di legge, di cui al secondo motivo, non può dunque essere accolta.

10.- Il terzo motivo di ricorso assume “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. in relazione agli artt. 1418,1325 c.c., nonchè al TUF, artt. 21 e 23, e al Reg. Consob n. 11522 del 1998, art. 30”.

Con questo motivo, il ricorrente solleva una questione “non rilevata nei precedenti gradi del giudizio”: quella della nullità del contratto quadro intercorso inter partes.

Stipulato nella vigenza della L. n. 1 del 1991, tale contratto non è stato “aggiornato” alla sopravvenuta normativa del TUF e del relativo Regolamento Consob. E la cosa – assume il ricorrente – risulta rilevante per il giudizio in esame: nella specie, “i bond sono stati acquistati in contropartita diretta con NMB ed effettuata al di fuori dei mercati regolamentati”, secondo quanto il contratto quadro stipulato (e non aggiornato) non consentiva.

11.- Il motivo è inammissibile.

Facendo qui riferimento al criterio della ragione più liquida, è da rilevare che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, “la nullità di un negozio può essere rilevata, di regola, in ogni stato o grado del giudizio, e quindi anche in Cassazione, di ufficio o su istanza delle parti, ancorchè queste l’abbiano sollevata per la prima volta in sede di legittimità, ma tale principio non vale nell’ipotesi in cui la decisione della questione di nullità negoziale esiga indagini di merito, nella quale ipotesi non può essere sollevata nemmeno dalle parti per la prima volta in Cassazione” (così già Cass., 16 luglio 1969, n. 2620; più di recente, tra le altre si veda Cass., 14 ottobre 2013, n. 23235).

Non v’è dubbio che, nel caso di specie, quanto meno il tema dell’operazione in contrapartita diretta – circostanza fattuale non risulta presa in considerazione dai giudici dei gradi precedenti – esiga indagini e riscontri di merito.

12.- In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, respinto il secondo e dichiarato inammissibile il terzo.

Di conseguenza, la sentenza va cassata per quanto di ragione e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Ancona che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, respinge il secondo motivo, dichiara inammissibile il terzo. Cassa, per quanto di ragione, la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Ancona che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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