Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29104 del 18/12/2020

Cassazione civile sez. un., 18/12/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 18/12/2020), n.29104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19184/2019 proposto da:

BARBATOJA 1961 S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S. VALENTINO 24,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO AFELTRA, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAMPO NELL’ELBA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMILIANO PUCCI, rappresentato e difeso

dall’avvocato LORENZO CALVANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2053/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 28/03/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. In data 16 febbraio 2018, la Barbatoja 1961 s.r.l., titolare di concessione demaniale marittima in località (OMISSIS), depositava la CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) n. (OMISSIS), per un progetto di riqualificazione architettonica, ambientale e di ristrutturazione delle strutture, in parte insistenti sull’area demaniale ed in parte su proprietà privata. Con provvedimento del 20 febbraio 2018, il Comune rigettava l’istanza, deducendo che mancavano i titoli abilitativi ed edilizi delle strutture esistenti, e che queste ultime violavano i divieti di edificabilità assoluta ivi esistenti, di talchè la CILA presentata era da reputarsi insufficiente. La Barbatoja impugnava, quindi, il provvedimento con ricorso al TAR della Toscana, che lo accoglieva con sentenza n. 850/2018, del 13 giugno 2018, con la quale annullava l’atto impugnato, compensando fra le parti le spese di lite.

2. La pronuncia veniva impugnata dal Comune di Campo nell’Elba con appello al Consiglio di Stato che lo accoglieva, con sentenza n. 2053/2019, depositata il 28 marzo 2019, con la quale veniva rigettato il ricorso originario della Barbatoja 1961 s.r.l.. Il giudice di appello riteneva che buona parte delle strutture oggetto della concessione demaniale non rispettassero la distanza dagli argini prescritta dal R.D. n. 523 del 1904, art. 96, avente carattere assoluto ed inderogabile, come affermato da un orientamento giurisprudenziale consolidato.

3. Avverso tale decisione ha, quindi, proposto ricorso per cassazione la Barbatoja 1961 s.r.l. nei confronti del Comune di Campo nell’Elba, affidato ad un solo motivo. Il resistente ha replicato con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivi di ricorso, la Barbatoja s.r.l. denuncia l’eccesso di potere giurisdizionale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 e art. 362 c.p.c., nonchè alla L.R. Toscana n. 41 del 2018, art. 3.

1.1. Si duole la ricorrente del fatto che il Consiglio di Stato abbia ritenuto che gran parte delle strutture oggetto della CILA e del progetto di riqualificazione architettonica, presentato dalla Barbatoja s.r.l., costituissero manufatti già ritenuti abusivi dal Consiglio di Stato in precedenti decisioni e che, quindi, si trattasse di costruzioni nuove per le quali sarebbe occorso il permesso di costruire. Impugna, altresì, la ricorrente l’ulteriore ratio decidendi della sentenza del giudice amministrativo di appello, laddove quest’ultimo ha stabilito che le suddette strutture violavano il divieto assoluto di edificazione sancito dal R.D. n. 523 del 1904, art. 96, quanto alla distanza delle costruzioni dagli argini, avendo il Consiglio di Stato rilevato che le opere da realizzarsi non rispettavano la fascia di rispetto del fosso del (OMISSIS).

1.2. La pronuncia del giudice amministrativo, quindi, a parere dell’istante, costituirebbe “un grave sconfinamento in materia sottratta alla giurisdizione, ma di esclusiva pertinenza legislativa”, in quanto il Consiglio di Stato avrebbe applicato a “dei manufatti precari e temporanei realizzabili con semplice CILA di edilizia libera, in quanto privi di rilevanza urbanistica, la normativa applicabile alle nuove costruzioni fisse con rilevanza urbanistica, che prevede il rilascio di autorizzazione edilizia, non consentita nella fascia di rispetto di mt. 10 dall’argine del fosso”. La ricorrente ne ha tratto la conclusione che “le considerazioni contenute nel provvedimento impugnato risultino errate proprio nei presupposti”, essendo il giudizio emesso dal Consiglio di Stato inconferente “rispetto alle opere di riqualificazione dello stabilimento balneare Barbatoja”.

Sarebbe difatti erronea, a parere dell’istante, l’applicazione effettuata dal giudice a quo sulla scorta di una giurisprudenza che non si attaglierebbe alla vicenda in esame – del R.D. n. 523 del 1904, trattandosi di opere a carattere precario e temporaneo prive di rilievo urbanistico, e dunque carenti dei requisiti delle “nuove costruzioni” erroneamente attribuiti loro dal Consiglio di Stato. Ben al contrario di quanto affermato dal giudice amministrativo, nel caso di specie avrebbe dovuto trovare applicazione, secondo la ricorrente, non il R.D. n. 523 del 1904, bensì la L.R. Toscana n. 41 del 2018, della quale l’istante non cita, peraltro, alcuna disposizione che si attagli al caso di specie.

1.3. Per tali ragioni, la sentenza impugnata sarebbe incorsa, per un verso, nell'”eccesso di potere giurisdizionale”, per avere errato nell’individuazione della normativa regolativa del caso concreto, negando ingresso alla succitata normativa regionale, per altro verso, sarebbe “entrata nell’ambito della riserva di legge”, non avendo tenuto conto del fatto che la suddetta normativa regionale avrebbe “affermato esattamente l’opposto di quanto contenuto nel R.D. n. 523 del 1904”.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. Va – per vero – osservato, al riguardo, che, in tema di sindacato della Corte di Cassazione sulle decisioni giurisdizionali del giudice amministrativo o contabile, l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete. L’ipotesi non ricorre, invece, quando il giudice speciale si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio, ricercando la “voluntas legis” applicabile nel caso concreto, anche se questa abbia desunto non dal tenore letterale delle singole disposizioni, ma dalla ratio che il loro coordinamento sistematico disvela. Tale operazione ermeneutica può, infatti, dare luogo, tutt’al più, ad un “error in iudicando”, non alla violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale (Cass. Sez. U., 11/09/2019, n. 22711; Cass. Sez. U., 12/12/2012, n. 22784).

2.2. Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha rilevato che il punto decisivo della controversia – a di là della questione relativa ai giudicati amministrativi formatisi sul carattere abusivo di talune opere poste in essere dall’odierna ricorrente, ed alla loro riferibilità all’uno o all’altro degli stabilimenti da quest’ultima realizzati – era costituito dalla “violazione della fascia di rispetto del fosso del (OMISSIS)”, che avrebbe interessato “la gran parte delle strutture”, secondo il provvedimento comunale impugnato. Tali opere sarebbero state individuate sulla base della documentazione prodotta dal Comune, le cui deduzioni sul punto non sarebbero state neppure contestate dalla Barbatoja s.r.l..

Il giudice a quo ne ha tratto la motivata conclusione che dovesse trovare applicazione, nella specie, il disposto del R.D. n. 523 del 1904, art. 96, affermando – sulla base di una giurisprudenza consolidata – che i divieti di edificazione stabiliti da detta norma, con riferimento alle distanze delle costruzioni dagli argini, “hanno carattere assoluto e inderogabile e sono informati alla ragione pubblicistica di salvaguardare, non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche – e soprattutto – il libero deflusso delle acque scorrenti nei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici”. E tale obiettivo, ad avviso dell’organo giudicante, può essere “messo a rischio anche da strutture temporanee, amovibili, di dimensioni modeste e prive di rilevanza urbanistica”, come quelle oggetto della CILA presentata dalla Barbatoja s.r.l..

2.3. Da quanto suesposto risulta, con piena evidenza, che nel caso di specie il Consiglio di Stato, men che invadere le attribuzioni del legislatore dando vita ad un’autonoma attività di produzione normativa, ha, per converso, ricercato – in forza del compito interpretativo che gli è proprio – la “voluntas legis” applicabile alle peculiarità del caso concreto, Tale attività ermeneutica potrebbe, in ipotesi, dare luogo ad un “error in iudicando”, come tale insindacabile da parte di queste Sezioni Unite, ma non certo alla violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale.

3. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente alle spese del presente grado del giudizio.

PQM

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente, in favore del controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2020

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