Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29098 del 18/12/2020

Cassazione civile sez. II, 18/12/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 18/12/2020), n.29098

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23378/2019 proposto da:

I.K., elettivamente domiciliato in Milano, Via Lorenteggio,

24, presso lo studio dell’avv. Tiziana Aresi, e dell’avv. Massimo

Carlo Seregni, che lo rappresentano e lo difendono

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del ministro p.t.

istituzionalmente rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale

dello Stato ed elettivamente domiciliato ex lege presso la sede di

questa, in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1684/2019 della Corte d’appello di Milano

pubblicata il 16/4/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/07/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso che il sig. I.K., cittadino (OMISSIS), ha presentato avverso la sentenza della corte d’appello di Milano che ha rigettato l’impugnazione contro l’ordinanza del tribunale di Milano di diniego della protezione internazionale come statuito da parte della commissione territoriale competente;

– il ricorrente aveva appellato il diniego chiedendo alla corte distrettuale di riformare integralmente la decisione riconoscendo, il diritto alla protezione sussidiaria e quella umanitaria;

– a sostegno della propria richiesta egli ha dichiarato di essere cristiano, di aver perso tutta la sua famiglia in un attentato avvenuto presso la chiesa cattolica di (OMISSIS) e di aver lasciato la Nigeria, Edo State, temendo di essere ucciso, in quanto cristiano per paura delle minacce di morte a lui rivolte da soggetti riconducibili a (OMISSIS);

– la corte d’appello ha negato al ricorrente il riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria;

– la cassazione della pronuncia di secondo grado è chiesta con ricorso affidato a due motivi cui resiste il Ministro con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8;

– secondo il ricorrente, la corte d’appello avrebbe totalmente omesso un esame completo delle vicende vissute dal richiedente la protezione oltre che nel paese di provenienza anche in quello di transito e, in particolare la Libia, ove la situazione generale sono connotate da abusi e violazioni dei diritti sofferte dai richiedenti asilo durante i loro viaggi verso l’Italia;

– il motivo è inammissibile;

– appare, infatti, al collegio decisiva la considerazione che il ricorrente non abbia indicato ove avrebbe allegato eventuali pregiudizi personali patiti in Libia e suscettibili di assumere rilevanza ai fini della verifica della protezione richiesta, posto che nella sentenza impugnata manca alcun riferimento ad una simile allegazione;

– la censura, in difetto di una simile specificazione, appare del tutto nuova e dunque inammissibile in cassazione e ciò a prescindere da ogni altra considerazione circa la rilevanza attribuibile alle condizioni patite nel paese di transito;

-ad esse, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto rilevanza, sempre che siano allegate, in relazione alla possibilità di ravvisare una causa di soggettiva vulnerabilità di cui tenere conto nel giudizio di comparazione finalizzato al riconoscimento della protezione umanitaria (cfr. Cass. 13088/2029) non ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, giacchè in questi casi la situazione che va indagata è rispettivamente quella del paese di cittadinanza – secondo il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e);

– ovvero quella del paese di origine, secondo il cit. D.Lgs. n. 251, art. 2, lett. g);

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 e art. 14, lett. c);

– secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado non ha condotto alcuna attività di indagine per acquisire informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente in Nigeria e ha omesso di considerare che la vicenda personale del sig. I.K. si inserisce nel drammatico quadro degli attentati di (OMISSIS), noti per la loro crudezza e violenza contro i cristiani, situazione che varrebbe ad integrare il requisito del grave danno D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) e rilevante ai fini della concessione della protezione sussidiaria;

– il motivo è inammissibile;

– il giudice d’appello ha motivato la decisione impugnata esaminando specificamente la condizione socio-politica dell’Edo State, dal quale proviene il ricorrente e sulla base dei diversi report indicati (Amnesty 2017/2018 e UNHCR 2018) ha escluso di ravvisare la violenza generalizzata in situazione di conflitto rilevante ai sensi dell’ipotesi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, sub lett. c);

– tale conclusione non appare efficacemente censurata dal ricorrente che neppure ha indicato i riferimenti reperibili su internet ai fatti accaduti alla sua famiglia ed asseritamente trascurati dalla corte d’appello (cfr. pag. 5 del ricorso);

– atteso l’esito sfavorevole di entrambe le censure, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente, in applicazione del principio di soccombenza, va condannato alle spese di lite come liquidate in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente alle spese a favore del controricorrente che liquida in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito ed oltre il 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2020

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