Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29095 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 10/10/2018, dep. 13/11/2018), n.29095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7423-2012 proposto da:

OPE FEDERICOLCESE PUBBLICITA’ ESTERNA SPA in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato MARIO

CONTALDI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

RENATO SPECIALE giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI RIMINI in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA CAIO MARIO N. 7, presso lo studio

dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ELENA FABBRI giusta delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 106/2011 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 19/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/10/2018 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato LORENZELLI per delega

dell’Avvocato CONTALDI che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’avvocato FEDELI BARBANTINI per delega

dell’avvocato FABBRI che ha chiesto il rigetto.

Fatto

1. La società O.P.E. “Olcese Pubblicità Esterna” S.p.a. (ora Federicolcese Pubblicità Esterna s.p.a.) proponeva ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale di Rimini in relazione a due avvisi di accertamento recanti i numeri (OMISSIS) e (OMISSIS) relativi agli anni 2004-2005 per l’omessa dichiarazione dell’imposta sulla pubblicità, in relazione ad un pannello luminoso in (OMISSIS), entrambi notificati in data 26 maggio 2006.

2. La CTP rigettava i ricorsi dopo averli riuniti.

3. La società proponeva appello ribadendo tutte le eccezioni proposte in prima istanza e relative alla violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10, commi 1, 2 e 3, e della L. n. 241 del 1990, art. 4 per decadenza dell’amministrazione dal potere impositivo; insussistenza dei presupposti per l’emissione dell’accertamento, trattandosi di pubblicità temporanea e non annuale; errata determinazione e applicazione dell’imposta e della sanzione, difetto di motivazione.

4. L’appellante, inoltre, sosteneva l’insussistenza o l’insufficienza della motivazione della sentenza di primo grado in violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 7, comma 7 e art. 42, comma 2.

5. La CTR rigettava l’appello, ritenendo sufficientemente motivata la sentenza in relazione ai vizi lamentati dal contribuente. In particolare riteneva che la decadenza dei termini per l’emissione dell’atto impositivo di 2 anni decorresse dal momento in cui la denuncia avrebbe dovuto essere presentata, nel caso in esame 23 agosto 2004, data del sopralluogo che rappresentava il momento in cui il Comune era venuto a conoscenza della violazione.

In mancanza di una formale denuncia, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8, la decorrenza era fissata al primo gennaio dell’anno in cui era stata accertata la violazione e il bollino relativo al pagamento effettuato il 16 aprile 2004 non sostituiva l’obbligo di presentazione della dichiarazione che doveva essere fatta nei modi e nei termini del citato decreto legislativo.

6. Inoltre la CTR riteneva legittimo l’avviso di accertamento con firma del soggetto responsabile del servizio sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo, essendo l’atto prodotto dal sistema informativo automatizzato, in applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 1 comma 87, e rigettava anche l’eccezione di invalidità per violazione del citato D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10, comma 2, in quanto riportava regolarmente tutti gli elementi quali: la tipologia del pannello pubblicitario, la sua ubicazione in (OMISSIS), i 59 metri quadrati complessivi, l’importo dovuto detratti i versamenti già effettuati, le sanzioni applicate e i relativi interessi.

Il contribuente, dunque, era stato messo in condizione di esercitare validamente il proprio diritto di difesa.

7. La CTR precisava anche che non si poteva specificare il tipo di messaggio pubblicitario perchè il pannello era adibito a reclamizzare nel tempo prodotti diversi, pertanto, l’indicazione della locuzione “varia” era l’unica a disposizione dell’accertatore.

Il calcolo dell’imposta dovuta era corretto, salvo l’unico errore evidenziato relativo all’anno 2004 e riconosciuto dal Comune e considerato dai giudici di primo grado che avevano rettificato in Euro 335,27 l’importo totale da pagare. Allo stesso modo era infondata l’eccezione di indebita condanna del ricorrente alle spese di lite.

9. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Federico Olcese pubblicità esterna Spa in persona del suo legale rappresentante O.M.C. sulla base di sette motivi di ricorso.

10. Il Comune di Rimini ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa

applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8 e art. 10, comma 1, e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

La doglianza attiene alla decadenza del Comune di Rimini dall’esercizio del potere impositivo. Secondo il ricorrente la sentenza sarebbe errata nella parte in cui afferma che il termine di decadenza decorre dal momento del sopralluogo effettuato dagli incaricati del comune e non da quando la dichiarazione di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8, è stata o avrebbe dovuto essere presentata (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10). Nel caso di specie il computo del termine avrebbe dovuto essere effettuato a partire dal 16 aprile 2004, momento in cui la società aveva comunicato al Comune di Rimini che, a partire da quel giorno, avrebbe esposto pubblicità per giorni 30, sul cartellone sito in (OMISSIS), in forza di autorizzazione comunale e con specificazione delle caratteristiche, della durata e dell’ubicazione del mezzo pubblicitario, pertanto essendo stato notificato, l’avviso di accertamento, il 26 maggio 2006, il Comune era decaduto dal potere impositivo.

Inoltre la ricorrente aveva eccepito nell’appello che, anche volendo considerare la pubblicità effettuata di carattere annuale e non temporanea, il termine sarebbe scaduto egualmente sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8, comma 3, essendo, la stessa, titolare da decenni di un’autorizzazione comunale, richiamata nei bollettini di pagamento in atti. Il versamento annuale dell’imposta, infatti, sarebbe stato sufficiente a determinare la proroga tacita dell’autorizzazione all’installazione di tali mezzi a prescindere dalla formale produzione di una periodica istanza di rinnovo.

In conclusione, il Comune per evitare la decadenza avrebbe dovuto notificare alla ricorrente l’avviso impugnato, entro il 31 gennaio 2006, e cioè entro due anni dalla scadenza del termine stabilito per effettuare il pagamento dell’imposta, ai fini della proroga degli effetti delle precedenti dichiarazioni di pubblicità annuale identificate nella specie nel 31 gennaio del 2004.

1.2 Il motivo è fondato limitatamente al primo dei due accertamenti originariamente impugnati, recante il n. (OMISSIS) e relativo all’anno 2004.

In tema d’imposta comunale sulla pubblicità, il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8, comma 4, nel prevedere che, qualora venga omessa la dichiarazione, la pubblicità si presume effettuata con decorrenza dal primo gennaio dell’anno in cui è stata accertata, ha la funzione di determinare esclusivamente la misura del tributo dovuto, ma non incide sul termine biennale di decadenza dall’esercizio del potere impositivo, di cui al successivo art. 10, vigente “ratione temporis”, che decorre dalla data in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, prima di iniziare la pubblicità. Cass. civ. Sez. 5 Ord., 15/03/2017, n. 6714 (rv. 643466-02).

Inoltre questa Corte ha anche precisato che: “In tema di imposta comunale sulla pubblicità, la decadenza del comune dall’esercizio del potere impositivo – la quale può essere rilevata solo dal contribuente, su cui grava l’onere della relativa prova – si verifica, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 10, dopo il decorso di due anni “dalla data in cui la dichiarazione è stata o avrebbe dovuto essere presentata”. In caso, pertanto, di omessa dichiarazione, il “dies a quo” del termine biennale di decadenza va identificato nel momento del sorgere dell’obbligo della dichiarazione, il quale nasce, ai sensi del citato D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8, appena “prima di iniziare la pubblicità”, senza che possa essere invocato il disposto del medesimo art. 8, comma 4 – secondo il quale, in ipotesi di omessa dichiarazione, la pubblicità si presume effettuata in ogni caso “con decorrenza dal primo gennaio dell’anno in cui è stata accertata”, – atteso che la decorrenza cui detta norma si riferisce attiene unicamente alla misura del tributo che l’omittente è tenuto a versare.

Ne deriva che un utile rilievo della decadenza implica per il contribuente la dimostrazione che la pubblicità sia stata intrapresa, in assenza di dichiarazione, oltre due anni prima della notifica dell’accertamento di ufficio (Cass. civ. Sez. 5 Sent., 29/02/2008, n. 5486 rv. 602000).

Nel caso di specie la ricorrente ha provato che la pubblicità era iniziata almeno a partire dal 16 aprile 2004, data di pagamento del bollettino, pertanto, alla luce della giurisprudenza sopra citata, al momento della notifica dell’avviso di accertamento relativo al 2004, avvenuta in data 26 maggio 2006, il Comune era decaduto dal potere impositivo.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 7, comma 7 e art. 12, comma 2, e omessa insufficiente motivazione art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

La ricorrente lamenta l’omessa o insufficiente motivazione rispetto al motivo di appello con il quale si chiedeva l’applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 12, comma 2, perchè l’esposizione pubblicitaria era avvenuta per periodi di tempo limitati e non superiori a 3 mesi.

Lo stesso vizio di omessa o insufficiente motivazione sussisterebbe anche in relazione all’eccezione con la quale si contestava l’applicazione al caso di specie del medesimo D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 7, comma 7, in quanto il manufatto oggetto di causa era costituito da un telo di plastica non dotato di luce propria e, dunque, non poteva rientrare nella qualifica di pannello luminoso.

2.1 Il motivo è fondato.

La motivazione della sentenza della CTR è del tutto insufficiente, limitandosi questa a dire che “i primi giudici hanno operato nel rispetto e con la corretta applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 7, comma 7 e art. 42, comma 2, (recte art. 12, comma 2). Non vi è alcun cenno al perchè si è ritenuta la durata della pubblicità annuale e non di durata inferiore a tre mesi e, tantomeno, al fatto che la pubblicità era effettuata in forma luminosa e, dunque, la tariffa di imposta doveva applicarsi con la maggiorazione del 100 per cento.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10, commi 2 e 3, della L. n. 241 del 1990, art. 4, nonchè della L. n. 59 del 1997, del D.Lgs. n. 267 del 2000 e del D.P.R. n. 445 del 2000, nonchè omessa e insufficiente motivazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

La ricorrente ritiene erronea la motivazione della sentenza che ha rigettato il motivo di appello relativo alla mancanza di firma, essendo sufficiente ai sensi della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 87, per gli atti emessi con sistemi informativi automatizzati, l’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile.

Secondo il ricorrente la disciplina richiamata dalla sentenza non è più applicabile, essendo oramai consentita l’apposizione della firma digitale e in ogni caso la motivazione è insufficiente.

3.1 Il motivo è infondato.

La motivazione della sentenza è del tutto conforme alla giurisprudenza di legittimità e fa corretta applicazione del D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3, comma 2, secondo cui nella redazione di atti amministrativi, la firma autografa è sostituita, a tutti gli effetti, dall’indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile dell’atto.

Inoltre, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte: “L’atto amministrativo non è invalido solo perchè privo di sottoscrizione, in quanto la riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato, può essere desunta anche dal contesto dell’atto stesso” Cass. civ. Sez. 2 Ordinanza, 06-03-2017, n. 5532. Nello stesso senso anche Cass. civ. Sez. 5 Ord., 23/09/2008, n. 23976 secondo cui: “Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità la sufficienza dell’indicazione a stampa del funzionario responsabile – il luogo della firma autografa – allorquando si ricorra all’emissione degli avvisi di accertamento per il tramite di sistemi informativi automatizzati”.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10, comma 2, e insufficiente motivazione in relazione agli art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. La ricorrente lamenta che la CTR abbia ritenuto legittimo l’uso dell’espressione “varia” per indicare il tipo di pubblicità, in violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10,comma 2, che prescrive che nell’atto siano indicate anche le caratteristiche del mezzo pubblicitario oggetto dell’avviso di accertamento. Le ragioni esposte dalla CTR per giustificare il rigetto della domanda sono insufficienti avuto riguardo al fatto che nel verbale di sopralluogo l’inciso pubblicitario esposto era chiaramente identificato nella pubblicità (OMISSIS).

4.1 Il motivo è infondato.

La ricorrente, sotto l’ombrello del vizio di violazione di legge e di insufficiente motivazione, richiede una diversa qualificazione dei fatti.

In realtà la motivazione della CTR sul punto è sufficiente e conforme all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo il quale in tema di determinazione dell’imposta comunale sulla pubblicità, il contenuto minimo dell’avviso di accertamento è determinato dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 10, il quale richiede che esso indichi il soggetto passivo, le caratteristiche e l’ubicazione del mezzo pubblicitario, l’importo dell’imposta accertata, delle soprattasse dovute e degli interessi.

Anche in relazione alle caratteristiche del mezzo pubblicitario la motivazione della sentenza impugnata è puntuale laddove afferma che l’indicazione del messaggio pubblicitario non si poteva specificare ulteriormente perchè il pannello pubblicitario era adibito a reclamizzare nel tempo prodotti diversi e, dunque, la locuzione adottata dall’amministrazione con il termine “varia” era legittima e non poteva costituire un elemento invalidante l’atto impositivo.

Ciò rende irrilevante anche il fatto che, nel verbale di sopralluogo, l’inciso pubblicitario esposto era chiaramente identificato nella pubblicità (OMISSIS) perchè la motivazione fa riferimento all’uso del pannello in tempi diversi.

Inoltre deve richiamarsi l’orientamento consolidato secondo il quale “sotto l’ombrello del vizio di violazione di legge o del vizio di motivazione non può richiedersi una diversa qualificazione dei fatti”.

5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: “insufficiente motivazione in ordine alla correzione dell’importo richiesto con l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) del 2006 e al calcolo delle somme assertivamente dovute”.

6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2, e omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Il motivo riguarda la condanna alle spese di lite in primo grado nonostante il fatto che vi fosse una soccombenza in capo all’amministrazione riguardo all’errore di calcolo espressamente riconosciuto anche nella sentenza impugnata.

6.1 Il quinto e il sesto motivo di ricorso sono assorbiti dall’accoglimento del secondo.

7. Il settimo motivo è così rubricato omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, art. 360 c.p.c., n. 5.

La ricorrente aveva proposto appello in relazione alla omessa pronuncia sulle eccezioni di difetto di motivazione degli avvisi di accertamento impugnati e la CTR di Bologna non si era espressa sul motivo di appello.

7.1 Il motivo è infondato in quanto, come si è detto con riferimento al quarto motivo, la CTR ha ampiamente motivato sulle ragioni per le quali aveva ritenuto sufficientemente motivati gli avvisi di accertamento impugnati, tenuto conto del contenuto minimo dell’avviso di accertamento ex D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10.

8. In conclusione la Corte accoglie sia il primo motivo di ricorso, limitatamente all’accertamento n. (OMISSIS), che il secondo motivo di ricorso, rigetta il terzo, quarto e settimo motivo, dichiara assorbiti il quinto e sesto motivo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso limitatamente all’accertamento n. (OMISSIS) per intervenuta decadenza dell’amministrazione, e rinvia ad altra sezione della Commissione Regionale dell’Emilia Romagna in relazione al secondo motivo accolto.

9. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, limitatamente all’accertamento n. (OMISSIS), e il secondo motivo di ricorso, rigetta il terzo, quarto e settimo motivo, dichiara assorbiti il quinto e sesto motivo, cassa la sentenza impugnata e accoglie l’originario ricorso limitatamente all’accertamento n. (OMISSIS) per intervenuta decadenza dell’amministrazione, e rinvia, in relazione al secondo motivo accolto, ad altra sezione della Commissione Regionale dell’Emilia Romagna, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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