Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29096 del 18/12/2020

Cassazione civile sez. II, 18/12/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 18/12/2020), n.29096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7128/2016 proposto da:

P.S.A., rappresentato e difeso dagli avvocati MARIO

BARILA’, FRANCESCO BARILA’, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FITT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA VESCOVIO 21, presso lo

studio dell’avvocato TOMMASO MANFEROCE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARCO BORRACCINO, giusta delega in atti;

-c/ricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 160/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 28/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/07/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. La società Fitt s.p.a. proponeva opposizione al Decreto n. 3 del 1998, con cui il Tribunale di Vicenza le aveva ingiunto il pagamento della somma di Lire 260.508.151 in favore dell’architetto P.S.A., quale saldo dei crediti da quest’ultimo vantati in base alla parcella liquidata dal competente consiglio dell’ordine professionale. Il Tribunale di Vicenza, con sentenza n. 1333/2008, revocava il decreto ingiuntivo; in parziale accoglimento dell’opposizione riconosceva infatti all’opposto il diritto al pagamento di Euro 121.988,39 e all’opponente il pagamento di Euro 30.628,83.

2. Avverso la sentenza proponeva appello; P.S.A.: lamentando il mancato addebito degli importi versati per la fideiussione bancaria, stipulata al fine di ottenere la provvisoria esecutorietà del decreto opposto; contestando la decisione nella parte in cui non aveva condannato l’appellato al pagamento degli interessi legali ragguagliati al tasso legale di sconto stabilito dalla Banca d’Italia, come previsto dalla tariffa professionale; denunciando la misura dell’addebito delle spese di causa e la mancata liquidazione delle spese relative alla fase monitoria, compresa quella relativa alla liquidazione della parcella da parte dell’ordine.

Con sentenza 28 gennaio 2016, n. 160, la Corte d’appello di Venezia, in accoglimento del gravame, condannava la società Fitt a pagare “in ragione di 3/4 gli esborsi pagati dall’appellante per la fideiussione” e a pagare gli interessi nella misura prevista dalla tariffa professionale, a decorrere dal 20 gennaio 1998 al 3 gennaio 2000; dichiarava compensate le spese di causa in ragione di 1/4, condannando Fitt a pagare i rimanenti 3/4.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione P.S.A..

Resiste con controricorso la società Fitt s.p.a, anzitutto eccependo l’improcedibilità per il tardivo deposito del ricorso; Fitt propone altresì ricorso incidentale.

Sia il ricorrente principale che quello incidentale hanno depositato memoria prima dell’adunanza.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso principale – del quale va affermata la procedibilità (dai documenti depositati dal ricorrente emerge infatti la tempestività del deposito dell’atto) – è articolato in due motivi.

a) Il primo motivo contesta “violazione dell’art. 2900 c.c. (art. 2909, ha precisato il ricorrente in memoria) e art. 336 c.p.c.”: la Corte d’appello, nonostante la mancata proposizione di appello incidentale, ha rideterminato l’ammontare delle spese del primo grado di giudizio e ciò ha fatto in maniera illogica rispetto al risultato finale della controversia.

Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha infatti, parzialmente, riformato la sentenza di primo grado e, pertanto, nel dare una nuova liquidazione delle spese non ha violato la regola del giudicato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il giudice di appello, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite” (così, ex multis, Cass. 9064/2018).

b) Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 277 c.p.c., a causa dell'”omessa pronuncia in ordine alle spese di liquidazione della parcella da parte dell’ordine degli architetti”.

Il motivo è inammissibile. Anzitutto si fa valere un vizio di omessa pronuncia lamentando una violazione di legge e non la nullità della decisione (circa l’inammissibilità del gravame che “si limiti ad argomentare sulla violazione di legge” v. la pronuncia delle sezioni unite n. 17931/2013). In secondo luogo, non è chiaro dall’esposizione del motivo quale sia l’omissione denunciata: a p. 3 il ricorrente si riferisce a “cinque questioni specifiche e delimitate”, a p. 4 – in riferimento appunto alla “spesa affrontata per ottenere la liquidazione della parcella da parte dell’ordine” – alla “domanda che non è stata esaminata”, senza dedurre il mancato esame di un motivo d’appello, motivo che d’altro canto non è stato trascritto o quanto meno specificamente riportato nel ricorso (v. pp. 4 e 6 dell’atto).

Il ricorso principale va quindi rigettato.

II. Il ricorso incidentale è articolato in un unico motivo con cui si lamenta “violazione o falsa applicazione degli artt. 119,648 e 653 c.p.c.; in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”: la Corte d’appello ha condannato la società Fitt al pagamento delle spese sostenute dal ricorrente principale per là fideiussione prestata a garanzia della concessione della provvisoria esecutività del decreto opposto, sul presupposto che tali costi integrassero spese del processo; la Corte non ha così considerato che l’offerta della cauzione costituisce una mera facoltà, che la cauzione assolve alla funzione di anticipare l’esecuzione forzata ed “integra al più spese di esecuzione” e che il decreto ingiuntivo è stato revocato dalla sentenza di primo grado.

Il motivo è fondato. La prestazione della cauzione di cui dell’art. 648 c.p.c., comma 2, finalizzata a garantire le eventuali restituzioni, spese e danni derivanti dall’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo in pendenza del giudizio di opposizione, costituisce una facoltà della parte creditrice, che, “nel momento in cui chiede la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ex art. 648 c.p.c., evidentemente si accolla tutti i rischi connessi con la possibile successiva revoca dello stesso e quindi con l’intervenuta caducazione del titolo esecutivo provvisorio” (Cass. 379/2010), con la conseguenza che le relative spese non entrano a fare parte delle spese del giudizio di opposizione. Nè al riguardo rileva il precedente richiamato da P.S. nella memoria, ossia Cass. 6278/1990. La pronuncia si riferisce alla diversa ipotesi della imposizione della cauzione, per l’eventuale risarcimento dei danni, da parte del giudice che concede un un sequestro conservativo o giudiziario, ai sensi dell’art. 674 c.p.c. (l’articolo è stato abrogato dalla L. n. 353 del 1990, che ha previsto l’istituto, per tutte le misure cautelari, all’art. 669-undecies c.p.c.), cauzione il cui mancato versamento comporta l’inefficacia del sequestro (v. Cass. 8036/1994 e il disposto di cui all’art. 669 undicies c.p.c., comma 3) e il cui esborso è pertanto “indispensabile affinchè la parte possa, beneficiare del favorevole provvedimento conseguito”.

Il ricorso incidentale va quindi accolto.

III. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Venezia, che provvedere pure in relazione alle spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte accoglie il ricorso incidentale, rigettato il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2020

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