Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29095 del 11/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 11/11/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 11/11/2019), n.29095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5521/2014 proposto da:

R.V., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato GREZ & ASSOCIATI

S.R.L., rappresentata e difesa dall’avvocato CHIARA ARGENIO;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO

RICCI, EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

e contro

DIREZIONE PROVINCIALE DEI SERVIZI VARI DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE DI AVELLINO;

– intimata –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, C.F. (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA

DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1317/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/03/2013 R.G.N. 11016/2008;

Il P.M., ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di Avellino che aveva rigettato la domanda proposta da R.V. nei confronti dell’Inps e del Ministero dell’economia e delle Finanze volta ad ottenere il ripristino dell’indennità di accompagnamento riconosciuta con la sentenza definitiva n. 1825 del 1997 e revocata con decorrenza dal 3 novembre 2003 in seguito a visita di revisione.

2. La Corte riteneva in primo luogo non applicabile alla fattispecie il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 383 del 1999 – secondo il quale in materia di invalidità pensionabile la situazione già accertata in un precedente giudizio non può formare oggetto di valutazione diversa ove permangano immutati gli elementi di fatto e di diritto preesistenti, occorrendo effettuare un raffronto tra la situazione esistente all’epoca del precedente accertamento giudiziale e quella ricorrente al momento dell’emanazione dell’atto di soppressione, per verificare se effettivamente vi sia stata un’evoluzione in senso migliorativo dello stato di salute del pensionato o comunque un recupero della capacità di guadagno del medesimo – in quanto sostanzialmente la sentenza passata in giudicato si era limitata a retrodatare il beneficio alla data della domanda amministrativa rispetto alla data successiva dalla quale questo era stato riconosciuto in sede di visita collegiale. Aggiungeva che nelle prestazioni assistenziali, a differenza che in quelle previdenziali, occorre verificare la permanenza di tutti i requisiti richiesti ex lege. Riferiva che, nel caso, il c.t.u. nominato in primo grado aveva accertato che la ricorrente è affetta da sindrome di Turner con ritardo mentale di grado medio, subanchilosi dorso-lombare in esiti di scoliosi trattata chirurgicamente e lieve deficit visivo, patologie che complessivamente considerate, pur determinando la totale invalidità della R., non impediscono lo svolgimento degli atti elementari della vita quotidiana, nè la deambulazione autonoma. Aggiungeva che la malattia riscontrata non rientra tra quelle per le quali il D.L. n. 342 del 2003, art. 42, esclude gli accertamenti di controllo.

3. Per la cassazione della sentenza R.V. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, illustrati anche con memoria, cui l’Inps ha resistito con controricorso. Il Ministero dell’economia e delle Finanze ha depositato atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

4. Il P.G. ha depositato le Sue conclusioni scritte nelle quali chiede che il ricorso sia rigettato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. come primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10 e la violazione dell’art. 2909 c.c., in relazione al giudicato costituito dalla sentenza del Pretore di Avellino n. 1825 del 1997. Sostiene che l’accertamento del diritto della ricorrente all’accompagnamento era frutto di un accertamento relativo alla grave patologia da cui ella è portatrice e del conseguente suo diritto all’indennità di accompagnamento e non la semplice retrodatazione del diritto.

6. Come secondo motivo deduce l’omesso esame circa la sussistenza di un raffronto tra la situazione di fatto esposta nella c.t.u. recepita nella sentenza n. 1825 del 1997 del Pretore di Avellino e quella recepita nella sentenza n. 857 del 2007 del Tribunale di Avellino: sostiene che la revoca in assenza del dovuto confronto tra le situazioni di fatto e di diritto, si pone come una non consentita svalutazione dell’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato.

7. Come terzo motivo deduce la violazione ed erronea e falsa interpretazione della L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 e sostiene che la sentenza impugnata avrebbe operato una non corretta individuazione del concetto di autonomia, trascurando l’incidenza del ritardo mentale da cui la ricorrente è affetta.

8. Come quarto motivo deduce la violazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 7, conv. con L. n. 326 del 2003. Sostiene che la sindrome di Turner da cui è affetta costituirebbe una grave e rara anomalia di origine genetica e sarebbe ricompresa nella normativa richiamata, che esonera da ogni visita medica anche a campione finalizzata all’accertamento della permanenza della disabilità.

9. Il primo motivo è fondato.

L’interpretazione data dalla Corte di merito al giudicato costituito dalla sentenza del 1997 del Pretore di Avellino è frutto dell’errore di diritto secondo il quale per accertare la retrodatazione di una provvidenza rispetto alla data riconosciuta in sede amministrativa non occorrerebbe valutare la sussistenza dei requisiti sanitari. Il giudizio in materia di prestazioni assistenziali e previdenziali non è infatti un giudizio impugnatorio del provvedimento amministrativo, ma ha ad oggetto il diritto alla prestazione, sicchè l’accertamento giudiziale deve concernere la sussistenza degli elementi costitutivi della prestazione richiesta. Il che è avvenuto nel giudizio del 1997, in cui il riconoscimento del diritto alla prestazione con data anteriore rispetto a quella ritenuta in sede amministrativa ha richiesto l’accertamento giudiziale della condizione clinica della signora R. a quel momento. Accertamento sul quale dunque si è formato il giudicato.

10. Anche il secondo motivo è fondato. Il principio, affermato da questa Corte anche a Sezioni Unite con specifico riferimento alle prestazioni previdenziali (v. Cass. Sez. U, n. 383 del 07/07/1999 e successive conformi, tra cui n. 19249 del 19/07/2018, 6908/2016, 20834/2015, 23082/2011, 16058/2008, 5151/2004) – secondo il quale il valore del giudicato si proietta nel futuro a situazione sostanziale immutata, per cui, ove si verifichi il consolidamento degli effetti del giudicato quanto all’esistenza di tutti i presupposti di legge della prestazione, nella invarianza degli elementi di fatto e di diritto preesistenti la situazione già accertata non può essere rimessa in discussione – è stato ancorato al principio dell’intangibilità del giudicato, che ha valenza generale e non opera solo in materia previdenziale (v. Cass. n. 20765 del 17/08/2018, Cass. n. 15493 del 23/07/2015, Cass. n. 11360 del 11/05/2010).

11. Esso è stato dunque applicato anche con riferimento alle prestazioni assistenziali, affermandosi anche a tale proposito che qualora si controverta sulla legittimità della revoca, è necessario procedere al raffronto tra la situazione esistente all’epoca del precedente accertamento giudiziale e quella esistente al momento della revoca, per verificare se vi sia stato un miglioramento dello stato di salute dell’assicurato e comunque un recupero (v. Cass. n. 24094 del 24/11/2016, in tema di revoca dell’assegno mensile di invalidità civile previsto dalla L. n. 118 del 1971, art. 13).

12. Poichè la Corte territoriale ha espressamente ritenuto che tale (necessaria) valutazione comparativa non dovesse essere compiuta, il ricorso deve essere accolto in relazione ai primi due motivi, con assorbimento degli altri motivi, che concernono l’esito dell’accertamento sanitario da effettuarsi in sede di merito.

13. Segue la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che dovrà procedere a nuova valutazione, attenendosi ai principi sopra individuati.

14. Al giudice designato competerà anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

15. Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente vittoriosa, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolamentazione della spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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