Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29094 del 18/12/2020

Cassazione civile sez. II, 18/12/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 18/12/2020), n.29094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8176/2016 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AUGUSTO

RIBOTY 23, presso lo studio dell’avvocato PIETRO ANTONUCCIO, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.V., B.C.;

– intimati-

avverso la sentenza n. 1409/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 28/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/07/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. Con atto di citazione del 21 aprile 2006 M.V. e B.C. proponevano opposizione avverso il Decreto n. 100 del 2006, con cui il Tribunale di Termini Imerese aveva loro ingiunto il pagamento in favore dell’avvocato S.F. della complessiva somma di Euro 16.761,47, risultante dalle singole liquidazioni delle spese poste in essere in quattro distinti procedimenti giudiziari. Costituitosi in giudizio, l’opposto ridefiniva la propria pretesa monitoria nella minore somma di Euro 13.182,86 e chiedeva contestualmente la condanna degli opponenti al pagamento di Euro 19.569,84, quale somma dei compensi dovuti per l’attività difensiva espletata in relazione ad altri procedimenti. Il Tribunale, con sentenza n. 481/2009, in parziale accoglimento dell’opposizione revocava il decreto opposto e condannava gli opponenti al pagamento di Euro 4.425,56, in particolare affermando che i prime due crediti fatti valere dall’avvocato erano da ritenersi estinti per decorso del termine triennale di prescrizione, il terzo sussistente ma in parte pagato, il quarto insussistente; considerava poi nuova, e come tale inammissibile, la domanda riconvenzionale dell’opposto.

2. La sentenza era impugnata da S.F.. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza 28 settembre 2015, n. 1409, rigettava il gravame e confermava la sentenza impugnata.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione S.F.. Gli intimati M.V. e B.C. non hanno proposto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in sei motivi.

1) I primi quattro motivi sono tra loro strettamente connessi.

a) Il primo motivo contesta “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 5”: la sentenza impugnata non avrebbe esaminato il fatto decisivo, ai fini del riconoscimento dell’unitario rapporto contrattuale intercorso tra le parti è fonte di tutti i crediti del ricorrente, della unicità della controversia/fattispecie sostanziale che ha formato oggetto dei diversi giudizi dal medesimo patrocinati, ossia “il diritto di uso di una strada interpoderale”.

b) Il secondo motivo denuncia, per le medesime ragioni di cui al precedente motivo, violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’omesso esame dell’unico oggetto del contratto d’opera intercorso tra le parti integrerebbe “anche la contestuale e palese violazione dell’art. 115 c.p.c.”, il quanto il fatto – “l’unitarietà dell’oggetto dell’unico rapporto contrattuale che ha legato le parti nell’arco del ventennio in cui si sono svolte tutte le procedure in cui l’unica controversia si è articolata” – non sarebbe stato in alcun modo contestato dalle parti opponenti, poi appellate.

c) Per le stesse ragioni, il terzo motivo censura “violazione degli artt. 2222 e 2230 c.c., dell’art. 83 c.p.c. e della normativa inerente le fonti delle obbligazioni da contratto” in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: le obbligazioni azionate in giudizio, derivando da un unico contratto d’opera professionale, dovevano essere ricondotte ad esso e non alla sottoscrizione dei vari mandati alle liti.

d) Il quarto motivo lamenta “violazione dell’art. 2957 c.c., comma 2, in ordine al momento di decorrenza della prescrizione presuntiva eccepita dagli opponenti” ed erroneamente collegato dalla Corte di appello nella data delle sentenze rese dal pretore di Termini Imerese e dal Tribunale di Termini Imerese, laddove andava individuato nelle date in cui è stata comunicata la revoca del mandato o quando è stata definita l'”originaria e unica controversia”.

I motivi non possono essere accolti. Nel censurare la decisione impugnata sotto i diversi profili dell’esame di un fatto decisivo (primo motivo) e della non contestazione del medesimo (secondo motivo), della riconduzione delle obbligazioni azionate in giudizio da un unico contratto d’opera (terzo motivo), con le relative conseguenze circa l’individuazione del dies a quo della decorrenza della prescrizione dei singoli pretese (quarto motivo), il ricorrente non considera – come osserva il giudice d’appello – la domanda da egli stesso fatta valere. Nel procedimento monitorio, infatti, l’avvocato S. ha fatto valere quattro distinti crediti ponendo alla base dei medesimi quattro distinti provvedimenti giudiziari e in particolare la liquidazione delle spese in essi contenuti (cfr. il ricorso, lettere a, b, e e d), senza fare riferimento alcuno ad un comune, unico incarico professionale, impostazione d’altro canto presente pure nella memoria di costituzione nel giudizio di opposizione, ove sì si fa riferimento a un “rapporto professionale che ha avuto un percorso senza soluzione di continuità” (p. 10 della memoria), ma vengono fatti valere, in via riconvenzionale, altri crediti che trovano la loro causa nello svolgimento dell’attività posta in essere in procedimenti diversi e per la quale sono state emesse distinte parcelle circa le quali è stato chiesto il parere del consiglio dell’ordine professionale (v. le pp. 12-14 della memoria). Correttamente, pertanto, il giudice d’appello, a fronte della mancata prova del conferimento di un unico incarico professionale (cfr. pp. le 2 della sentenza impugnata) e del conferimento di singole procure ad litem per ciascun procedimento, ha negato, confermando la decisione di primo grado, che il ricorrente abbia fatto valere un unico credito, con conseguente prescrizione di due dei crediti azionati (identificati alle lettere a e b del ricorso monitorio), dovendo il dies a quo essere identificato nelle date di pubblicazione delle due sentenze la cui liquidazione delle spese è stata posta quale causa petendi del credito.

2) Il quinto e il sesto motivo sono tra loro collegati.

a) Il quinto motivo contesta “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (le contestazioni di controparte sulla fondatezza dei crediti di cui si è eccepita la prescrizione presuntiva)”, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: la Corte d’appello avrebbe omesso di svolgere l’esame delle deduzioni e della posizione processuale assunta dagli opponenti rispetto alla fondatezza dei crediti di cui eccepivano la maturata prescrizione, vantazione assolutamente necessaria ai sensi dell’art. 2959 c.c., limitandosi ad esaminare, in modo anche superficiale ed erroneo, le due lettere di revoca dei mandati e di risoluzione del rapporto d’opera professionale del 23 novembre 2005 e del 6 marzo 2006,

b) Il sesto motivo lamenta “violazione dell’art. 2959 c.c., in ordine alla ritenuta non ammissione della mancata estinzione dell’obbligazione” da parte degli opponenti: la sentenza impugnata avrebbe pure direttamente violato l’art. 2959 c.c., secondo cui “l’eccezione è rigettata, se chi oppone la prescrizione nei casi indicati dagli artt. 2954, 2955 e 2956, ha comunque ammesso in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta”, così imponendo “al giudice di compiere una disamina complessiva delle deduzioni e della condotta processuale della parte debitrice”, disamina complessiva che la Corte d’appello non ha compiuto, ritenendo decisivo il fatto che le due lettere fossero documenti formati fuori dal giudizio, con motivazione comunque illogica.

I motivi non possono essere accolti. Il quinto motivo è inammissibile, in quanto non viene contestato “l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia” (così Cass., sez. un., n. 8053/2014), ma si contesta alla Corte di avere erroneamente interpretato ed applicato l’art. 2959 c.c., contestazione oggetto del

sesto motivo. Il sesto motivo, a sua volta, è inammissibile: si lamenta che il giudice di secondo grado non abbia compiuto una disamina complessiva delle deduzioni e della condotta processuale di controparte; in tal modo non si considera che l’eccezione di prescrizione presuntiva dei crediti di cui alle lettere a) e b) del ricorso monitorio è stata accolta dal giudice di primo grado e tale accoglimento il giudice d’appello è stato chiamato a vagliare, nei limiti del motivo d’impugnazione del ricorrente. Ora, nel sindacare tale motivo – riportato dalla Corte d’appello alle pp. 3-4 della sentenza (e non trascritto dal ricorrente) – non è stato violato l’art. 2959 c.c.: da un lato la Corte d’appello ha confermato l’interpretazione dei documenti data dal giudice di primo grado (interpretazione che il ricorrente si limita a qualificare superficiale ed erronea, senza null’altro specificare); dall’altro lato il giudice d’appello ha fatto applicazione dell’orientamento di questa Corte secondo cui “in tema di prescrizione presuntiva non costituisce motivo di rigetto dell’eccezione, ai sensi dell’art. 2959 c.c., l’ammissione del debitore che l’obbligazione non è stata estinta, qualora la stessa sia resa-fuori del giudizio” (Cass. 9509/2012).

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2020

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