Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29102 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 20/06/2018, dep. 13/11/2018), n.29102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI Maria Giulia – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29289/2011 R.G. proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in Roma, viale Etiopia

n. 83, presso lo studio dell’avv. Maria Luisa Carnazza, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avv. Nicola La Rocca, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

– controricorrente incidentale –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 108/14/10, depositata il 15 ottobre 2010.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno

2018 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 108/14/10 del 15/10/2010, la CTR della Toscana rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate e da S.G. avverso la sentenza della CTP di Roma n. 75/05/07, che aveva accolto parzialmente l’impugnazione del contribuente nei confronti di un avviso di accertamento con il quale, con riferimento all’annualità d’imposta 2003, l’Amministrazione finanziaria procedeva alla determinazione del reddito d’impresa dello stesso, risultato evasore totale, con le conseguenti statuizioni a fini IRPEF, IRAP e IVA;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR e dagli atti delle parti: a) l’avviso di accertamento qualificava S.G. come imprenditore svolgente attività di commercio di opere pittoriche e procedeva nei suoi confronti alla determinazione del reddito d’impresa a mezzo accertamenti bancari nei confronti dello stesso e della di lui convivente; b) la CTP accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente limitando gli effetti dell’accertamento ai soli versamenti in conto corrente; c) avverso la sentenza della CTP sia lo S. che l’Agenzia delle entrate proponevano appello;

1.2. la CTR motivava il rigetto degli appelli evidenziando che: a) in sede di appello non erano emersi elementi di novità tali da giustificare una modifica dellà statuizione del giudice di prime cure; b) i prelevamenti dovevano considerarsi reddito; c) l’avviso era ben motivato, risultando indubbio che lo S. svolgesse attività di commercio in arte; d) gli assegni rinvenuti comprovavano l’assunto dell’Ufficio;

2. avverso la sentenza della CTR S.G. proponeva ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo;

3. L’Agenzia delle entrate proponeva ugualmente ricorso, affidato a due motivi, che, in quanto successivo a quello proposto dal contribuente, va qualificato come ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo di ricorso principale S.G. deduce l’omessa motivazione su ogni fatto prospettato dalla difesa del contribuente, il cui appello non è neppure menzionato nella stesura della sentenza, e/o carente motivazione su punti essenziali della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

1.1. in particolare, il contribuente si duole della mancata considerazione dei motivi di appello dallo stesso proposti e della mancata statuizione in ordine ai fatti controversi, alcuni ineludibilmente decisivi per il giudizio;

2. il motivo è inammissibile;

2.1. il ricorrente si duole essenzialmente dell’apparente motivazione della sentenza di secondo grado (“più che la “Motivazione”, manda la Sentenza”) e, ciononostante, deduce il vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, senza invocare la nullità della sentenza ai sensi della stessa norma, n. 4;

2.2. nè il motivo è riqualificabile ai sensi di tale ultima disposizione, mancando la specifica richiesta di nullità della sentenza: “il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge” (Cass. S.U. n. 17931 del 24/07/2013);

2.3. in ogni caso, la censura di parte ricorrente è inammissibile anche con riferimento alla previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, facendo genericamente riferimento a tutti i fatti controversi senza che gli stessi siano stati specificati;

3. con il primo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la menzionata disposizione impone di considerare ricavi sia i versamenti che i prelevamenti in conto corrente, con conseguente erroneità della sentenza della CTR che ha considerato unicamente i versamenti;

4. il motivo è fondato;

4.1. va, in primo luogo, evidenziato che la CTR ha qualificato, con statuizione che non è stata validamente censurata, l’attività svolta dallo S. come attività di commercio in arte;

4.2. ne consegue che, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 2, concorrono a formare i ricavi sia i versamenti che i prelevamenti: ” del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative” (così, da ultimo, Cass. n. 11102 del 05/05/2017; conf. Cass. n. 2781 del 12/02/2015; Cass. n. 16896 del 24/07/2014; Cass. n. 13035 del 24/07/2012; Cass. n. 25502 del 30/11/2011);

4.3. è vero che a seguito della sentenza della Corte cost. n. 228 del 2014 è venuta meno l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti (Cass. n. 16697 del 09/08/2016; conf. Cass. n. 1519 del 20/01/2017; Cass. n. 3628 del 10/02/2017; Cass. n. 947 del 17/01/2018), ma nel caso di specie risulta accertato che il contribuente svolga attività imprenditoriale e non già professionale;

4.4. la sentenza della CTR, confermando quella della CTP e considerando come ricavi i soli versamenti, non ha fatto buon governo dei superiori principi di diritto, sicchè la stessa va cassata con rinvio per nuovo esame alla CTR della Toscana;

5. con il secondo motivo di ricorso incidentale si deduce contraddittoria motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziandosi che la CTR da un lato ha escluso, riportandosi alla sentenza della CTP, che i prelevamenti possano essere imputati a ricavi non dichiarati e, quindi, ha affermato che “i prelevamenti dal conto corrente costituiscono reddito”;

6. il motivo, proposto in via subordinata all’accoglimento del primo, è assorbito;

7. in conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo, e dichiarato inammissibile il motivo di ricorso principale; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR della Toscana, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso incidentale, dichiara assorbito il secondo e rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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