Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29101 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 20/06/2018, dep. 13/11/2018), n.29101

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI Maria Giulia – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27533/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

R.O., nella qualità di erede di P.S.,

deceduto il 10/10/2010, elettivamente domiciliato in Roma, via

Tacito n. 74, presso lo studio dell’avv. Maria Teresa Persico,

rappresentato e difeso dall’avv. Enzo Di Carlo, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia – Sezione staccata di Catania n. 284/18/10, depositata il 23

settembre 2010.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno

2018 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 284/18/10 del 23/09/2010, la CTR della Sicilia – Sezione staccata di Catania respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di Catania n. 655/03/06, che aveva a sua volta accolto parzialmente l’impugnazione di P.S. nei confronti di un avviso di rettifica con il quale, con riferimento all’annualità d’imposta 1997, l’Amministrazione finanziaria contestava numerose evasioni a fini IVA;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR e dagli atti delle parti: a) il contribuente svolgeva l’attività di commercio all’ingrosso di carburanti e lubrificanti, regolando i propri rapporti con i gestori attraverso contratti dei quali l’Ufficio contestava la qualificazione giuridica in termini di comodato; b) la CTP accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, limitando gli effetti dell’accertamento alle riprese non oggetto di contestazione; c) avverso la sentenza della CTP l’Agenzia delle entrate proponevano appello;

1.2. la CTR motivava il rigetto dell’appello evidenziando che, per quanto ancora interessa in questa sede: a) con riferimento alla ripresa di omessa fatturazione di contratti a prestazioni corrispettive, il rapporto tra il P. ed i gestori si esplicava in due contratti collegati, l’uno di cessione gratuita della gestione dell’impianto, l’altro concernente la somministrazione dei prodotti del cedente, sicchè il primo contratto doveva essere qualificato di comodato e non di permuta, come ritenuto dall’Ufficio; b) con riferimento al recupero di IVA indebitamente detratta in relazione ad operazioni ritenute inesistenti, le dichiarazioni rese da terzi e raccolte in sede di verifica avevano valore indiziario e, nella specie, non poteva loro essere attribuito il carattere della gravità, precisione e concordanza; c) peraltro, incombeva sull’Ufficio la prova dei fatti dedotti a sostegno della maggiore pretesa tributaria e, nel caso di specie, l’onere di provare l’inesistenza delle operazioni, non è stato assolto;

2. avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

3. R.O., nella qualità di unico erede di P.S., resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. vanno esaminate in primo luogo le eccezioni pregiudiziali formulate dal controricorrente, che si duole: a) dell’inesistenza della notificazione del ricorso, che avrebbe dovuto essere notificato all’erede del P., avendo il R. comunicato all’Agenzia delle entrate il decesso dell’originario contribuente e la sua qualità di unico erede; b) della tardività della notifica del ricorso; c) della inammissibilità del ricorso in quanto notificato a procuratore non legittimato in ragione del venir meno della procura;

1.1. con riferimento alle eccezioni sub a) e c), posto che non può parlarsi di inesistenza della notificazione del ricorso – soprattutto alla luce di Cass. S.U. n. 14916 del 20/07/2016, che limita le ipotesi di inesistenza alla totale mancanza materiale dell’atto e a quelle in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione – basterà evidenziare, indipendentemente dalla fondatezza in merito dei rilievi, che colui che afferma essere il legittimo controricorrente si è regolarmente costituito in giudizio con controricorso, così sanando ogni eventuale vizio di nullità della notificazione, che ha raggiunto lo scopo ai sensi dell’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 7703 del 28/03/2018; Cass. n. 5663 del 09/03/2018; Cass. n. 24450 del 17/10/2017; Cass. n. 4667 del 23/02/2017; Cass. S.U. n. 14916 del 20/07/2016; Cass. n. 15236 del 03/07/2014);

1.2. con riferimento al rilievo sub b), il R. sostiene che il ricorso è stato notificato tardivamente 1’11/11/2011 e che anche la spedizione del plico è avvenuta fuori termine in data 09/11/2011;

1.3. tuttavia, dalla relata di notifica in calce al ricorso si evince che la notifica (data di spedizione) è intervenuta in data 08/11/2011, nel pieno rispetto del termine lungo per l’impugnazione della sentenza della CTR, decorrente dal 23/09/2010;

2. sempre in via pregiudiziale, il controricorrente chiede la dichiarazione di interruzione del processo del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex artt. 40, e 299 c.p.c., in ragione dell’avvenuto decesso del controricorrente, in data 10/10/2010;

2.1. l’istanza non può essere accolta, atteso che “nel giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 c.p.c. e ss., sicchè, una volta instaurato il contraddittorio con la notifica del ricorso, la morte dell’intimato non produce l’interruzione del processo neppure se intervenuta prima della notifica del ricorso presso il difensore costituito nel giudizio di merito, dalla cui relata non emerga il decesso del patrocinato” (Cass. n. 24635 del 03/12/2015; Cass. n. 1257 del 23/01/2006);

2.2. nel caso di specie l’erede del controricorrente, costituitosi in giudizio con controricorso, ha dedotto che il proprio dante causa è deceduto in data 10/10/2010, prima della notificazione del ricorso per cassazione; tuttavia dalla relata di notifica effettuata sia nei confronti del difensore costituito che personalmente alla parte deceduta non si evince l’intervenuto decesso;

3. con il primo motivo di ricorso, relativo alla omessa fatturazione con riferimento ai contratti stipulati con i gestori, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1456 e 1803 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando la violazione dei canoni ermeneutici da parte della CTR, che ha erroneamente qualificato il contratto tra i gestori e il controricorrente come contratto di comodato, anzichè come contratto a prestazioni corrispettive, come più corretto in relazione alla presenza di una clausola risolutiva ex art. 1456 c.c., applicabile solo ai contratti sinallagmatici;

4. il motivo è inammissibile;

4.1. costituisce principio consolidato quello per il quale “la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale (nella specie, del contratto individuale di lavoro), non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., avendo l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, e dovendo i rilievi contenuti nel ricorso essere accompagnati, in ossequio al principio di autosufficienza, dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di consentire alla Corte di verificare l’erronea applicazione della disciplina normativa” (Cass. n. 25728 del 15/11/2013; Cass. n. 15798 del 28/07/2005);

4.2. nel caso di specie, la ricorrente, pur richiamando gli artt. 1362 e 1363 c.c. ed assumendo la violazione del canone di interpretazione del contratto secondo la volontà delle parti, non ha trascritto, ai fini dell’autosufficienza, le clausole contrattuali interessate, nè ha allegato i contratti cui si fa riferimento, così impedendo a questa Corte ogni verifica in ordine all’erroneità della applicazione della disciplina legislativa;

5. con il secondo motivo di ricorso, relativo alla indebita detrazione dell’IVA con riferimento a prestazioni considerate inesistenti, si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, nonchè dell’art. 2229 c.c. (rectius 2729), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che il divieto di ammissione della prova testimoniale nel giudizio tributario comporta, in ogni caso, l’utilizzabilità delle dichiarazioni provenienti da terzo, che possono essere valutate alla stregua di elementi indiziari, e che, nel caso di specie, la CTR ha indebitamente escluso la valenza presuntiva di tali dichiarazioni;

6. con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate contesta omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziando che la CTR non ha preso posizione su tutti i motivi dedotti nell’avviso di accertamento a sostegno dell’inesistenza delle operazioni, nè il P. ha dato prova alcuna della regolarità di tali operazioni;

7. i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, riguardando la medesima ripresa, e sono inammissibili per difetto di autosufficienza;

7.1. con riferimento al secondo motivo, la ricorrente si duole del fatto che la CTR avrebbe escluso la gravità, precisione e concordanza a fini presuntivi delle dichiarazioni provenienti da terzo, ma non riproduce, nè allega gli atti da cui tali dichiarazioni risultano, impedendo così a questa Corte di valutare l’effettiva pregnanza delle stesse e la loro idoneità a supportare l’accertamento analitico-induttivo posto in essere dall’Amministrazione finanziaria;

7.2. con riferimento, invece, al terzo motivo l’Agenzia delle entrate omette di indicare, trascrivendo o allegando l’avviso di accertamento o il processo verbale di constatazione, quali siano gli elementi che supportano l’accertamento dell’Ufficio, sicchè il motivo è inidoneo a validamente contrastare il giudizio della CTR, che ha escluso l’inesistenza delle operazioni;

7.3. inoltre, la parte del terzo motivo con cui si assume la violazione delle regole di distribuzione dell’onere della prova da parte della CTR integra una violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, inammissibile ove dedotta ai sensi della medesima disp. n. 5;

8. in conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore del controricorrente delle spese del giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore della lite dichiarato di Euro 675.344,86.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 10.000,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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